Mercantini Luigi

…a cura di Graziano M. Cobelli

Poesia

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Luigi Mercantini

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Inno di Garibaldi

Si scopron le tombe, si levano i morti;
I martiri nostri son tutti risorti:
Le spade nel pugno, gli allori alle chiome,
La fiamma ed il nome — d’Italia sul cor.
Veniamo! Veniamo! Su, o giovani schiere,
Su al vento per tutto le nostre bandiere,
Su tutti col ferro, su tutti col fuoco,
Su tutti col fuoco — d’Italia nel cor.
Va fuora d’Italia, va fuora ch’è l’ora,
Va fuora d’Italia, va fuora, o stranier!

La terra dei fiori, dei suoni e dei carmi,
Ritorni, qual era, la terra dell’armi;
Di cento catene ci avvinser la mano,
Ma ancor di Legnano — sa i ferri brandir.
Bastone Tedesco l’Italia non doma,
Non crescon al giogo le stirpi di Roma;
Più Italia non vuole stranieri e tiranni:
Già troppi son gli anni — che dura il servir.
Va fuora d’Italia, va fuora ch’è l’ora,
Va fuora d’Italia, va fuora, o stranier!

Le case d’Italia son fatte per noi,
È là sul Danubio la casa de’ tuoi;
Tu i campi ci guasti; tu il pane c’involi;
I nostri figliuoli — per noi li vogliam.
Son l’Alpi e i due mari d’Italia i confini;
Col carro di fuoco rompiam gli Apennini,

Distrutto ogni segno di vecchia frontiera,
La nostra bandiera — per tutto innalziam.
Va fuora d’Italia, va fuora ch’è l’ora,
Va fuora d’Italia, va fuora, o stranier!

Sien mute le lingue, sien pronte le braccia;
Soltanto al nemico volgiamo la faccia,
E tosto oltre i monti n’andrà lo straniero
Se tutta un pensiero — l’Italia sarà.
Non basta il trionfo di barbare spoglie;
Si chiudan ai ladri d’Italia le soglie;
Le genti d’Italia son tutte una sola,
Son tutte una sola — le cento città.
Va fuora d’Italia, va fuora ch’è l’ora,
Va fuora d’Italia, va fuora, o stranier!

Se ancora dell’Alpi tentasser gli spaldi,
Il grido d’all’armi darà Garibaldi:
E s’arma allo squillo, che vien da Caprera,
Dei mille la schiera — che l’Etna assaltò.
E dietro alla rossa vanguardia dei bravi
Si muovon d’Italia le tende e le navi:
Già ratto sull’orma del fido guerriero
L’ardente destriero — Vittorio spronò.
Va fuora d’Italia, va fuora ch’è l’ora,
Va fuora d’Italia, va fuora, o stranier!

Per sempre è caduto degli empi l’orgoglio;
A dir — Viva Italia! — va il Re in Campidoglio;
La Senna e il Tamigi saluta ed onora
L’antica signora — che torna a regnar.
Contenta del regno fra l’isole e i monti,
Soltanto ai tiranni minaccia le fronti:
Dovunque le genti percuota un tiranno
Suoi figli usciranno — per terra e per mar.
Va fuora d’Italia, va fuora ch’è l’ora,
Va fuora d’Italia, va fuora, o stranier!

***

La spigolatrice di Sapri

Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!

Me ne andavo al mattino a spigolare,
quando vidi una barca in mezzo al mare:
era una barca che andava a vapore;
e alzava una bandiera tricolore;
all’isola di Ponza s’è fermata,
è stata un poco e poi è ritornata;
è ritornata ed è venuta a terra;
sceser con l’armi, e a noi non fecer guerra.

Sceser con l’armi, e a noi non fecer guerra,
ma s’inchinaron per baciar la terra,
ad uno ad uno li guardai nel viso;
avean tutti una lagrima e un sorriso.
Lì, li dissero: ladri usciti dalle tane,
ma non portaron via nemmeno un pane;
ma li sentii mandare un solo grido:
«Siam venuti a morir pel nostro lido».

Con gli occhi azzurri e i capelli d’oro
un giovin camminava innanzi a loro.
Mi feci ardita, e, presol per mano,
gli chiesi: «Dove vai, bel capitano?»
Guardandomi, rispose: «Cara sorella…
vado a morir per la mia patria bella».
Io mi sentii tremare tutto il core,
che non potei dirgli: «V’aiuti il Signore!»

Quel giorno dimenticai di spigolare,
e dietro a loro decisi d’andare.
Due volte si scontrar con li gendarmi,
e l’una e l’altra li spogliar dell’armi;
ma quando fur della Certosa ai muri,
s’udirono suonar trombe, gridi e tamburi;
e tra fumo, spari, urla e scintille
piombaro loro addosso più di mille.

Eran trecento, e non vollero fuggire;
parean tremila e vollero morire:
vollero morir col ferro in mano,
e avanti a loro correa di sangue il piano:
fin che pugnar vid’io per lor pregai;
ma a un tratto venni men, né più guardai;
io non vedeva più fra mezzo a loro
quegli occhi azzurri e quei capelli d’oro.

Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!

Poesie da: www.poesiedautore.it
Foto da:
www.ilgraffio.online
Biografia da: Wikipedia

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