Camis Mario
… a cura di Giancarlo Volpato
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Medico fisiologo, scienziato, professore universitario e poi sacerdote, nacque a Venezia il 31 maggio 1878 da famiglia israelitica di origine veronese; la nonna paterna era parente di Cesare Lombroso (v. questo Sito), il celebre medico cui è legata buona parte della storia medica dell’ultima parte dell’Ottocento.
Mosè Camis – questo era il suo nome – visse nel ghetto di Venezia sinché il padre, Vittorio, che era nato a Verona e di professione ingegnere, fu nominato direttore della ferrovia Verona-Caprino entrata in funzione da poco. La famiglia si trasferì nella cittadina veronese abitando nella parrocchia di Pazzon di Caprino Veronese. Si laureò brillantemente in medicina a Roma nel 1902 e da allora, grazie alle straordinarie capacità, iniziò un’attività intensa e brillante nel campo della fisiologia medica. Andò in Inghilterra per meglio apprendere e conoscere quanto avveniva nel settore ed ebbe modo di accostarsi ai nomi più celebri della medicina contemporanea. Nel 1913 fu chiamato – proprio grazie alle sue già note ricerche – dal governo argentino a dirigere il laboratorio di fisiologia dell’università di La Plata. Allo scoppio della guerra – da buon cittadino come rimarrà sempre durante la vita – ritornò in Italia, a Verona quindi a Piacenza, poi combatté sul fronte con il grado di capitano medico. Riprese, quindi, le sue ricerche sull’apparato vestibolare e sul rapporto tra cervelletto e deambulazione pubblicando saggi di notevole spessore scientifico.
Aveva sposato, nel 1917, una donna anch’ella ebrea, di fulgida bellezza: Bice Cagli insegnava francese, ma il matrimonio durò relativamente poco perché il 20 luglio 1930 ella si spense per tifo intestinale: lasciò nel dolore Mosè Camis ed ella, moglie dolcissima, gli aveva manifestato ripetutamente il suo dolore per non avergli dato un figlio.
Fu professore nell’università di Bari, poi in quella di Parma ove fu eletto anche rettore nel 1934, poi passò a Bologna. Andò volontario nella guerra d’Etiopia nel 1935 fermandosi in Somalia con il grado di tenente colonnello medico e dove fece studi importanti sulla fisiologia umana di quei popoli; pubblicò il primo studio sul metabolismo di gente pressoché sconosciuta alle ricerche mediche: Metabolismo basale ed alimentazione in Somalia. Primo contributo alla fisiologia tropicale in Africa orientale (Roma, Reale Accademia d’Italia, 1936). Fu decorato di una medaglia d’argento e due croci di guerra al valor militare.
La sua fama era diventata internazionale, nonostante il carattere riservato e alieno dalla pubblicità; fu fatto membro effettivo dell’Accademia d’Italia per meriti scientifici. Con i suoi allievi, diventati più tardi illustri scienziati, era di un calore affettuoso e sincero come manifestava la sua serenità interiore – nonostante le difficoltà – anche alle persone più umili che curavano le sue proprietà: con loro passava giorni di grande amicizia come lasciarono scritto i caprinesi che ebbero a conoscerlo. Divenne amico di don Giobatta Roncari, il parroco di Pazzon originario di Campofontana nella Lessinia veronese, poeta colto e intelligente; aveva stretto amicizia con Alberto Stringa, artista a tutto tondo e pittore di grande respiro abitante in una villa a Caprino; per lui nutrì un affetto indelebile poiché lo legò anche all’amore per la deliziosa e splendida signora che l’aveva lasciato: Stringa, mentre dipingeva e abbelliva la tomba di Bice Cagli nel camposanto di Pazzon, fu colto da malore e morì.
Poco prima della scomparsa, la moglie aveva manifestato l’idea di convertirsi al cattolicesimo; Camis si farà battezzare il primo dicembre del 1930 da don Giacomo Lercaro (il futuro, celebre vescovo di Bologna) cui aveva confidato le sue pene e il suo dolore per non essere riuscito a fare altrettanto per la dolcissima sua Bice che, durante la permanenza a Parma, aveva aperto anche una scuola per i ciechi insegnando loro a leggere e a scrivere tramite il metodo Braille; dopo la conversione, il professore s’era fatto terziario domenicano.
Nel 1938, nonostante i suoi meriti scientifici e la sua fama, fu epurato dall’università ed estromesso dall’Accademia Nazionale dei Lincei a causa delle leggi razziali: la sua origine ebraica – che non rinnegò assolutamente mai – gli fece procurare, in questo caso, amarezze e grandi difficoltà: ma Mario Camis (questo il nome che aveva assunto con il battesimo) non perdette mai la sua straordinaria serenità.
Nel 1939, coronando un sogno a lungo cullato, partì missionario laico per le Filippine dove portò la sua fede ritrovata, l’amore per gli umili e la sua bravura nel curare gli altri. Dovette, malauguratamente, ritornare in fretta poiché la salute non lo reggeva: e questa fu un’altra ferita al suo animo indipendente e generoso. In quegli anni di bufera, i Domenicani furono i grandi amici che gli diedero conforto.
Fu consacrato sacerdote – aveva a lungo bramato e studiato – il 24 maggio 1941 e prese dimora nel convento bolognese di San Domenico. La sua villa di Oné – dov’egli aveva risieduto quand’era a Caprino – fu messa a soqquadro, depredata dai tedeschi almeno due volte (lo dimostrano le carte presenti nell’archivio del comune); egli stesso fu braccato ostinatamente dai nazisti e dai fascisti e si salvò grazie a un padre domenicano e al suo allievo, Oscar Scaglietti, che poi – dopo la guerra – diventerà primario nell’ospedale civile di Verona, i quali lo fecero rifugiare a Santa Sabina a Roma con una fuga rocambolesca.
Le lettere ai suoi allievi, agli amici, agli umili compagni della sua esistenza rivelano un uomo di straordinaria bontà; volle celebrare le nozze del suo allievo, Giuseppe Moruzzi – che diverrà un grande fisiologo – nell’ottobre del 1941. Alla fine della guerra, Camis fu reintegrato all’interno dell’università e, quasi subito dopo, fu epurato perché ritenuto fascista: era stato eletto Rettore all’inizio degli anni Trenta e aveva giurato fedeltà. Di tutto questo non si preoccupò il padre domenicano, quale era lui già da qualche anno, anche se, nel suo animo, queste ingiustizie non gli procurarono serenità nonostante egli avesse abbandonato tutto. Destinò anche la sua villa Nichesola-Camis di Oné all’Ordine dei Padri Domenicani di Verona.
Rimase in silenzio: nella meditazione e nello studio, ritirato nel convento bolognese. Afflitto da malattia, passò gli ultimi anni nella preghiera; gli manifestarono la loro vicinanza – per il valore riconosciuto dei suoi studi e del suo apporto alla fisiologia – due premi Nobel per la medicina, scienziati di tutto il mondo medico, oltreché l’amore dei suoi confratelli.
Qui, si spense il 28 agosto 1946. Le sue spoglie riposano, accanto a quelle della moglie, nel camposanto di Pazzon.
Caprino Veronese gli ha dedicato una via.
Bibliografia: Giuseppe Moruzzi, Mario Camis (1878-1946), “Archivio di Scienze biologiche”, 32, 1948, pp. 35-41; Giulio C. Pupilli, Mario Camis, “Il Fracastoro”, Verona, 42, 1949, pp. 147-156; Giorgio Israel-Pietro Nastasi, Scienza e razza nell’Italia fascista, Bologna, Il Mulino, 1998; Giovanni Berlucchi, La memoria ritrovata: ricordo di Mario Camis, un fisiologo nato, in La memoria ritrovata. Giornata in ricordo di Tullio Terni e Mario Camis, “Atti dei Convegni dei Lincei”, v. 212, 2005, pp. 103-120; Giuseppe Ferrari, Camis Mario, in Dizionario biografico dei Veronesi (secolo XX), a cura di G.F. Viviani, Verona 2006, pp. 183-185; Mario Camis: uomo di scienza e di fede:1878-1946. Atti del Convegno Verona-Caprino Veronese 27-28 aprile 2011, a cura di Vasco S. Gondola e Giuseppe Ferrari, Verona, Ediz. Stimmgraf, 2012; Giovanni Berlucchi-Paolo Moruzzi, Mario Camis, il fisiologo dimenticato che avviò Giuseppe Moruzzi alla neurofisiologia, “pH magazine”, 2, 2017, pp. 1-26.
Giancarlo Volpato