Pamuk Orhan – “Il museo dell’innocenza”
…a cura di Elisa Zoppei
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Miei cari e gentili lettori, ecco un altro romanzo che viene da lontano dallo scrittore turco Orhan Pamuk con una storia ambientata a Istanbul città sfolgorante di luci e di magia, dove si consuma una della più singolari storie d’amore che siano mai state raccontate: quella di un uomo ricco bello e affascinante che impiega tutta la sua vita a guadagnarsi l’amore della donna che ama. Buona lettura
Note biografiche
Orhan Pamuk, nato a Istanbul il 7 giugno del 1952, da una benestante famiglia borghese, è uno dei più importanti scrittori turchi noto nel mondo anche come accademico e saggista. I suoi romanzi, tradotti in oltre 50 lingue e ambientati per lo più nella sua città natale, raccontano la storia della Turchia di ieri e di oggi. Mettendo in risalto la realtà vitale nel suo Paese, Pamuk racconta scontri e legami fra le diverse culture che vi si incrociano, cogliendone anche lo spirito pervaso di una malinconica venatura di nostalgia.
Riporto quello che in Istanbul, suo romanzo autobiografico del 2003 ha scritto:
«Ho trascorso la mia vita a Istanbul, sulla riva europea, nelle case che si affacciavano sull’altra riva, l’Asia. Stare vicino all’acqua, guardando la riva di fronte, l’altro continente, mi ricordava sempre il mio posto nel mondo, ed era un bene. E poi, un giorno, è stato costruito un ponte che collegava le due rive del Bosforo. Quando sono salito sul ponte e ho guardato il panorama, ho capito che era meglio, ancora più bello di vedere le due rive assieme. Ho capito che il meglio era essere un ponte fra due rive. Rivolgersi alle due rive senza appartenere.» (O. Pamuk, Istanbul, 2003).
Credo che questo sia il pensiero che forse più di ogni altro ci fa capire chi è Orhan Pamuk, e cosa chiede a se stesso attraverso la sua opera di scrittore: “essere un ponte fra due rive”. Non so se amo Pamuk come ho amato altri scrittori e scrittrici incontrati nel mio peregrinare letterario, ma di certo ne sono affascinata. C’è qualcosa in lui che lo distingue da tutti. Le parole arpeggiano con suoni insoliti dentro la sua fantasia, hanno colori vibrazioni e luci che esulano dal senso comune e accendono sogni di fiaba.
Il Bosforo, centro, cuore e vita di Istanbul, durante l’infanzia era meta quotidiana delle sue passeggiate in barca con la madre, per andare a “prendere aria” efficace cura terapeutica per i mal di gola, la tosse e altro. Il padre era ingegnere civile come il nonno, uomo d’affari di successo, che ha fatto la sua fortuna costruendo ferrovie e fabbriche. Il padre a sua volta fu il primo dirigente della sezione turca dell’IBM (International Business Machines, azienda statunitense, tra le maggiori al mondo nel settore informatico), pertanto Orhan poté frequentare con vero profitto una delle migliori scuole di Istanbul, il liceo americano “Robert College”. Durante gli anni dell’adolescenza e della prima giovinezza coltivò intensamente il sogno di diventare pittore e sostenuto dalla famiglia si iscrisse alla facoltà di Architettura, ma dopo tre anni scoprì la sua vera vocazione di essere scrittore e cambiò indirizzo.
Scelse studi di Letteratura, laureandosi nel 1977 in tale materia. Nel 1982 sposò una bella ragazza di buona famiglia Aylin Turegen. Erano entrambi cresciuti nello stesso quartiere ricco e occidentalizzato di Istanbul, camminato per le stesse strade e frequentato le stesse scuole. Nel 1985 si trasferì con lei negli Stati Uniti ed entrò come “ studioso ospite” (visiting scholar) alla Columbia University di New York rimanendovi fino al 1988. Dopo il rientro a Istanbul, tornò ad abitare nel vecchio palazzo di famiglia situato nel verde quartiere di Nisantasi, con vista sul Bosforo. Nel 1991 nacque la loro figlia Ruya, ma nel 2002 divorziò dalla moglie. Oggi in molte foto Ruya appare accanto al padre, sorridente e bellissima con folti capelli lunghi ricci e biondi, assomigliantissima a lui. Pur viaggiando in ogni parte del mondo, Pamuk ha sempre tenuto dimora fissa a Istanbul, nonostante le incriminazioni del governo turco e i processi subiti per aver apertamente incolpato il regime turco del massacro del popolo armeno avvenuto nei primi del ‘900 in Anatolia. L’annullamento del processo del 2006, non placò gli attacchi dei vari esponenti politici turchi che continuarono ad accusarlo di essere un traditore della patria e in qualche zona del Paese (Isparta) le autorità hanno ordinato la distruzione dei suoi romanzi nelle librerie e biblioteche. Poi quando in seguito al conferimento del Premio Nobel ricevuto il 12 ottobre del 2006, «per aver scoperto, nella ricerca dell’anima melanconica della propria città natale, nuovi simboli per il confronto e l’intreccio delle culture», gli fu offerto il titolo di «Artista di Stato», Pamuk lo rifiutò.
Oggi a 67 anni confessa che non si è mai stancato di lavorare a una scrivania, che ha scritto i suoi libri con pazienza e buone intenzioni credendo in ciascuno di essi. Dichiara di essere una di quelle rare creature felici che sono state in grado di fare ciò che desiderano di più, dedicandosi alla scrittura ed escludendo tutto il resto. Parla con orgoglio dei suoi romanzi tradotti in 55 lingue, ma non ha dimenticato la fatica che ha fatto a trovare un editore turco per il suo primo romanzo scritto quando aveva 22 anni Cevdet Bey and His Sons (Cevedet Bey e i suoi figli), storia ambientata nel ventesimo secolo di uno dei primi mercanti musulmani e della sua famiglia. E insieme la storia privata della Repubblica turca. Si è guadagnato non senza fatica il successo, la fama, la felicità professionale. Ripete spesso che la sua più grande felicità è scrivere.
Oltre Il museo dell’innocenza ha scritto Istanbul (Einaudi 2003) dove i ricordi dell’infanzia si mescolano alla storia della città; Il castello bianco (Einaudi 2006); Il libro nero (Einaudi 2007) Il mio nome è rosso (Einaudi 2001), una nera favola di delitti notturni che hanno per teatro una Istanbul misteriosa e un libro di miniature; Neve (Einaudi 2004) dove esplora il conflitto tra islamismo e occidentalismo; La donna dai capelli rossi (Einaudi 2017) dove affronta i temi della pace e della convivenza tra i popoli.
Tutti i suoi romanzi presentano trame complesse con personaggi di grande profondità. Molti sono ambientati nella sua Istanbul che non solo fa da sfondo alle vicende umane ma assume i contorni di personaggio vivo, con una sua storia da raccontare.
Pubblicato nel 2009 da Einaudi, il romanzo narra una lunga storia d’amore che dura tutta la vita e oltre, passando da un tempo di grande felicità fatta di incontri d’amore straordinariamente e sessualmente esaltanti fra i due giovani protagonisti innamorati, a un intermezzo più lungo di un anno di incommensurabile sofferenza di lui per aver provocato irresponsabilmente la rottura con l’amata, all’insanabile angosciosa mancanza di lei e la pazza ricerca di ogni sua traccia anche la più flebile di ricordo, fino al tempo della ripresa in cui per lunghi 8 anni, deve bastargli di poterla guardare da lontano, “sedersi” accanto a lei in lunghe domestiche serate passate davanti alla TV insieme ad altri della casa. Deve bastargli di starle accanto in un rapporto assolutamente casto, privato di qualsiasi contatto, nemmeno sguardi o sussurri men che meno innocenti.
Per Kemal fu un gioco più che facile averla nel suo letto quel lunedì pomeriggio del 26 maggio 1975. Lui è il trentenne Kemal Basmaci, appartiene a una famiglia altolocata della migliore borghesia di Istanbul e sta per fidanzarsi con Sibel una ragazza della sua classe sociale, bella, raffinata, elegante, spiritosa, che aveva studiato alla Sorbona, massima garanzia di eccellente partito; a detta di tutti, formavano una bella coppia. Lei l’altra si chiama Füsun Kirkin, è una bellissima diciottenne dalla pelle lucente, forme slanciate e procaci insieme. Ha partecipato senza il consenso della famiglia, di basso rango, ma onesta, a un concorso di bellezza e non l’ha vinto, esponendosi così alla riprovazione della comunità che la considera una ragazza non virtuosa e di poco valore. Fa la commessa in una boutique alla moda del centro e piace per la sua spontaneità e il sorriso. Soprattutto fa gola agli uomini giovani, meno giovani e vecchi.
Ma in quel frangente accadde qualcosa che non si aspettava. Si renderà conto più tardi che fare l’amore con Füsun che gli aveva gioiosamente donato la sua verginità, era stato l’istante più felice della sua vita. Se l’avesse capito non si sarebbe lasciato sfuggire una felicità così grande per nulla al mondo. Fare l’amore con Füsun era stato come liberarsi da tutti gli opprimenti sensi di colpa, dal peccato, dal castigo e dal pentimento, e percepirsi libero di godere tutto quello che il mondo gli offriva. Non gli passò nemmeno per la testa che si era promesso a un’altra con la quale aveva fatto seri progetti di sposarsi e legarsi per la vita. Era normalissimo per lui mostrarsi, un giorno dopo l’altro per mesi e mesi, in compagnia con gli amici di sempre, pieno di attenzioni affettuose con Sibel dopo che era appena uscito dalle braccia di quella meraviglia della natura che era Füsun, dal suo corpo profumato d’amore. La vita gli arrideva fra bisbocciate con gli amici, party in bella compagnia e la tenera dolce Sibel che lo omaggiava del suo fascino. Si sentiva orgoglioso di potersi permettere una moglie ricca da esibire alla luce della Istanbul bene e un’amante povera ma così seducente e innamorata da possedere a suo piacimento nel segreto di un appartamento disabitato. Mentre si avvicinava a grandi passi la festa del prossimo fidanzamento di Kemal, tanto attesa da amici e parenti, Füsun gli dichiarò di essersi perdutamente innamorata di lui, e lui a malapena le rispose -Anch’io ti vorrò sempre bene- e nient’altro. Sapremo molto più tardi come reagì Füsun. Invitata alla festa come parente alla lontana, spicca per la sua bellezza, balla con i cavalieri che la invitano, alta leggiadra sensuale, stupenda. La gelosia attanaglia il cuore di Kemal, beve continuamente raki, (l’acquavite turca alla menta) si ubriaca, ma non ha il coraggio di tornare indietro. Füsun sparisce dalla sua vita. Il resto del romanzo è tutto intessuto del dolore ossessivo di Kemal di aver perduto il suo amore. Soffrirà di quella malattia d’amore degna degli eroi romantici della grande letteratura. L’aspetterà per mesi al loro consueto appuntamento. Ma di lei nessuna traccia. Sembra essersi volatilizzata nell’aria. Esausto e sfinito da inutili attese, sarà costretto da Sibel a confessare il suo segreto e lei con giusta dignità romperà il fidanzamento e se ne andrà per sempre dalla sua vita. Solo, continuamente in preda ai fumi dell’alcool, si riduce a un catorcio umano, privo di volontà, sconfitto nella sua essenza di uomo. Poi, quasi per un inaspettato miracolo ritroverà Füsun, ma sposata con un giovane talento del mondo cinematografico che aspira a dirigere un film importante e a fare di sua moglie una star del cinema. Per Kemal comincia un nuovo calvario: non potrà mai più riavere tra le sue braccia la donna di cui è pazzamente innamorato. Lo aspettano anni e anni di umiliazioni, l’avrà al suo fianco solo in veste di uomo ricco capace di abbassarsi fino a terra per poterla solo guardare e sentirsi appagato di qualche suo sorriso. Eppure si sente ugualmente felice e nella sua mente si fa avanti l’idea di raccogliere tutto ciò che Füsun, ha toccato e tocca, ogni piccolo oggetto che le è appartenuto anche per un solo istante. Porterà avanti la sua raccolta per 8 anni, accontentandosi del ruolo di amico, consigliere, e soprattutto custode di ricordi. Nasce in questo modo il progetto di creare il Museo dell’innocenza, dove esporrà ogni cosa con cura, dagli oggetti che gli parlano di Füsun, e raccontano il suo amore per lei, ad altri incontrati sulle strade della vita. Oggetti innocenti di poco o nessun valore se non quello di ricordare gli affetti più profondi, che danno significato ai sentimenti e confortano l’anima. Una collezione di piccoli istanti felici.
Il romanzo prosegue ancora per parecchie pagine, la parte più bella, dove si potrà scoprire come la sofferenza d’amore sia un male necessario a rinforzare la passione e renderla sempre più forte nel tempo. Che cosa accadrà a Füsun, e Kemal? Saranno liberi di vivere finalmente il loro amore? Potranno sposarsi? E che ne sarà del Museo dell’Innocenza? Leggendo fino in fondo si potrà capire se si tratta di una storia vera, o inventata, visto che a Istanbul questo museo esiste per davvero?
Io vi auguro di leggere questo romanzo con il piacere di chi si sente trasportato dentro le vie, le case, i negozi, le piazze i ristoranti di Istanbul, di chi ha assaggiato cibo tradizionale turco come il börek o la baklava al pistacchio. E di sentirvi struggere dal desiderio di andare con le vostre gambe a visitare il Museo dell’Innocenza.
Buona lettura. Vs. Elisa