4 – FIGURE DELL’IMMAGINARIO LESSINICO: “Le anguane”

…a cura di Aldo RidolfiPoesia

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 Le Anguane




Le anguane in un disegno di Alessandro Norsa.

FIGURE DELL’IMMAGINARIO LESSINICO

    4. Le anguane
   Le anguane o angoane – le prime figure dell’immaginario lessinico che intendo raccontare – costituiscono – come, del resto, ogni questione – un argomento complesso, denso di risvolti e di problemi che vanno oltre il territorio lessinico. Vediamo, comunque, che cosa si può dire rimanendo all’interno di un discorso semplice, piano e limitato ai nostri monti.

   Le anguane sono esseri fantastici comuni a diversi territori dell’Arco alpino: se ne parla nelle Dolomiti, nel Friuli, sono presenti nel Vicentino e sono particolarmente radicate anche nella nostra Lessinia, specialmente nell’area centro-orientale. Aurelio Garobbio ci assicura che «Le anguane cantavano sulle rive del Garda e trascinavano nei gorghi chi seguiva l’invito seducente… », che erano presenti in Valpolicella dove ci sono il “Monte delle anguane”, le “Sengie delle anguane”, il “Vajo delle anguane”. Nel vajo che va a Campodalbero abitava la bella anguana Ittele. Insomma sulle nostre montagne le anguane non mancano.

   Il significato etimologico di anguana pare abbastanza chiaro, indica una sirena abitatrice delle acque, e si cita, a questo proposito, il provenzale aigua > acqua. Non è questione da poco se pensiamo a quanto le sorgenti fossero, un tempo, particolarmente preziose per la vita stessa. Ma il professor Volpato ricorda anche la possibilità di far derivare il sostantivo da anguis > serpe, cui il lemma veronese àngià rimanda chiaramente, non per nulla questi esseri femminili sono spesso ricordati con un serpente attorcigliato al corpo a mo’ di cintura. Garobbio le chiama «Le donne delle acque». Alessandro Norsa ne coglie la dimensione diacronica ed evolutiva, svelando che si tratterebbe di «echi di figure della tradizione precristiana connesse al culto di entità femminili». Enrico Gleria avverte che «spesso si confondono con le ondine delle saghe nordiche e scandinave o con le ninfe di pantheon greco romano». Per Piero Piazzola a Campofontana abitavano delle anguane che prendevano il nome locale di “Bele butele”, una “razza” tutta particolare di figure del fantastico. Domenico Luciano Nordera, che assimila tout court le anguane alle “Beate Genti”, così le definisce: «sono degli esseri femminili che vivono in un regno intermedio tra i vivi e i morti, tra la notte e il giorno».

   Quanto ai comportamenti, essi sono quanto mai vari, complessi e talvolta contradditori. Vediamone alcuni. Piazzola si concentra sulle anguane di Campofontana: erano donne bellissime, uscivano dalle caverne al suono serale dell’Ave Maria e vi rientravano con l’Ave Maria del mattino, aiutavano le donne del paese soprattutto a fare il bucato ma solo se la biancheria e la lana erano bianche, tenevano pulite le sorgenti, vestivano sempre di nero, durante la notte tendevano delle  lunghissime corde tra un monte e l’altro delle valli e vi stendevano il bucato, talvolta camminavano sulle corde lanciando acute grida per spaventare gli uccelli che avessero avuto intenzione di posarsi sulla biancheria, erano donne buone ma particolarmente permalose, attiravano gli uomini per renderli schiavi e via dicendo.

   L’elenco dei loro originali modi di fare può essere ancora lungo, ma penso di poterlo terminare qui, sia perché attraverso la leggenda dell’anguana Seralda vedremo qualche altro aspetto riguardante la categoria, sia perché parlando delle Fade troveremo un’altra occasione per ritornare sul tema.

Aldo Ridolfi – (4 continua)

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