3 – FIGURE DELL’IMMAGINARIO LESSINICO: “San Carlo Borromeo”

…a cura di Aldo RidolfiPoesia

Per le tue domande scrivi a: aldo.ridolfi@libero.it

10 La-regina-delle-fade

FIGURE DELL’IMMAGINARIO LESSINICO
  1. San Carlo Borromeo
         Non si può che partire da lì.
    Il passaggio di San Carlo Borromeo da Camposilvano è la linea di demarcazione più importante nella struttura narrativa del fantastico lessinico.
    Il racconto inizia pressapoco così: «Tanto e tanto tempo fa… ». Non una data, e nemmeno la preoccupazione primaria di collocare cronologicamente, ma «Tanto e tanto tempo fa… ».     Nella migliore tradizione fiabistica. E tuttavia, per un altro verso, il Concilio di Trento, a cui il prelato era diretto, ha una cronologia precisa e conosciuta.
    Tanto e tanto tempo fa, dunque, San Carlo Borromeo fu inviato dal papa al Concilio di Trento perché tra i Padri conciliari sedeva, sotto mentite spoglie, nientemeno che il diavolo, impegnatissimo a rallentare i lavori della grande assise della Chiesa.
    La notizia dell’arrivo a Trento del Santo preoccupò non poco i luterani che incaricarono alcuni briganti di fermare San Carlo, il quale però, potendo evidentemente contare su una efficiente rete di “controspionaggio”, fu avvertito per tempo delle trame luterane e dunque, anziché percorrere la Valdadige prese la strada dei Lessini e si fermò a pernottare a Camposilvano, piccolo centro a nord di Velo Veronese, evitando così i pericolosi banditi.
    Prima di ripartire per la sua destinazione Borromeo incontrò gli abitanti della zona che lo pregarono di aiutarli a difendersi da fade, anguane e orchi esseri misteriosi che perseguitavano i montanari, strangolavano le donne, si cibavano di carne umana e rapivano i bambini. Comportamenti davvero insopportabili contro i quali quella povera gente non sapeva davvero come difendersi. San Carlo prese atto della spiacevole situazione e promise il suo intervento. Ripresa la strada per Trento, non tardarono a presentarsi altri ostacoli. Improvvisamente infatti il Santo e il suo segretario si trovarono la strada sbarrata da un mucchio di tronchi, di lì non si poteva passare. Ma San Carlo sapeva bene come procedere e smascherò l’autore dello scherzo, l’Orco Burlevole. Come per incanto lo sbarramento scomparve.
    A Rovereto, due briganti, incaricati di fermare o almeno rallentare la marcia dei due uomini, tagliarono le teste ai cavalli di Carlo e del suo segretario, ma per il Santo fu un giochetto da ragazzi rimettere le teste al loro posto e ripartire. A dire la verità, nella fretta San Carlo attaccò la testa del cavallo nero sul corpo del cavallo bianco e viceversa, ma si trattava di un particolare insignificante.
    Preso finalmente posto tra i Padri conciliari, San Carlo non tardò molto a smascherare il diavolo che suo malgrado dovette abbandonare l’assemblea. Non solo, ma, assieme agli altri, San Carlo provvide a maledire fade anguane e orchi di qualsivoglia specie, confinandoli in grotte e caverne da dove non avrebbero più importunato i montanari.
    Quel gesto di San Carlo Borromeo, consegnatoci dalla leggenda, separa nettamente due epoche: dopo di allora fade anguane e orchi hanno dovuto rinunciare ad interferire con i “cristiani” (termine che qui in montagna era sinonimo di “persona” fino agli anni Cinquanta).   Ma con Carlo e il Concilio la finestra sul mondo immaginifico non si chiuse definitivamente perché si continuò per secoli a narrare storie fino, come abbiamo visto, alla fatidica demarcazione degli anni Cinquanta del secolo scorso.
    Queste storie andremo a ripescare nelle puntate che seguiranno.

(Liberamente tratto da Attilio Benetti, I racconti del “filò” nei Monti Lessini, La Grafica)

Aldo Ridolfi – (3 continua)

***

Foto da Wikipedia

↓