2. DAL GUARDARE ALL’OSSERVARE, NELLO SPAZIO E NEL TEMPO: “Dal paesaggio come identità alla lettura del mosaico ambientale come radici del futuro”
…a cura di Giorgio Chelidonio
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Dal guardare all’osservare, nello spazio e nel tempo
Dal paesaggio come identità alla lettura del mosaico ambientale come radici del futuro
Tutti, probabilmente già dalle più remote origini ominoidee, cresciamo modulando le nostre mappe cognitive sugli scenari in cui siamo immersi, sui luoghi che frequentiamo. È ovvio, anzi naturale, che gli ambienti che fanno da fondale delle nostre relazioni cognitive e affettive si intreccino indissolubilmente nella nostra memoria in termini di identità profonda. Ognuno di noi potrebbe, interrogandosi, stilare un lungo e personalissimo elenco di scenari/identità, alcuni dei quali magari mutuati almeno parzialmente dalle fotografie della nostra infanzia. Tutto ciò conferma implicitamente che il riconoscimento dell’immagine e la sua specularità/reciprocità sono elementi fondanti del nostro senso di appartenenza e della nostra stessa identità.
Spesso, passando di fretta dal centro della mia città (Piazza dei Signori) vengo catturato non dal mosaico bimillenario di architetture e tracce ma dalla “bocca del leone”: in quel momento per me non è più la fessura in cui i veneti del XVI° -XVIII° secolo imbucavano le “denunzie secrete” (contro contrabbandieri di polvere da sparo ed evasori della tassa sulla seta) ma l’oscuro pertugio in cui mio padre mi faceva infilare la mano, con un gioco esplorativo la cui ricompensa era vederla riapparire intera come prima. Entrambe le sensazioni/ricordo esprimevano il riconoscere come conferma rassicurante da cui ripartire per nuove esplorazioni. Eppure, sebbene cresciuto fra quei luoghi così densi di storia, ho dovuto attendere, da adulto, altri stimoli culturali, interpersonali per iniziare a leggere quello scenario per ciò che é realmente : uno splendido, raro mosaico ambientale che spazia da un tratto visibile di strada romana, ai palazzi della Signoria Scaligera e dei Veneziani, ai rifacimenti simil-medievali del 1930.
Ma, guardando alla memoria futura, a quell’insieme si sta mescolando un ineffabile “trenino simil-western” (tipologia buona per qualsiasi parco tematico) che da due anni qui fa capolinea, offrendo “visite culturali” adatte al turismo “usa-e-getta” che ormai assedia questa parte di Verona. A volte, osservando un simile buffonesca stonatura, mi sono trovato a chiedermi: se nessuno sentirà il bisogno, magari in ambito scolastico, di spiegare i veri significati di questo luogo ai bimbi che oggi vedo giocare in questa piazza, quel trenino finirà per diventare parte del loro “paesaggio/identità”.
La pseudo-archeologia/spettacolo, che anima vari generi di grulloland, non conosce limiti né ritegno, anzi vende finte identità culturali su vasta scala. Gli spacciatori della “finta casa di Giulietta” ne hanno persino inventato la festa di compleanno: armigeri, giullari e sbandieratori della domenica fanno da fondale a un mercatino medievale dove, addobbati da antichi artigiani, non ci si vergogna di vendere persino modellini lignei di vecchi aeroplani, probabilmente fatti a Taiwan.
Tornando alla memoria sensoriale/affettiva, credo non occorra spiegare quanto grande sia il suo potere evocativo e quanto la stessa idea di “bello” venga a formarsi proprio su queste basi. Sono i concetti che Konrad Lorenz (1985) riassumeva nella percezione “vera ed esatta” della realtà, affermando la necessità di equilibri educativi fatti di informazioni “vere” (cioè sensoriali, affettive) ed “esatte” (cioè scientificamente condivise e perciò autorevoli).
Verona 11.11.2019
Giorgio Chelidonio – (2 continua…)