Puntata 50.1 – CAMPI D’ENERGIA UTOPICA: “LA POTENZA DEL RISO: La prosa scientifica: da Galilei a Italo Calvino (1923-1985)”
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50.1 – La prosa scientifica: da Galilei a Italo Calvino (1923-1985)
La ritroveremo nelle loro Lettere e in innumerevoli Dialoghi, e in tante opere scritte in uno stile di modello galileiano, ricco di velocità, leggerezza, umorismo, e fantasia. Eccone solo alcuni esempi.
Vorrei ricordare tra i primi discepoli di Galilei scrittore, Francesco Redi (1626-1697) e il suo Bacco in Toscana, e poi Antonio Vallisneri (1661-1730) medico e biologo specialista di insetti, che espone le sue ricerche nei Dialoghi sopra la curiosa origine di molti insetti (1700), e Francesco Algarotti (1712-1746) che nel suo famoso Newtonismo per le dame ovvero dialoghi sopra la luce e i colori (1737) si rivolge in tono discorsivo a lettori ancora ai margini della cultura scientifica.
Ricordo in particolare due scienziati scrittori tra gli illuministi napoletani.
Ferdinando Galiani (1728-1787) autore del trattato Della Moneta (1751) che lo portò a diventare il consigliere economico del Re di Francia, che scrive i Dialoghi sul commercio dei grani (1770) e affianca a questi studi di economia e finanza, anche la composizione di un libretto d’opera, il Socrate immaginario, musicato da Paisiello e numerosi opuscoli umoristici tra i quali la Spaventosissima descrizione dello spaventoso spavento che ci spaventò tutti coll’eruzione del Vesuvio.
A lui si può accostare il suo contemporaneo Antonio Genovesi (1713-1769) che ho avuto modo di analizzare da vicino nel quadro di ricerche sulla narrativa di idee: una prosa di finzione, che adotta strategie stilistiche simili alla prosa scientifica, sempre allo stesso fine, quello di persuadere, informare e diffondere idee per proporre un mondo futuro.
C’era già stato anche un corrispondente veneziano del Genovesi, Gianmaria Ortes (1714-1790) che nel 1757 aveva scritto un Calcolo de’ piaceri e de’ dolori della vita umana, ma questo arcigno illuminista veneziano, grande ammiratore di Galileo “Era un uomo che voleva calcolare tutto. Piaceri, dolori, virtù, vizi, verità, errori: per ogni aspetto del sentire e dell’agire umano quest’uomo era convinto di poter stabilire una formula algebrica, e un sistema di quantificazione numerica”. Così lo presenta Italo Calvino (Perché leggere i classici, pp.138-145) per dire quanto un eccesso di ragione possa far perdere i contatti con la vita che pure si propone di capire fino ad arrivare ad un umorismo involontario.
La “ricerca della felicità” che traspare dal titolo delle Lettere accademiche serviva di fatto a Genovesi per dialogare con tutto l’illuminismo europeo percorso da una polemica filosofica vivacissima, quella attorno alle idee di Rousseau e di Newton.
L’uno affermava che la felicità si trova nel ritorno ad una vita primitiva e alla natura, e non nel progresso scientifico, l’altro che si poteva trovare solo nel progresso delle scienze iniziato con Galilei. Un progresso che in alcune parti d’Europa stava già dando i primi risultati economici: l’economia dunque era la scienza del futuro, in grado di analizzare la realtà, con il metodo di analisi basato sulle leggi matematiche o fisiche, e avrebbe permesso la gestione della società futura, e quindi di una nuova politica.
Laura Schram Pighi – (continua)