Puntata 47.1 – CAMPI D’ENERGIA UTOPICA: “LA POTENZA DEL RISO: Ridere con i suoni: Orazio Vecchi (1550-1605), Adriano Banchieri (1568-1634), Giacomo Rossini (1792-1868), Giuseppe Verdi (1813-1901)

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47.1 – Ridere con i suoni: Orazio Vecchi (1550-1605), Adriano Banchieri (1568-1634),  Giacomo Rossini (1792-1868), Giuseppe Verdi (1813-1901)

A fine Cinquecento si afferma la scrittura musicale per strumenti su quella per sole voci, ma per tutto il Seicento perfino i melodrammi di argomento serio e tragico, pensiamo all’Orfeo di Claudio Monteverdi (1567-1643), lasciavano spazio ad un intermezzo di argomento comico: la Serva padrona (1733) di Giovanni Battista Pergolesi (1710-1736) sarà uno di questi e conquisterà la Francia e l’Europa.
Simona Santacroce, presentò al congresso internazionale su Ridere è una cosa seria del 2010, anche il teatro musicale di un “Papa comico” Clemente IX, Giulio Rospigliosi (1600-1669) che intorno al 1632 durante il carnevale della famiglia romana dei Barberini, mise in scena un melodramma basato sulla vita di Sant’Alessio, un cavaliere fattosi eremita, in preda a innumerevoli tentazioni. La trama era innovativa, tratta dalla vita dei santi e non più dalla mitologia pagana, ma soprattutto per l’inserzione di personaggi e scene spiccatamente comiche affidate al diavolo e a due servi sciocchi.
Nel 1637 e nel ’39 Clemente IX, il papa comico, rappresentò anche Chi soffre speri, un soggetto tratto per la prima volta da una novella del Decamerone quella di Federigo degli Alberighi che per amore sacrifica il suo falcone. L’effetto comico è dato dall’uso del dialetto bergamasco, da parte di uno degli Zanni, (gli “antenati” di Arlecchino) dunque con lo scambio di codice linguistico tipico della commedia dell’arte, qui usato come parodia del lamento patetico del protagonista.
La via per l’opera buffa era aperta, quella che porterà nel Settecento a Galuppi e Pergolesi, a Cimarosa e Paisiello. Ma principalmente a Giacomo Rossini (1792-1868) che iniziò la sua carriera operistica a Venezia nel 1810 con la prima delle sue sei opere buffe: La cambiale di matrimonio.
L’analisi attenta della comicità musicale di Rossini condotta dalla Barontini, ricalca l’elenco dei segnali di menzogna, dunque di umorismo, gli stessi che ci hanno permesso di coglierne gli effetti nella prosa narrativa, anche se si tratta della parola musicata, ossia espressa con i suoni della voce o degli strumenti. A questi vanno aggiunti gli effetti imitativi dell’onomatopea, che segnala la presenza degli animali (uccelli in particolare) e dei suoni della natura (tuono, vento ecc.) ai quali Rossini spesso dedicò composizioni specifiche come il noto Duetto per due gatti e pianoforte del 1825. L’effetto comico era assicurato.
Come scrive Luigi Rognoni (Rossini, 1977), il massimo studioso di Rossini, “L’espressione comico musicale rossiniana si fonda sul ritmo, che è l’elemento principale (…) Rossini non adatta il ritmo alle parole, ma sottopone queste alle leggi del ritmo (…) portando all’estremo i procedimenti dell’opera buffa settecentesca, con grande effetto comico.”
Mi sorprende che in uno studio così accurato su Musica e umorismo, che ci porta fino alla satira musicale di un cantautore moderno come Simone Cristicchi, non si ricordino le canzoni comiche di Enzo Arbore, e non si dedichi attenzione a Giuseppe Verdi (1813-1901) e al suo Falstaff, la sua ultima opera, su libretto di Arrigo Boito, un noto poeta “scapigliato”: un capolavoro del genere musicale del teatro comico, che si conclude con il giudizio: “Tutto nel mondo è burla”.

 Laura Schram Pighi – (47.1 fine)

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