Perdonà Claudia – “Un bacio sul naso rosso”
…a cura di Elisa Zoppei
Cari amici del Condominionews, questa volta vi invito a leggere un libro “speciale”, agile e fresco, scritto da una giovane donna che ha più volte condiviso con me la passione per la lettura accompagnandomi in giro per scuole e biblioteche. Brava. È vero quindi che passare alla scrittura nutriti di tanta lettura, è la via naturale per dare alle stampe qualcosa che ne valga la pena, non solo per dire qualcosa di noi ma anche per dirlo agli altri. Non voglio aver l’aria di fare la solita paternale, ma davvero ribadisco che l’unico modo di scrivere bene è leggere tanto. Mi dà ragione il successo che Claudia Perdonà ha ottenuto a giusto merito con Un bacio sul naso rosso, il suo primo libro uscito solo cinque mesi fa con l’Editore Perosini, nel novembre del 2014 e andato subito a ruba.
Claudia Perdonà
. . .nasce a Vipiteno nel 1968. Dopo qualche anno di insegnamento alla scuola primaria, ora è docente di Lettere alla scuola secondaria di primo grado di San Giovanni Lupatoto ( Vr), il paese dove vive con la famiglia. Svolge il suo lavoro con passione attenta e sincera, cercando soprattutto di alimentare nei suoi alunni la corrispondenza biunivoca della relazione educativa. Usa il naso rosso come oggetto carismatico che l’aiuta a sdrammatizzare la tensione delle interrogazioni, le paure dei brutti voti, le ansie di prestazione. L’ha scelto per dare il titolo alla sua storia quasi come una sfida a se stessa per prendere lo slancio e buttarsi nella mischia degli scrittori (forse ormai più numerosi dei lettori) e magari strapparci un commosso sorriso.
Copertina: “Un bacio sul naso rosso”
Un bacio sul naso rosso rappresenta un sorprendente esordio letterario. Dalle sue pagine, insieme alla storia di un papà che nel teatro della vita esce prematuramente di scena, trabocca l’amore di una figlia che usa il mezzo ideale fornitole dalla natura, ma coltivato tenacemente nel tempo, per tenerlo vivo accanto a sé: la scrittura. Si scrive per non morire, e per non lasciar morire.
Claudia, in quello che io definisco il suo piccolo “Capolavoro d’Amore”, ha fatto la cosa migliore, dedicando al padre la parte più viva di sé che, oltrepassando la devozione filiale, l’ha impegnata in un lavoro di rielaborazione (e forse sublimazione) del loro rapporto di reciproca adorazione e affettuosa complicità. Lo ha gelosamente ricomposto e custodito dentro di sé, come sostegno per camminare ora sui sentieri non sempre agevoli della vita, senza di lui. Penso che lavorandoci sopra e maturandolo sia poi riuscita a staccarsene per condividerlo con il fuori di sé, consegnando a noi lettori una immagine vincente e solare della figura paterna, affrancata dal rischio dell’oblio. Ne ha fatto un libro che si legge in un soffio, richiamandoci continuamente dentro le parole, per fissare immagini che rasserenano e beneficano il cuore.
Nello scrivere del suo Papi, occhi azzurri e ridenti, mentalità controcorrente, impiegato alle ferrovie, ma anche intraprendente inviato giornalista, consumato attore di teatro, per niente incline a lasciarsi imbavagliare dalle convenzioni, Claudia ci dice molte cose di sé. Ci racconta che questo meraviglioso papà le ha fatto assaporare tante volte la meravigliosa sensazione di libertà correndo insieme a lei per prati e boschi, nei verdi velluti di Colle Isarco (Vipeteno), il pesino di montagna dove era nata nel 1968: paesello da sogno, di poche anime, coi balconi fioriti di gerani, percorso dal fiume limpido e gelido, incorniciato da montagne svettanti, ricco di boschi profumati: un vero paradiso per le vacanze. Le è di conforto ritornare con la memoria al tempo della sua infanzia, quando nei lunghi viaggi in macchina per recarvisi, il papà giocava alle tabelline con lei e i fratelli, e durante i tremendi temporali che vi si scatenavano d’estate, inventava passatempi numerali per insegnarle a vincere la paura dei lampi e dei tuoni. La chiamava Iris, nome che racchiudeva il suo destino, fatto di gesti d’amore, di sguardi d’intesa, di quotidiani travasi di comprensione profonda.
Ha imparato da lui tutto quello che le serviva per approcciarsi al mondo attrezzata di coraggio, di fiducia, di attenzione agli altri, di salutare ottimismo: un corredo ideale da impegnare poi nel suo realizzarsi come donna, madre e insegnante. E nel disegno di un suo scolaretto, è diventata una maestra gialla e calda come il sole. Poi nel momento fatale è stata una figlia maternamente vigile saggia e amorosa. Averlo accompagnato fino al suo ultimo respiro e fino all’ultima dimora, non l’ha allontanato da lei, ma le è rimasto quasi materialmente stabilito fianco a fianco alla sua anima. Così lo sente.
È vero Claudia, non sappiamo dove vanno le persone che amiamo quando ci lasciano. Ma sappiamo dove restano, e, come hai ben capito tu, continuano a vivere in ciò che siamo. Il tuo papà continua a vivere in te, nella figlia alla quale ha insegnato ad amare “gratuitamente” e a innamorarsi ogni giorno dell’immenso dono che è la vita.
Anch’io ho perso il mio papà quando avevo 26 anni e dopo quasi cinquant’anni, la ferita è ancora aperta. Non ho potuto stargli accanto come te e sussurrargli le parole del mio amore. Per conciliarmi con la sua perdita, lasciami prendere a prestito come te i versi del poeta Camillo Sbarbaro:
Padre, anche se tu non fossi il mio padre,
io per te stesso comunque t’amerei
È un libro molto interessante, narrativamente disinvolto, snello e vivace e last but not least scritto in maniera impeccabile. Grazie Claudia
Grazie anche all’amico Editore Pierluigi Perosini che premia costantemente i migliori talenti produttivi di storie degne di diventare libri.
È reperibile presso: pperosini@tiscali.it
unbaciosulnasorosso@gmail.com