4 – DI TASSA IN TASSA: “La tassa sul macinato in Lessinia”

…a cura di Aldo Ridolfi

Poesia

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In questa sezione di un mulino a due palmenti sono visibili:
– l’asse orizzontale denominato “melo”;
– le due grosse ruote dentate denominate “lubecchi” che trasformano il moto rotatorio orizzontale in moto rotatorio verticale;
– le due copie di macine.
DI TASSA IN TASSA: “La tassa sul macinato in Lessinia”

Quarta puntata: Del funzionamento dei mulini, 2

Immaginiamo di essere in quegli anni, oggi lontani, lontanissimi, e varchiamo la porta d’ingresso.
Il locale del mulino è ampio, più lungo che largo, ed ingombro di macchine e di oggetti di ogni genere: sacchi pieni e vuoti, minali e quartaroli, due o tre sessole di diversa misura, polvere della macinazione ovunque,… Quando il mugnaio aziona la leva e fa arrivare l’acqua sulla ruota a pale la gran macchina si avvia con il suo rumore caratteristico, un cigolio continuo, un frusciare ininterrotto, uno stridere inusuale che incuriosisce. La ruota a pale fa girare un grosso albero orizzontale posto sotto il piano di macinazione e sul quale sono calettate due ruote dentate che, attraverso il rocchetto, trasmettono il moto alle macine. Di per sé la macchina ha trasformato il moto rotatorio orizzontale in moto rotatorio verticale, grazie al meccanismo lubecchio-rocchetto . Chi osserva con cura si accorge che gran parte della macchina è costruita in legno, compresi i denti delle ruote dentate. E naturalmente, ancora una volta, i materiali utilizzati sono tutti reperiti sul posto. Il grande assale su cui sono calettati i due lubecchi e la ruota a pale è di castagno selvatico, da noi detto polon, i denti delle ruote dentate sono di corniolo, cornal, un legno particolarmente resistente all’usura, i lubecchi sono in legno di noce, e così via.
Il tramestio del mulino in funzione confonde la voce del mugnaio che chiede se si ha da macinare polenta o formento. Infatti nel mulino sono presenti due coppie di macine (in linguaggio tecnico due palmenti), una è riservata al frumento e l’altra al granoturco e ad altri cereali. Questo aspetto tecnico dei due palmenti è molto importante per capire alcuni aspetti che verranno affrontati in seguito. Si tenga anche presente che, soprattutto in montagna, potevano esserci mulini ad un solo palmento. Ricevuta la risposta, il mugnaio avvia il palmento adatto. Poi chiede se si vuole una macinazione grossa o fine e in base alla risposta del contadino agisce su un meccanismo che avvicina od allontana la macina mobile da quella fissa. Nel frattempo il mugnaio ha anche versato il contenuto del sacco nella tramoggia: ora il grano scenderà lentamente dal foro centrale, si infilerà tra le due macine e di lì a poco uscirà – dopo essere passata dal buratto – la farina.
Intanto il mugnaio ha qualche momento libero e si intrattiene con il suo cliente. Sul tavolo, sul quale stanno due dita di polvere, c’è sempre qualche bicchiere e un fiasco di vino. È un momento di allegria: il mugnaio ha da lavorare. Infatti il suo lavoro è ripagato con la mulenda, la quantità di farina che egli trattiene in cambio del suo lavoro. Da parte sua, il contadino è particolarmente giulivo perché tornerà a casa con la farina bianca o con quella gialla: pane e polenta saranno, almeno per un po’, garantiti e la fame, terribile spettro che si aggirava vendicativo in queste contrade, per un po’ è sconfitta.
I mulini ad acqua sono stati soppiantati dall’arrivo della corrente elettrica che ha sostituito l’energia idraulica. L’innovazione prima ha conquistato la pianura e poi è lentamente salita anche in collina. Il mulino di Bellori, meticolosamente studiato da Avesani e Zanini, ha cessato la sua attività nel 1956 e una testimonianza da me raccolta all’inizio degli anni Ottanta da un mugnaio di Vestenanova conferma negli anni Cinquanta l’abbandono di questa attività.

Aldo Ridolfi (4 continua)

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