Messedaglia Angelo
… a cura di Giancarlo Volpato
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Economista, professore, senatore del Regno, Angelo Messedaglia nacque a Villafranca di Verona il 2 novembre 1820 da una famiglia della media borghesia. Il padre faceva il funzionario pubblico e arrivò a ricoprire il ruolo di segretario generale del Comune di Verona. Si laureò a Pavia nel 1843 in “utroque iure” (facoltà politico-legale). Dotato di grande acume intellettuale, cominciò a cimentarsi subito nei saggi di carattere economico-politico occupandosi di statistica, di politica economica legata alle strutture legali. Iniziò la pratica forense, ma nel contempo lavorò come assistente presso l’ateneo pavese occupandosi di diritto cambiario e mercantile.
Le agitazioni del 1848 lo videro costretto a ritornare a Verona dove rinsaldò le amicizie con Caterina Bon Brenzoni e Aleardo Aleardi. Iniziò il suo insegnamento a Padova dopo gli anni ’50, fu cooptato nell’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona che gli aperse le strade europee (dal 1854 fu segretario perpetuo della stessa Accademia); intanto la pubblicazione delle sue opere l’avevano proiettato nell’agone europeo e il suo nome divenne di fama internazionale tanto che fu accolto nella “Statistical Society di Londra”, all’“Accademia di Lincei” (che più tardi diresse), dell’“American Academy of political and social science” di Filadelfia ed in altre prestigiose sedi.
Nonostante i suoi costanti viaggi, Messedaglia si stabilì a Verona che rimase, per sempre, il luogo della sua residenza.
La sua monografia Dei prestiti pubblici e del miglior sistema di consolidazione (Milano 1850), unita ad altri sulla statistica che divenne, grazie a lui, una scienza, lo lanciò anche nell’agone della politica nazionale. I suoi studi sulla popolazione furono gli antesignani per lo studio del metodo migliore sui censimenti e sulle elaborazioni matematiche: quindici lustri più tardi Luigi Einaudi ne esaltava la modernità e la scientificità.
Le sue idee furono contrarie al meccanicismo di Thomas Backle e all’evoluzionismo di Darwin poiché riteneva – secondo il metodo galileiano – che il procedimento migliore fosse quello dell’osservazione: e su questo incentrò i suoi studi scientifici sui fenomeni statistico-demografici o demologici dando delle regole e un ordine all’esistenza delle cose. Formidabili apparvero le sue Statistiche criminali dell’Impero austriaco nel quadriennio 1856-1859, uscite a Venezia l’anno dopo l’annessione del Veneto al Regno d’Italia, cioè nel 1867. La metodologia statistica riconobbe in lui il padre come pure molte forme del procedere negli studi sociali. Molti allievi, usciti dalla sua scuola, diventarono eccellenti studiosi.
La sua “Mente aristotelica” – come veniva definito dai collaboratori – spaziava dalle discipline morali a quelle scientifiche e naturali con una versatilità sconosciuta a molti. Era, inoltre, un ottimo letterato e uno storico preparato, a cui univa una solida padronanza delle lingue straniere. Proprio utilizzando queste ultime, trovava il tempo – tra insegnamento, politica a Roma e scritti scientifici – di tradurre opere letterarie dall’inglese e dal francese oltreché trattati legati alle sue discipline. Aveva amici ed estimatori in tutti i paesi europei.
Nel 1866 venne eletto deputato per il I° Collegio di Verona con questo slogan: “Sono un uomo di studio e di teoria, ma le teorie le ho sempre ritenute da ordirsi sui fatti”. Alla Camera ricoprì importanti e prestigiosi incarichi: si occupò di istruzione, di cultura e, in particolare, di biblioteche, musei e beni archeologici; per anni stese il bilancio dello Stato, non lesinò il suo aiuto ai ministeri dell’istruzione, della giustizia e dedicò attenzione ai rapporti tra nuovo Stato e Chiesa cattolica. Assunse, pure, la presidenza delle Commissione per le statistiche, entrò nella giunta dei provvedimenti finanziari. Rifiutò categoricamente gli incarichi di Ministro che ogni governo si peritava di proporgli. Riformò il catasto italiano, del quale è universalmente riconosciuto il padre, oltreché la perequazione fondiaria.
Lasciato l’ateneo patavino, dal 1870 al 1877 insegnò in quello romano. In tutti i suoi discorsi, che venne tenendo un po’ dappertutto, ebbe ben chiara la visione della storicizzazione del discorso economico come base fondamentale per lo studio delle vicende poiché la dottrina positiva si basava sui fatti e sugli spazi temporali. Era come guardare la scienza e l’avvicendarsi delle cose in un portato quasi ontologico della conoscenza. In quest’epoca nacquero e videro la luce, i suoi trattati sulla moneta e sugli errori che ad essi sono legati: furono la base per gli studi successivi sui problemi finanziari non soltanto italiani dal momento che la Germania tradusse subito le sue opere: trattasi del primo studio organico sulle discipline economiche dal titolo Dei prestiti pubblici e del miglior sistema di consolidazione, del 1850, seguito, l’anno successivo, da Della necessità di un insegnamento speciale politico-amministrativo e del suo ordinamento scientifico. Grazie a questi contributi, ma non solo di essi, il governo presieduto da Marco Minghetti gli affidò la Commissione monetaria con lo scopo di fornire e predisporre delle regole per le transazioni sovranazionali. Le sue idee furono alla base della Conferenza monetaria di Parigi del 1885; un anno prima l’economista veronese era stato eletto senatore del Regno. Fu, anche, un ferrato cultore delle discipline storico-economiche com’è avvertibile dalla monografia La storia e la statistica dei metalli preziosi quale preliminare studio delle presenti questioni monetarie del 1881, dove la documentazione riportata ricostruisce la produzione dell’oro e dell’argento, il rapporto tra i due metalli nel tempo, l’andamento economico di esse legato alle scoperte minerarie, a partire dall’antichità.
Fra i numerosi incarichi tenuti ne citiamo almeno alcuni: membro del Consiglio superiore di statistica, membro del Consiglio del contenzioso diplomatico, presidente dell’Accademia dei Lincei, sopra citato, presidente dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti di Venezia, segretario nel quinquennio 1854-1859 dell’Accademia di Agricoltura, scienze e lettere di Verona. Tra i riconoscimenti ricordiamo quello di Grand’Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia, la gran croce dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro. Tenne prolusioni, conferenze, incontri scientifici in molti paesi europei.
L’ultima lezione che Messedaglia lasciò fu quella di “riconoscere allo stato, quale organismo vitale, una funzione regolatrice che lo chiamava a rispondere al profondo e inappagato bisogno di equilibrio e di interna armonia della società”.
Dedicò gli ultimi anni della vita agli studi sui poemi omerici, un amore che non aveva mai dismesso, pubblicando due saggi innovativi sulla lettura del mondo antico.
Si spense a Roma il 5 aprile 1901. Verona lo volle onorare nel pantheon “Ingenio claris” nel locale camposanto; gli ha dedicato una via e gli ha intitolato un Liceo Scientifico; anche Roma, Milano, Villafranca e altri centri l’hanno onorato con una via. Un suo busto marmoreo, scolpito da Egidio Girelli (1904), è conservato, murato, nel cortile dell’Accademia veronese; una sua fortunata caricatura, opera di Filippo Nereo Vignola, venne pubblicata sulla rivista satirica veronese “Can da la Scala” (29 sett. 1895); egli appare, altresì, in alcuni album di disegni. Per l’elenco completo delle sue opere (in numero altissimo) si rimanda al nipote Luigi Messedaglia (v. questo Sito), Bibliografia degli scritti di Angelo Messedaglia, pubblicati negli “Atti e relazioni dell’Accademia pugliese delle scienze”, n.s., III°-IV° (1951-52), pp. 221-321.
Bibliografia: copiosissima appare la letteratura su di lui e sulla sua opera sia con monografie sia con articoli e saggi. Ci limitiamo ad alcuni contributi: Michele Lecce, Il pensiero economico di Angelo Messedaglia, Verona, [Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere], 1953; Anna Pellanda, Angelo Messedaglia: tematiche economiche e indagini storiche, Padova, Signum, 1984; Giovanni Zalin, Economisti, politici, filantropi nell’Italia liberale (1861-1922). L’apporto culturale, ideologico e operativo delle personalità venete, Padova, Cedam, 1997; Giovanni Borghini, Alcune lettere inedite di Léon Walras ad Angelo Messedaglia, “Economia e storia: rivista trimestrale”, 3, 1999, pp. 240-255; 100° anniversario della morte di Angelo Messedaglia: atti del convegno di studi, 31 marzo 2001, a cura di Giovanni Zalin, Villafranca di Verona, Comune di Villafranca, 2002; Giovanni Borghini, Angelo Messedaglia, mente aristotelica: catalogo e mostra, Verona, Biblioteca civica, 2002; Angela Maria Girelli Bocci, Angelo Messedaglia e la questione dell’istruzione pubblica in Italia, “Studi storici Luigi Simeoni”, LIV, 2004, pp. 281-312; Giovanni Zalin, Messedaglia Angelo, in Dizionario biografico dei Veronesi (secolo XX), a cura di G.F. Viviani, Verona 2006, pp. 550-552; Andrea Cafarelli, Messedaglia, Angelo, in Dizionario biografico degli Italiani, v. 73, Roma, Ist. Enc. It., 2009, pp. 779-785; Angelo Messedaglia e il suo tempo: atti del convegno di Verona, a cura di Vitantonio Gioia e Sergio Noto, Macerata, EUM, 2011; Ettore Curi, Angelo Messedaglia (1820-1901), in I busti dell’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona, a cura di Chiara Contri e Camilla Bertani, Verona, Accademia, 2019, pp. 45-48.
Giancarlo Volpato