Boito Arrigo
…a cura di Graziano M. Cobelli
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Le foglie
Nascean le stelle; la lontana chiesa
Emanava armonie. Reprobamente
Vagolando pe’ campi io le sentivo;
E una voce, repente,
Surta dall’ombra e che parea d’un vivo
Gridommi a lato: — «Tutto ciò che pesa,
Uomo, ha peccato.»
Io tutto mi restrinsi per paura,
Nè corpo vidi che paresse accanto;
La notte s’avanzava e in bel celeste
Cangiava l’amaranto.
Era l’ora che fa le cose meste,
Quando negli orti — fra le vecchie mura
Errano i morti.
La sinistra parola m’avea scosse
Le radici del core e all’aura bruna
Vagavo al pari di corsier che aòmbra.
Le foglie ad una, ad una,
Cadean dai rami lor, pagine d’ombra,
E in vol scosceso — parean carche e mosse
Da un grave peso.
Se non è fatua visïon che illuda
La mente mia, pensai, qual è il peccato
Che sì vi fuga o foglie intorno, intorno?
E allor la larva a lato
«Esse tremar di voluttà quel giorno,»
— Mi rispondeva — «che covrir la nuda
Bellezza d’Eva.»
***
Case Nuove
Zappe, scuri, scarpelli.
Arïeti, mattelli,
Istrumenti di strage e di ruina,
L’impero è vostro! O tempi irrequïeti!
L’umanità cammina
Ratta così che par sovra una china.
Sorge ogni giorno qualche casa bianca
Grave di fregi vieti.
Scuri, zappe, arïeti.
Smantellate, abbattete e gaia e franca
Suoni l’ode alla calce e al rettifilo!
Piangan pure i poeti.
La progenie dei lupi e delle scrofe
Oggi è sovrana e intanto le pareti
Della vecchia cittade hanno un profilo
Scomposto e tetro, — simigliante al metro
Di questa strofe.
Già gli augelletti fidi
Più non trovano i nidi
Consueti fra il tetto e la grondaia
E sul sacro mister de’ focolari
Viene a urtar la mannaia.
Le muraglie diroccano, a migliaia
Fuggon l’ombre de’ cari
Defunti, e in lagni amari
Volan gridando
All’onta e al duol dell’esecrato bando!
E la casa s’è fatta invereconda.
Gli strazïati lari
Mostrano al sole l’alcova e la fogna
Senza pietà di vel che li ripari.
E il cieco brancolante in sulla sponda
Della contrada — smarrirà la strada
Com’uom che sogna.
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Poesie da: www.poesiedautore.it
Foto e Biografia da: Wikipedia