Raffaelli Giuliana

…a cura di Graziano M. CobelliPoesia

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Giuliana Raffaelli

Nata a Bolzano, risiede a Rovereto dal 1974.
Giornalista pubblicista radiotelevisiva, per anni voce nota di Radio Rovereto Stereo.
Presentatrice di premi letterari nazionali e internazionali ( Città della Spezia, Il Golfo, Iniziative Letterarie di Milano, Cecco d’Ascoli di Ascoli Piceno, Premio Città di Macerata, Il Litorale di Massa, La Rondine di Rovereto, ecc. ) e manifestazioni culturali varie, nonché storico-turistiche, sportive e d’arte.
Collabora con alcune riviste di cultura e attualità, tra cui i Quaderni del Gruppo Poesia 83.
Partecipa al programma culturale estivo dell’Associazione “Cortina Terzo Millennio”, organizzato dal settimanale di attualità e cultura Cortina Oggi Vacanze di Cortina d’Ampezzo.
Lettrice di poesia e prosa. Conosciuta come sensibile interprete, da sempre interessata alla poesia e alla sua dizione.
Studiosa di discipline astrologiche, su tale tema tiene interessanti incontri radiofonici e conferenze-dibattito.
Una sua raccolta di poesie pubblicata in proprio è uscita nel 1997, ed una seconda nel 2003, nella Collana Gruppo Poesie 83.
Il bimestrale QUADERNI del Gruppo Poesia 83 le ha dedicato nel 2006 un numero speciale con una scelta delle sue migliori poesie.
Sue poesie sono inserite nell’antologia del Gruppo Poesia 83 Insieme, edizione 2002, in quella del 2005 Ancora Insieme, nell’antologia del 2011 Il respiro dell’anima dell’associazione Nord-Sud di Rovereto e nell’antologia del 2010 Angeli nella mia vita del Corriere della Sera.

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I terremoti non hanno coscienza

La memoria mi restituisce,
in bianco e nero, le immagini
del terremoto del Friuli, quello
che anni e anni fa impose
alla buia prepotenza
di scardinare il paesaggio.
Ma i terremoti
non hanno coscienza,
sono il barcollare della terra,
che pure resta madre.
I sismi non s’imbrigliano,
non manifestano vigilie.
Schiantano
di botto gli aguzzi pennini
dei sismografi,
poi danno in escandescenze
e vanno a tatuarsi sui superstiti.
Ogni trasalimento di suolo
abitato è sordidamente buio,
ignobilmente traditore
del buono e del bello.
E alti anni ancora,
altri sciagurati
terremoti fanno polvere rovente
di località italiane.
Lo stralunarsi della terra
in boati e sussulti, risulta
illeggibile,
eppure,
fra tanto scempio, riesco
a decifrare qualche valore.
Occasionalmente la terra si sfianca
in attimi di cedimenti che, un giorno,
si riveleranno forza ed energia
utilizzabili dall’uomo.
E son sempre
abbaglianti le leggi che gli uomini
han saputo intuire in proprio favore
nelle profondità di cose su cui Dio
stesso mantiene la sua firma.

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Il tempo del pane

Qui il settembre trasuda sentore d’autunno.
Le ombre precipitano dalle vette quando
il sole appena trasmigra dallo zenit
verso l’occaso: sono gli afrori del fieno
e della segale così pungenti da pizzicare
il sangue.
È il tempo del pane.
La sagra si dipana all’insegna
di un lavoro frenetico incrinato
di pause e canti e di lepido
narrare, quando il rito non impone
silenzi quasi monastici.
Le famiglie,
a turno, si susseguono
al forno comune.
Nel preparare l’infornata,
ogni nucleo la propria,
cinquanta o più pani rotondi,
secondo le bocche. Benché
riposti, diventano duri
come pietre, ammorbiditi nel latte
e nel brodo risultano
gradevoli.
Il pane
caldo, quello nuovo, va dato
anche a chi è povero,
con un gesto avvertito come dovere.
Come atto di giustizia
che, non soddisfatto, richiede
espiazione nell’eternità.

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