L’Alpino: “Tratto da un post di Claudio Loreto, 1960” – 6
…a cura di Ilario Péraro
Per le tue domande scrivi a: ilarioperaro@yahoo.it
Tratto da un post di Claudio Loreto, 1960, iscritto al CAI della sezione Ligure-Genova
…il Col di Lana, ribattezzato dai fanti “Col di Sangue” (infatti la contesa della sua vetta costò la vita di ottomila di loro)… cima resa tozza anch’essa, nel 1916, da oltre cinque tonnellate di esplosivo… una cappelletta, un bivacco allestito dagli Alpini, l’obelisco eretto affinché si serbasse memoria dell’insensatezza della guerra e… i magnifici panorami… un riverbero del sole incerto del mattino: dal terreno affiora un oggetto, verosimilmente di metallo: un residuato bellico, riportato alla luce dal tardivo disgelo dell’inverno, oppure una moderna lattina gettata da un escursionista incivile?… tra le mani un astuccio ossidato, difficile da schiudere: al suo interno una vecchissima stilografica, alcuni pennini e un foglio accuratamente ripiegato e molto ingiallito, aperto con estrema delicatezza per il timore che andasse in mille pezzi. La prima riga “Sabato, 12 maggio 1917″ e… il testo sbiadito dal tempo:
Mia adorata,
più non ti angustierò con pensieri foschi come feci – senza sul momento avvedermene – nell’ultima mia, che fu dettata dai patimenti per il gelo e specialmente dal turbamento per la morte del caro capitano Silvestri.
Oggi – finalmente! – il sole illumina le trincee: si sono scaldati anche i cuori, perché le armi tacciono. Posso dunque abbandonarmi alla contemplazione della Marmolada, del Sella e – volgendo gli occhi dall’altra parte – del Civetta: nonostante la guerra, mi è davvero impossibile avere in odio tanta superba bellezza! All’opposto, un tale Paradiso – nel quale gli scoppi appaiono ancor più sacrilegio – insegna ad amare il mondo come mai: così è con una nuova, immensa tenerezza nel cuore che si guarda un fiore fare capolino tra i sassi o si accarezza “Lampo” (così lo abbiamo battezzato!), il cane vagabondo e spaurito che trovò rifugio da noi un paio di mesi or sono (e che qualcuno, per lenire per una giornata i morsi della fame, invece aspira a mangiare!).
Pure in tempo di pace, tenere di più a mente che un giorno non ci saremo più gioverebbe a sgombrare la nostra esistenza dalle futilità, le inutili rabbie e le meschine invidie di cui essa è zeppa e a vivere invece con pienezza le cose davvero importanti, che sono poi poche ed ovvie. Conquisteremmo la serenità, che è somma ricchezza! Non credi anche tu, cara?
Dopo la guerra, allorquando la memoria di essa mi sarà forse divenuta un po’ meno dolorosa, chissà, potrei immaginare di affittare camera, in estate, nel paese di Cortina e condurre te e la nostra piccola Elisa a vedere questi luoghi pur tuttavia deliziosissimi: te ne innamoreresti subito, ne sono certo (e io diventerei un po’ geloso di loro).
Nel frattempo, insegna fin d’ora alla bambina ad inseguire con tutte le proprie forze i suoi sogni: se li realizzerà sarà assolutamente felice; nel caso invece non riuscisse, dopo i suoi giorni non sarebbero comunque avvelenati dal rimpianto di non averne avuto l’audacia.
Ora ti devo ahimè lasciare, perché ho da svolgere un giro d’ispezione. Attendo con ansia Vostre notizie. Un bacio. Sempre tuo,
Alberto
***
Quella lettera non era mai partita, dunque il soldato che l’aveva scritta probabilmente era rimasto ucciso: in quale punto del monte… e come? E cosa ne era stato della sua famiglia? La figlia aveva poi avuto una vita felice?
Ilario Péraro
Foto “Col di Lana” da Wikipedia