Storari Gianni – L’eredità
…a cura di Elisa Zoppei
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Cari amici lettori è con vero piacere e un certo appassionato trasporto, dettato anche dall’amicizia con l’autore, ma non solo, che offro alla vostra lettura L’eredità (Cierre Grafica, 2023), romanzo autobiografico del prof. Gianni Storari, una delle persone che incontro volentieri perché con sorridente naturalezza comunicativa mi fa sempre sentire gioiosamente accolta.
Il prof. GIANNI STORARI è conosciuto nel mondo della scuola come insegnante e come Preside, ma è anche apprezzato nelle Università del Tempo Libero, o della Terza Età o dell’Educazione Permanente, in molti paesi piccoli e grandi della provincia di Verona come intrattenitore culturale e brillante narratore. È anche molto noto e amato nella patria sanbonifacese come fecondo giornalista, ricercatore e scrittore della storia locale testimoniata dai 36 quaderni di Coalonga da lui creati e coordinati. Merita quindi la mia grande ammirazione perché lo ritengo uno dei più laboriosi e accreditati promotori culturali, come attestano le seguenti note bibliografiche che riporto dal risvolto (o aletta) di quarta di copertina:
– passaggi storici significativi del ’900: Gente in controluce, 1980; Vento sulla pianura. Fatti e personaggi della Resistenza tra Alpone – Adige – Guà, 1987; Il cavallo bianco. Donne e uomini nella Resistenza a San Bonifacio, Monteforte, sulle colline e nella “bassa” fra il Veronese e il Vicentino, 2007; Aufstehen!” “Alzarsi!” Diario di guerra e di prigionia del soldato Armando Gandini 1941-1945, 2010; Quel 25 Aprile. Nella bufera a Caldiero, San Bonifacio, Soave, San Giovanni Ilarione, Monteforte, Cazzano, Montecchia, Santo Sefano di Zimella, 2021;
– attività e prodotti tradizionali: Obiettivo Villabella, 2005; Villabella, il riso e altre curiosità, 2006; Anche le patate hanno un’anima, 2007; Sapore di pane, 2008; Per campi con cane e fucile. Storia e memorie di caccia tra il Veronese e il Vicentino, 2008; La polenta è un relitto?, 2009;
– trasporti e sviluppo: Quando Vicenza era distante mezza giornata, 2006; Oltre i limiti, da un confine all’altro, 2007; Su quelle ruote correva lo sviluppo, 2008; Su e giù per i sassi del Trentino, 2009; Il nostro Far West, 2010; Storie di uomini “straordinari”. Un viaggio tra uomini e aziende che hanno fatto la storia dell’autotrasporto a Verona, 2010; 150… e oltre. Italia percorsa, Italia che corre, 2011; Quando si guardava avanti, 2012; Tra polvere e cieli puliti, 2013; Roberto Perlini. La vicenda umana e professionale, 2020);
– personaggi e momenti della vita culturale: Non è il tempo che passa, siamo noi che passiamo. Marianna Castellani (1897- 1990), 2011; Gaetano Trestin. “amò Dio, la natura e l’arte”, 2011; … ci parlano ancora. Ricordo di Bruno Anzolin e Dino Coltro, amici, studiosi, umanisti, uomini di scuola, 2012;
– e altro ancora: L’altra faccia della medaglia. L’emigrazione verso il sud America intorno alla fine dell’ ‘800 dal territorio dell’est Veronese, con alcune divagazioni, 2004; Una stagione e poco più. Villanova di San Bonifacio, lo zuccherificio nel tempo, 2019.
Questa foto ricordo d’epoca a sfondo scuro ritrae un bellissimo bambino di cinque sei mesi che ci guarda e sembra voler dire: – sono arrivato, sono qui, posso venire con te? L’autore l’ha scelta proprio per partire da lì, dalla sua infanzia, dalle persone che lo hanno messo al mondo, dai “Suoi”, e da quelle venute prima e prima ancora, tutte legate da vincoli di sangue e legami famigliari all’interno della trama parentale. Storari apre la sua narrazione partendo da due oggetti appartenuti alla sua famiglia che lo richiamano a un presente storico di vite laboriose intercalate dal picchiettio di un martello da tappezziere del nonno, usato con acume artistico anche dal suo papà e dal tintinnio della campanella che dava il benvenuto agli avventori della locanda/ bar /osteria della bisnonna paterna Catterina, passata poi alla nonna Anna, che la consegnò come preziosa reliquia alla famiglia, prima di emigrare in Argentina. Così partendo da essi, il nostro autore riesce a ricostruire le vicende storiche di tanti avvenimenti piccoli e grandi che dal presente lo rituffano nel passato della sua gente: un po’- scrive- come fa l’archeologo, che scavando in determinati siti, recupera i cocci e li fa parlare, rimettendoli attentamente insieme e, aiutato da un po’ di fantasia, restituisce forma ora a un’anfora, o a una brocca, o a un vaso. Anche lui raccoglie briciole di storia rovistando nelle memorie di famiglia, scavando sotto la terra degli eventi, affondando talvolta lo sguardo in cose sepolte nel pantano della dimenticanza, e le fa fiorire citando la canzone “Via del campo” di Fabrizio de Andrè “…dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior…”
Il letame, in senso figurato, è il deposito di ogni residuo di consumo domestico destinato ad altra vita. Allo stesso tempo ci confida che la scuola lo ha aiutato a innamorarsi del gusto del sapere, e gli ha insegnato che per sapere bisogna cercare, scoprire, partire dal vicino e puntare al lontano… Credo quindi che possiamo leggere questo libro anche come sapiente metodo di ricerca storica personale allargata e allungata negli spazi geografico-temporali delle nostre relazioni ed esperienze.
Prima di addentrarci nel passato, l’autore ci accoglie nel suo presente e, in un romantico sottofondo canoro musicale De Andrèiano, ci rende partecipi dell’emozione del primo incontro con la donna della sua vita, che appare nello splendore dei suoi morbidi fianchi lunati, fasciata in un vestito di seta color aragosta che fa risaltare il suo vitino da vespa. Fu subito amore accecato dal sole, indi consacrato da un matrimonio fecondo, arricchito da tre meravigliosi frutti che lo resero il papà più felicemente inesperto e più saggiamente attento alla loro crescita. Mirato al loro realizzarsi di persone in cammino, ognuno verso la propria meta.
Poi sfilano come in una galleria di ritratti e di ricordi genitori, nonni, nonne, zii e zie, cugini e cugine, insieme a un corredo davvero interessante e appropriato di immagini disegni e fotografie. Ne insegue i percorsi attraverso l’Ottocento e il Novecento. Li ferma nei loro vissuti di lavoro, di fatica e di miseria durante terribili anni di guerra, quando qualcuno di essi, provato dalle privazioni di libertà, dalle penurie economiche, dall’ angosciante situazione della disoccupazione, sceglie di strapparsi dal suolo natio e attraversare l’Oceano sorretto dalla speranza di poter vivere in un mondo migliore.
Trovo molto interessanti le parole che l’autore rivolge a noi lettori prima di addentrarci nel vivo della storia, quando ci confessa che dopo aver sempre scritto tante cose di storia locale ma fuori dalla sua vita personale, per la prima volta ha sentito il bisogno di “scavare dentro di sé”. Ecco quindi che mette in mano la prima stesura del suo romanzo autobiografico ad alcune persone attente sensibili e preparate che anticipassero al comune lettore, il loro giudizio di merito. Mi congratulo con l’autore, proprio come lettrice, per questa speciale scelta introduttiva alla sua opera, che mi permette di sottolineare il pensiero del giornalista Efrem Tassinato, il quale, fra altre luminose considerazioni, definisce questo lavoro “…ancor più pregevole, perché riempiendo un vuoto di memoria, evita crisi di estraniamento dalla proprie radici ed eventuali crisi di identità”. E in conclusione aggiunge che“…è in una seconda rilettura che questo libro fa emergere il bello di una scoperta ancor più grande cioè l’emozione di rivivere in modo traslato una sorta di altra vita.” …. Prendo al volo quest’ultima affermazione che condivido appieno e se possibile la rinforzo, ribadendo che, se la prima lettura di questo libro è interessante e sorprendente per la vivacità espressiva con la quale Gianni Storari sa mettere insieme il presente con il passato e viceversa, la seconda regala spunti di riflessione sul nostro stare al mondo, invitandoci a fermarlo per chi viene dopo di noi. E, last but not least, consolida la visione dello sfondo socio politico economico della nostra storia.
Buona prima e seconda lettura a tutti.
Elisa Zoppei