6 – IL TERRITORIO E LA MEMORIA: STORIE POCO NOTE: “La bicicletta, l’Adige e San Pietro di Legnago”
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La bicicletta, l’Adige e San Pietro di Legnago
«La memoria non si perpetua automaticamente
ma deve essere sempre riplasmata, sancita,
comunicata e adattata»
(Aleida Assmann)
Ci sono molte buone ragioni per pedalare lungo gli argini dell’Adige con una bicicletta un poco adatta allo scopo e percorrendo le numerose piste ciclabili che una modernità avveduta cerca di tracciare. Sulle rive dell’Adige, nella zona di Boschetto, andava anche Emilio Salgari e per di più con le biciclette di allora, ma appena in prossimità del maestoso fiume si fermava e fantasticava su cose che accadevano a decine di migliaia di chilometri di distanza.
Il tracciato maestoso dell’Adige, lo consente ovunque, a Ceraino come a Rosapineta. Il fiume, infatti, in più punti andando giù, giù fin verso Legnago, permette salti fantastici e straordinari nello spazio e nel tempo.
La ciclabile che porta a Legnago in destra Adige è in taluni tratti ghiaiosa, in altri in terra battuta, in altri ancora è asfaltata e le ruote della bici rimarcano, con musicalità diverse, la natura del terreno sul quale scorrono. Ai lati la ruralità nella sua dimensione ancora un poco ancestrale, i campanili che si innalzano sulla campagna, le ville di un tempo, le corti,… e tanti ciclisti, tanti camminatori, da soli, in compagnia, con i cagnolini, giovani, anziani,…
A Legnago si incontra giocoforza l’ambiente cittadino del terzo millennio. Con un turbinio di auto, di segnali, di messaggi, di vetrine, di fretta…
1850, Torino, Tipografia Ferrero e Franco: si presenta un medico per dare alle stampe un opuscolo di 24 pagine che risulterà avere una leggerissima copertina color verde pisello. E’ il dottor Costantino Canella; presenta una “Memoria” dal titolo: Descrizione delle condizioni fisico-morali del comune di San Pietro di Legnago. A leggerlo vien subito da esclamare: «O mio Dio, altroché piste ciclabili!!!» E in effetti le cose andavano, nel 1850, in diverso modo.
Lasciamo parlare il testo del dottor Canella, senza interromperlo.
«Mano a mano che si verge in verso alle risaie, alle valli, alle fosse stagnanti qual miseranda struttura delle genti! Quanto di decadenza lacrimevole nelle loro forze fisiche! qual indicibile pochezza nelle morali vedute! Mollezza, lassezza, pelle terrea, fredda al tatto, pochi capelli, viso gonfio, occhi in nulla espressivi, lento il polso, ristrette le vene, oppressa la respirazione, sensi ottusissimi, movimenti difficili, immaginazione fredda, infedele la memoria, poca inclinazione ai piaceri d’amore, procreano per mero brutale istinto l’aspetto generale in tutto languente.
In riguardo alle donne, la nessuna osservazione e cura, nello stato di gravidanza, la trascuratezza e le male posizioni nel periodo del parto, la derisione, anzi il disprezzo de medici consigli nel puerperio, sono fonti perenni di mali.
Sommo tra gli errori è poi quello del prepotente abuso del salasso: pratica in vero dire ruinosa presso che da per tutto, ma sommamente micidiale in questi luoghi. Rinvengonsi ancora individui da permanenti infermità di corpo o congenite o acquisite viziati ed oppressi, e resi innetti a procacciarsi il pane all’esistenza necessario…»
Ma c’è anche una pars costruens.
«Provvida mira sarebbe quella di promuovere all’asciugamento di valli e fosse ed apporre valida proibizione alla formazione di tante risaie artificiali, massime in prossimità dell’abitazioni. Benefica misura sarebbe quella, che venissero gratuitamente somministrati i medicinali agli ammalati poveri, io sono dell’avviso che verrebbe meno la mania surriferita del salasso.»
Già, le condizione di vita sono cambiate, dobbiamo esserne contenti e coscienti. Giancarlo ed io giriamo la bici e puntiamo verso nord. Lontanissimo il gruppo del Carega, anch’esso ricco di altre storie che chiedono di essere raccontate.
Aldo Ridolfi (6 fine)