Lombroso Cesare

…a cura di Giancarlo Volpato

Poesia

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Cesare Lombroso

Medico, antropologo, criminologo, Cesare (all’anagrafe Ezechia Marco) Lombroso nacque a Verona il 6 novembre 1835. Figlio di ebrei, dotato d’ingegno precoce e pronto, cominciò a collaborare – ancora giovanissimo – al “Collettore dell’Adige” occupandosi di antropologia naturalistica e di linguistica. S’iscrisse alla facoltà di Medicina a Pavia dove si laureò nel 1858; poi entrò come volontario nell’esercito piemontese dove rimase per sette anni. In questo periodo si occupò di cretinismo, di psichiatria, di medicina legale.
A Pavia gli fu affidato l’insegnamento di clinica delle malattie mentali. Si sposò nel 1870 con Nina De Benedetti e l’anno successivo pubblicò L’uomo bianco e l’uomo di colore ipotizzando rimandi analogici fra il criminale, il selvaggio e l’uomo primitivo. Dall’autopsia di un criminale, cominciò degli studi che lo porteranno a “scoperte e ideologie” che poi lo renderanno famoso. Dalla fisiognomica (ch’egli aveva ereditato dagli studi medico-filosofici) cominciò a trarre delle interpretazioni dei tratti somatici: zigomi sporgenti, mascella voluminosa, forme facciali particolari; da qui nacquero le sue idee sui delinquenti e sui pazzi che, nella sua idea e secondo i suoi studi, significherebbero regressione atavica. Sta proprio qui il nucleo della dottrina criminologica di Lombroso: il pazzo e il delinquente sono pressoché simili, per cui vanno deresponsabilizzati per i loro atteggiamenti, ma vanno rinchiusi in manicomio criminale.
Si occupò di pellagra, sperimentò una tintura estratta dal mais guasto che ritenne in grado di guarire le malattie della cute. Si dedicò all’omeopatia e promosse una campagna di promozione igienica molto forte dando alle stampe un libro diventato assai noto: L’igiene degli operaj, dei contadini, dei soldati, 1869. Nel 1876 andò ad insegnare medicina legale all’università di Torino e fu qui che iniziò la sua fama.
Pubblicò, in quell’anno, L’uomo delinquente che ebbe un successo straordinario, conobbe riedizioni e molte ristampe; fu tradotto all’estero e Lombroso diventò un uomo celebre, seppure controverso. Il medico veronese era molto attento a quanto accadeva intorno e dalla prima edizione sino alla quinta, egli venne riscrivendo quel libro che l’aveva fatto conoscere al mondo: egli non si limitò ad aggiungervi un Atlante molto rilevante per lo studio somatico, ma ampliò, con osservazioni e con uno spazio sempre più grande, entrando nell’analisi del contesto sociale e nei motivi psicologici che accompagnano il delitto; descrisse questo insieme di concomitanze anche nell’opera La funzione sociale del delitto, 1893.
Accanto alla criminologia, l’altra questione antropologica che lo affascinò ininterrottamente, fu la ricerca tra criminalità e follia. Dette alle stampe Genio e follia e L’uomo di genio, un ampio trattato tradotto nelle principali lingue europee cui aggiunse una difficile e controversa disquisizione dal titolo Genio e degenerazione del 1897. Sullo scorcio del secolo si occupò di anarchismo (pubblicò Gli anarchici, 1895) distinguendo tra rivoluzione – espressione sicura ed inevitabile dell’evoluzione – e rivolta, di carattere puramente artificiale. Fu attratto dallo spiritismo, partecipò a sedute e ne trasse delle conclusioni: l’anima era una sorta di sostanza fluida in grado di manifestarsi in determinate circostanze (Ricerche sui fenomeni ipnotici e spiritici, 1914: postumo).
Venne occupandosi delle razze umane, che aveva già affrontato all’inizio della sua carriera e volse la sua attenzione al genere femminile; all’inizio pubblicò un trattatello (La donna delinquente e la prostituta: studio, 1891), ma poi, con un suo allievo, dette alle stampe La donna delinquente, la prostituta e la donna normale (1903) che suscitò interesse, prese di posizioni e sicure tracce indelebili.
Questo libro e quello sull’uomo delinquente saranno destinati a classificare Cesare Lombroso – nell’immaginario collettivo – come colui che dette le stimmate della delinquenza, della follia, del carattere e del temperamento a persone attraverso i tratti del loro corpo: con tutte le conseguenze immaginabili. Dopo avere testimoniato – e lo fece sempre – il suo impegno civile (fu anche consigliere comunale a Torino), egli dedicò molto del suo tempo a conferenze, articoli sui giornali occupandosi di problemi legati alla società e ai risvolti che le persone subivano all’interno della stessa.
La dottrina lombrosiana ha escluso pressoché totalmente l’astrattezza della scuola classica poiché il suo autore pose massima attenzione sull’apprezzamento delle stimmate somatiche che segnano inconfondibilmente – secondo la sua logica – il criminale e qualsiasi altro “deviato”. Tuttavia Lombroso cadde nell’errore frenologico che immagina il cranio modellato sull’encefalo, invece di guardare – come oggi – all’assetto cromosomico che sottende gli atteggiamenti aggressivi. Durante l’ultima parte della sua esistenza, Cesare Lombroso godette di una fama che pochi conobbero in vita, ma poi essa venne via via scemando.
Da qualche anno, invece, egli è ridivenuto uomo di grande interesse e di forti discussioni oltreché di studi sempre più agguerriti in molte parti del mondo sia tra i medici sia tra gli antropologi. Scrisse moltissimo e morì il 19 ottobre 1909 a Torino. Fu membro di Accademie, di istituzioni culturali; fondò il Museo di antropologia criminale nel capoluogo piemontese che risulta tra i più noti e visitati dagli specialisti grazie a reperti da lui stesso studiati con un gusto dall’intenso sapore positivista. Nel 1887 il pittore veronese Francesco Danieli gli fece un bellissimo ritratto; nel settembre 1921, Leonardo Bistolfi, artista di Casale Monferrato, fece un busto in bronzo con una lunga scritta che ricordava gli studi psichiatrici di Lombroso: essa si trova nei giardini, nella zona di Borgo Trento, che portano il suo nome. Alcuni centri della provincia (Cerro Veronese, S. Giovanni Lupatoto, Legnago) e molte città gli hanno dedicato una via o una piazza.
Moltissime cose sulla sua vita, sui suoi metodi, sugli studi furono oggetto di un interessantissimo libro della figlia Gina Lombroso Ferrero, divulgatrice scientifica, medico e scrittrice (v. Bibliografia).

Bibliografia: La letteratura su di lui è talmente ampia che appare impossibile riportarla. Ci limitiamo a poche opere (soprattutto recenti, eccetto quella della figlia): Gina Lombroso, Cesare Lombroso: storia della vita e delle opere, Bologna, Zanichelli, 1921; Luigi Guarnieri, L’atlante criminale: vita scriteriata di Cesare Lombroso, Milano, Mondadori, 2000; Delia Frigessi Castelnuovo, Cesare Lombroso, Torino, Einaudi, 2003; Pierluigi Baima Bollone, Cesare Lombroso e la scoperta dell’uomo delinquente, Scarmagno, Priuli & Verlucca; Emilia Musumeci, Cesare Lombroso e le neuroscienze, Milano, Angeli, 2012; Roberto Vecchiarelli, Cronache dal manicomio: Cesare Lombroso e il giornale dei pazzi del manicomio di Pesaro, Sestri Levante, Oltre, 2017; Il Museo di antropologia criminale Cesare Lombroso dell’Università di Torino, a cura di Piero Bianucci, Torino, Hapax, 2018. Per un rapido approccio si vedano Luciano Bonuzzi, Lombroso Cesare, in Dizionario biografico dei Veronesi (secolo XX), a cura di G. F. Viviani, Verona 2006, pp. 482-484; Giuseppe Armocida, Lombroso, Cesare, in Dizionario biografico degli Italiani, v. 65, Roma, Ist. Encicl. It., 2005, pp. 548-553; Ettore Curi, Cesare Lombroso e Verona, “Bollettino Società Letteraria, Verona”, 2012, pp. 275-288; Ottavia Branciforte, Cesare Lombroso, in Le statue di Verona: guida ai monumenti scultorei pubblici del centro storico, a cura di Luca Leone, Verona, Comune di Verona, 2015, pp. 108-109.

Giancarlo Volpato

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