Bradbury Raymond Douglas – “Fahrenheit 451”
…a cura di Elisa Zoppei
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Carissimi amici e affezionati lettori, per inaugurare il 2016 vi propongo la lettura di un romanzo sicuramente datato, ma drammaticamente attuale, in quanto la storia, come un’inquietante premonizione, profetizza con più di cinquant’anni di anticipo il più marcato fenomeno dei nostri giorni: la morte del libro, decretata dal trionfo della televisione: il romanzo “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury. Oggi prendiamo atto che molto di quanto Bradbury ha previsto raccontandolo in ipotesi fantascientifiche, si sta avverando: ci stiamo allontanando sempre più velocemente dalla storica Civiltà del Libro legato alla stampa, per inoltrarci molto velocemente nell’Era Telematica con la sua apertura alare di possibilità, oltre il libro, di lettura del mondo. Possiamo solo augurarci, ma sarà senz’altro così, che il libro, silenzioso compagno di viaggio, amico dei momenti più nostri, interlocutore avventuroso di sogni e desideri, continuerà a vivere anche sotto altre forme. Bradbury con le sfumature di un sogno poetico ce lo fa sperare.
Note biografiche
Raymond Douglas Bradbury, Ray Bradbury, è stato uno scrittore di fantascienza americano le cui opere tradotte in oltre 40 lingue, sono state vendute in milioni di copie in tutto il mondo. Pur avendo dato vita a un mondo di nuove idee originali dal punto di vista letterario e intellettuale, non ha mai ottenuto la patente di guida e durante la sua vita non ha mai guidato una macchina.
Nacque il 22 agosto 1920, a Waukegan, Illinois, terzo figlio della famiglia. Il padre Leonard Spaulding Bradbury, era un operaio elettrico statunitense di origini inglesi, mentre la madre Esther Bradbury (nata Moberg) era una immigrata svedese e si occupava della casa e della famiglia. Prima di lei, il nonno e il bisnonno materni erano anch’essi approdati in America dall’Inghilterra come editori di giornali. È lecito supporre che le rispettive famiglie dei suoi genitori siano emigrate dall’Europa in terra americana spinte dal miraggio di una vita migliore, stanziandosi nella città di Waukegan e abbiano superato i disagi legati ai nuovi insediamenti. Viaggiando in internet si scopre che tanti altri emigranti nostri connazionali erano approdati nella stessa zona, per cui oggi Waukegan è una città ricca di ristoranti italiani dove il personale è gentile e vengono serviti i migliori piatti di pesce fresco. L’infanzia di Ray fu difficile. Gli morirono ancora piccoli un fratello e una sorella, e forse non aveva un buon rapporto con il padre, tanto che era il fratello più grande a occuparsi di lui. Pur non avendo mai parlato delle sue difficoltà familiari e dei suoi genitori, Bradbury racconta però di essere stato un bambino pieno di paure per mostri immaginari, spettri e bestie orrende e minacciose. Ci fa intendere la sua sofferenza e solitudine in un articolo del 1950 in cui scrive: “Non occorre essere adulti per capire quanto si sia soli nel mondo”. E più avanti in una dedica sul volume La fine del principio, pubblicato nel 1959, scrive qualcosa che lascia intuire quanto gli sia mancata la figura paterna quando ne aveva bisogno per superare le sue paure e avere il coraggio di crescere: “A mio padre, il cui amore, molto tardi nella vita, sorprese il figlio”.
Pur non essendo cresciuto in un ambiente familiare non troppo culturalmente vivace, Bradbury entrò in contatto con il mondo della fantascienza ancora fanciullo, a 8 anni nel 1928, leggendo una copia della rivista trimestrale per ragazzini Amazing Stories Quarterly. Questa era stata fondata nel 1928 da Ugo Gernsback (1884-1967), uno scrittore lussemburghese naturalizzato statunitense, con l’intento di fondere l’istruzione con l’intrattenimento ed educare i lettori attraverso la fantascienza, termine da lui coniato. Ray fu subito rapito dal genere, e poté coltivare questa passione soprattutto l’anno successivo, grazie a un amichetto collezionista di riviste che gliele prestava. Si era in piena Depressione e pare che il piccolo Ray, non avendo i soldi per comprare le proprie letture, si sia messo a scrivere storie da sé, con una macchina per scrivere giocattolo. Nel 1934, la sua famiglia per necessità economiche si stabilì in California a Los Angeles, e il ragazzo spesso attraversava le strade di Hollywood, sui pattini, per vedere le celebrità del cinema. Frequentando la scuola superiore di Los Angeles, venne coinvolto nello staff drammatico e desiderava di diventare un attore. Nel 1938 si diplomò senza una profonda istruzione letteraria, che invece sviluppò come autodidatta leggendo tra le altre opere di autori come Lev Tolstoy e Fëdor Dostoevskij.
Dal 1938 al 1942 vendeva i giornali per le strade di Los Angeles, trascorrendo giorni nella biblioteca locale e le notti alla macchina da scrivere. Nel 1941 diventò uno scrittore pagato con la pubblicazione del racconto breve “Pendolo”. Entro la fine del 1942 era uno scrittore a tempo pieno, ma con scarso guadagno. Il suo primo libro “Dark Carnival”, pubblicato nel 1947, era un insieme di racconti (il suo valore su Amazon è oggi di 550.00 euro). Quello stesso anno sposò Marguerite McClure (1922-2003), una giovane intraprendente e carina che aveva incontrato in una libreria un caldo pomeriggio del 1946. Maggie, come era affettuosamente chiamata, gli diede quattro figlie facendolo diventare nonno di otto nipoti. È stata per Ray la compagna ideale, l’altra metà del cielo che ha avuto una decisiva influenza positiva sui suoi successi di scrittore. Lui era un giovane ventenne agli inizi della carriera ma già uno dei suoi racconti era entrato nell’antologia Best American racconti dell’anno, come storia dello spazio esterno e lontano. Quel pomeriggio nella libreria, si muoveva con fare circospetto e Marguerite McClure, pensò che fosse un ladro, ma quando lui la invitò fuori per un caffè, scoppiò l’amore che li legò per tutta la vita. Maggie, lettrice appassionata e vorace, di personalità spiccata con intelligente senso dell’umorismo, per garantire un reddito sicuro alla famiglia si mise a lavorare nel campo della pubblicità consentendo al marito il lusso di dedicarsi serenamente ai racconti del pianeta Marte e di realtà fuori dalla realtà. Come Ray diceva spesso questa ragazza diventata sua moglie, aveva fatto il “voto di povertà” e per lei il denaro non era mai stato un problema. Lo amava e credeva in lui, anche quando avevano solo una manciata di cambiali da pagare nel loro conto in banca. Sono stati sposati per 56 anni. Qualcuno sostiene che probabilmente, in gran parte grazie a lei, divenne, il singolo autore più influente della cultura popolare del XX° secolo. Sono in molti a credere che un giorno Bradbury sarà canonizzato insieme a Shakespeare, Yeats, Melville, e Shaw per non parlare di Welty, Fitzgerald, e dei suoi amati Wells, Burroughs, Baum, e Poe.
Ray Bradbury raggiunse la fama internazionale nel 1950, dopo la pubblicazione di “Cronache marziane”, una raccolta di racconti in parte basata su fatti e personaggi della mitologia greco romana. Nel 1953 diede alle stampe Fahrenheit 451, il capolavoro per cui sarà maggiormente ricordato, una sorta di elogio alla lettura ambientato in una società immaginaria e spaventosa, da cui fu tratto nel 1966 l’omonimo film di successo diretto da François Truffaut con Julie Christie.
Negli anni successivi Bradbury intraprese la carriera di sceneggiatore cinematografico, iniziata con Moby Dick la balena bianca di John Huston, senza però dimenticare la sua carriera di romanziere. Si ricordano infatti Il grande mondo laggiù, Le meraviglie del possibile, Io canto il corpo elettrico!, Paese d’ottobre, Il popolo dell’autunno, Viaggiatore del tempo, l’ambizioso giallo Morte a Venice e il più leggero Il cimitero dei folli e Le auree mele del sole.
Si spense all’età di 96 anni a Los Angeles il 5 giugno del 2012, riconosciuto da tutto il mondo come uno dei più grandi autori di fantascienza. Tutti hanno letto i suoi racconti, e molti hanno iniziato a leggere fantascienza proprio grazie a lui.
Foto della copertina (Il numero 451 corrisponde indicativamente alla temperatura di combustione della carta nella scala Faharenheit)
Autore Ray Bradbury
Illustratore Joseph Mugnini
Pubblicato da Ballantine Books nel 1953
Se ne parla come di un libro forte, strano, angosciante, di un libro che purtroppo, rispecchia una realtà non poi così disotopistica e lontana. Allo stesso tempo è uno dei libri che hanno maggiormente avvinto alla lettura tanti adolescenti inquieti e disancorati. Essenzialmente è un libro per spiriti liberi che nel nostro presente guardano al futuro portando nel cuore la memoria del passato.
Era una gioia appiccare il fuoco.
Era una gioia speciale vedere le cose divorate,
vederle annerite, diverse (incipit)
Fin dalle prime righe il libro ci sconvolge mettendoci in contatto con una società fagocitata dal mondo delle immagini nella quale leggere libri è proibito. La storia si svolge in una futuristica città americana, dove è proibito anche andare a piedi, sedersi sulle panchine del parco per chiacchierare e dove una milizia di pompieri incendiari guidati da un ferocissimo segugio meccanico, lavora giorno e notte per dare alle fiamme i libri nascosti nelle case. Tenere libri è severamente proibito dalle leggi dell’ordine pubblico perché i libri inquinano i cervelli e incitano alla ribellione, complicano la vita, rendono la gente infelice.
Guy Montag è uno dei pompieri al servizio dello Stato. Sul suo elmetto spicca il numero 451. Insieme ai colleghi, invece di spegnere gli incendi, ha il compito di appiccare il fuoco ai luoghi dove i libri possono essere stati messi in salvo. Una notte, dopo una delle solite operazioni incendiarie, incontra Clarisse, fanciulla notturna, diafana come la luna. L’apparizione lo affascina: lei non è come gli altri. Non guarda la televisione, le piace chiacchierare, le piace pensare. Va in giro di notte perché ama scoprire i segreti della natura. Soprattutto sono le sue parole a incantarlo a fargli vedere la rugiada sull’erba e una luna dal volto umano. L’incontro lo mette in crisi con se stesso e per la prima volta in vita sua si chiede quale potere hanno i libri da essere ritenuti così pericolosi e avverte prepotente il desiderio di leggerne qualcuno per rendersene conto. Qualche giorno dopo, durante l’incursione nella casa di una vecchia donna, mentre svuota scaffali e cassetti dai libri che vi sono riposti, incappa in uno strano miracolistico incidente: un volume scende, docile bianco colombo dalle ali tremule tra le sue mani. Una pagina rimane aperta e ferma, e Montag ha soltanto il tempo di leggere un riga: «Il tempo si è assopito nel gran sole del meriggio», poi la sua mano come dotata di un cervello proprio, di una curiosità propria, si chiude spingendolo sotto l’ascella, nascondendolo vicino al cuore. Quando la vecchia si rifiuta di abbandonare la casa e si dà lei stessa fuoco insieme ai suoi libri, l’uomo è colto dalla folgorazione che nei libri deve esserci qualche cosa di così speciale che neanche si riesce a immaginare per indurre una donna a voler bruciare insieme ai suoi libri. L’uomo da quel momento non ha più pace. Gli piovono addosso tutte le domande che non si era mai fatto. Intuisce che dietro ogni libro c’è un uomo, un uomo che lo ha pensato e ha impiegato tanto tempo a scriverlo; per qualcuno magari gli ci è voluta tutta una vita per affidare alla carta i suoi pensieri e la sua visione del mondo. Entra in crisi profonda e non si presenta al lavoro. Si mette a letto e nasconde il libro sotto il cuscino. Il capitano della milizia Beatty suo capo, credendolo malato, gli fa visita, e coglie l’occasione per impartirgli la lezione sulla sacra funzione della milizia del fuoco. Apprendiamo dalle sue parole, fra una boccata di fumo e l’altra, l’idea che per una società felice e sana i libri sono una minaccia al lieto vivere. Bisogna toglierli di mezzo, bruciarli, disinfettare l’aria e renderla leggera. Sono la fotografia, il cinema, la radio, la televisione a rendere l’uomo libero dal peso di pensare, felice e contento di non differenziarsi dalla massa. Beatty gli rivela che nel passato i libri ad un certo punto della loro storia erano stati ridotti al minimo: riassunti, selezioni, condensati. Giornali tutti titoli e notizie. Le opere del classici abbreviate a dieci dodici righe di dizionario. Il cervello umano roteava così rapidamente, sotto la spinta della forza centrifuga dei mezzi d’informazione disperdendo e rendendo inutile tutto il pensiero. Nessuno leggeva più i libri, l’unica carta stampata che il pubblico chiedeva erano i fumetti e le riviste erotiche. La scuola non produceva più intellettuali, critici, dotti, artisti, ma aviatori, nuotatori, malversatori, calderai. A quel punto lì nessuno voleva più le differenze fra le persone: chi era più intelligente, chi riusciva di più. Bisognava essere tutti uguali. Ogni essere umano a immagine e somiglianza di ogni altro
Di fronte a questo appiattimento umano più assoluto, apoteosi della massificazione delle individualità, Montag comprende che questa verità rispecchia l’immagine di un mondo senza libri e senza lettura. Ora toccherà a lui ribellarsi alle convenzioni sociali dell’ordine costituito. Lotterà contro tutto e contro tutti a costo della sua vita. Ha capito che i libri sono odiati e temuti da chi detiene il potere, perché rendono gli uomini liberi di pensare in proprio, di ribellarsi ai soprusi, di difendersi dalle ingiustizie, di scegliere cosa fare del proprio tempo: pensare, stare con gli amici, chiacchierare, essere felici. Per il futuro dell’umanità é assolutamente importante salvare i libri dalla completa distruzione. Comincia per lui un’odissea di rappresaglie, di inseguimenti e di fughe. Riesce a far perdere le proprie tracce alla milizia del fuoco gettandosi nelle acque del fiume e mettendosi in salvo. Dopo una interminabile nuotata lungo la corrente approda in aperta campagna e seguendo antichi binari ormai in disuso, s’addentra in una foresta. Ed è qui che farà degli incontri straordinari con tante persone, cittadini del nuovo mondo salvato dalle fiamme. Ricominceranno tutto da capo perché la cosa meravigliosa dell’uomo è che non si scoraggia mai perché l’uomo sa quanto sia importante saper ricominciare.
Ma da dove? Leggetelo e scopritelo. Buona lettura.
Elisa Zoppei