Cavazzocca Mazzanti Vittorio
…a cura di Giancarlo Volpato
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Poligrafo, ricercatore, sportivo, giornalista, Vittorio Cavazzocca Mazzanti nacque a Verona il 4 luglio 1860. Era il terzo figlio di Bartolomeo, erede di una celebre e nobile casata che aveva acquistato il secondo cognome già nel secolo XVII, e di Rosanna Casati, donna di ricca discendenza. Il padre aveva abbracciato le cause di un’Italia libera partecipando ad ogni momento politicamente importante e fu il primo sindaco di Lazise italiana nel 1867. La madre, nel 1856, era diventata la proprietaria de “La Pergolana”, la splendida villa sul lungolago che da Lazise sale verso Bardolino e progettata da Giacomo Franco: sarà questa la casa dove, oltre a Corte Farina, in pieno centro veronese, Vittorio trascorrerà molta parte dei suoi giorni.
La figura del Nostro passò alla storia come quella di un uomo particolare: ricco possidente e, quindi, per nulla spinto dall’idea di dovere darsi da fare per vivere, ebbe la straordinaria capacità di mettere a profitto la propria curiosità intellettuale, di comprendere la forte evoluzione che il mondo stava mettendo in moto, di dare possibilità, alla propria bravura intellettuale, di cimentarsi con quanto a lui piaceva e con quanto la cultura, la scienza, la storia potevano avere dato: fu, probabilmente, tra i maggiori e – certamente tra i migliori, visti gli esiti – di coloro che, tra la fine dell’Ottocento e la prima parte del Novecento, lasciarono opere, ricerche, documenti e novità; fu, anche, tra i pochi che si cimentarono nell’ambito dello sport turistico che non sempre aveva da vedere con quello agonistico. Proprio per questi molteplici interessi, egli apparve come un eclettico, uno strano “signore” che, vestito come ad un aristocratico conveniva, non aveva alcun problema a pedalare con la bicicletta, a cimentarsi fermandosi a guardare le scritte antiche rimaste, a chinarsi sulle pietre del passato: chiaramente egli era un personaggio fuori dagli schemi quotidiani, anche quando – ormai conosciuto sia per la sua cultura sia per la figura di studioso sia per il modo con cui si accostava a tutti e a tutto ciò che poteva intellettualmente interessare – era divenuto una delle figure che il mondo veronese aveva apprezzato ma, forse, non quanto sarebbe stato necessario: cosa della quale Vittorio Cavazzocca Mazzanti non si curò assolutamente.
Assai poco si conosce dell’attività scolastica del giovane conte; tuttavia, al di là e ben oltre i titoli di studio, egli fu un autodidatta formidabile; non aveva avuto una formazione scientifica che gli avesse permesso di affrontare lavori impegnativi di ampio respiro, dal taglio complesso e che abbracciassero i tempi lunghi della comparazione; gli mancava una preparazione storica profonda: ma questa fu la disciplina ch’egli amò più di altre e nella quale lasciò buoni esiti; non lo interessarono, forse, i grandi affreschi che armonizzavano la cultura del mondo o, probabilmente, non rientrarono mai nei suoi specifici interessi. Fu, come sopra scritto, un autodidatta di lusso, da annoverare nella schiera di studiosi di formazione personale, di bibliotecario-erudita che nell’epoca sua annoverò illustri nomi passati tra le fila dei grandi. Il rigore scientifico, la precisione archivistica, la mole delle ricerche nobilitano, ancora oggi, persone come Vittorio Cavazzocca Mazzanti: massimamente per l’attenzione precisa nella descrizione di personaggi e di eventi che denotano la sua capacità di lettura di documenti facendo comprendere la costante attenzione alle carte e agli archivi.
Lasciò moltissimi scritti – sempre frutto di ricerche personali – sia pubblicati sia manoscritti; molto ricca fu la sua biblioteca personale soprattutto conservata nella villa La Pergolana di Lazise; quest’ultima, da tempo, è totalmente scomparsa per molte delle cause apparentemente insignificanti (ma non vere). Ricca, invece, è quella archivistica raccolta nella Biblioteca civica veronese.
Fu un notevole precursore del turismo quale attività rilevante per la mente e per il corpo.
Tuttavia, prima d’immedesimarci nella lunga serie di opere (sulle quale vi sarà da dire), appare opportuno mettere in rilievo la sua attività di sportivo, di giornalista, di attento conoscitore e di gestore delle varie incombenze alle quali fu chiamato.
Lo sport da diporto, alla ribalta grazie alla concomitante uscita e alla conseguente utilizzazione della bicicletta e dell’automobile, fece di lui un accanito difensore dei due mezzi: fu feroce contro i ciclofobi, contro i nemici del progresso meccanico, contro chi riteneva lesi ed usurpati i diritti dei pedoni, contro gli abituati alla carrozza, contro quelle amministrazione che ostracizzavano i velocipedisti e contro gli atavici residui del perbenismo che reputavano indecorosa la bicicletta per la donna e per i preti. Così va vista la sua collaborazione serrata e piuttosto lunga nel tempo a periodici sportivi italiani, francesi e belgi sui quali pubblicò cronache, articoli cólti, note di costume, resoconti di gare, lettere ed elzeviri che stavano a mezzo tra la descrizione dell’evento e la riflessione sociale. Firmava spesso con lo pseudonimo di John Sportsman per il quale egli era molto noto, anche se questa non fu l’unica firma apposta alla lunghissima collaborazione giornalistica. Iniziò a scrivere all’età di 17 anni, ma – come egli stesso compilò per una sua schematica autobiografia – si sentì legato dal 1883 a “Lo sport illustrato” di Milano, “L’automobile” (1899), “La stampa sportiva” di Torino (1910), “Le bulletin officiel” del Touring Club del Belgio (1900), “Le vélo” di Parigi (1904), “La domenica del corriere”, “La bicicletta”, “La gazzetta dello sport”, “L’automobile belge” e molti altri giornali o periodici; si permetteva – allora forse era anche un grande pregio – d’illustrare con una cartografia da geografo provetto, i percorsi delle prime gare ciclistiche e automobilistiche: da abile chauffeur, organizzava corse sulle strade della provincia e, in particolare, sui tornanti della Lessinia anche come radunatore di appassionati. Era un ottimo conoscitore del francese e del tedesco, collaborò con chiunque lo chiedesse; era, anche, un buon latinista.
Come ciclo-turista, a titolo di esempi – ma non furono i soli – il conte Cavazzocca, nel 1900, fece un viaggio pedalando da Lazise e attraverso l’Europa centrale giunse ad Amsterdam fermandosi dove riteneva opportuno e ritornando attraverso la Francia e la Svizzera; l’anno successivo, partendo dalla sua casa in Corte Farina di Verona toccò Monaco di Baviera, il Brandeburgo, Berlino, Praga, Dresda ritornando per Vienna, Klagenfurt, Pontebba per oltre 2500 chilometri in due mesi. Questa passione non rimaneva mai senza frutto poiché egli amava descrivere le sue esperienze: anche per questo diventò corrispondente di riviste, di giornali italiani e stranieri inviando articoli firmandoli con gli pseudonimi più strani e diversi ch’egli coniava giocando, sovente, con i luoghi, con i nomi di persone quasi fosse un impegno enigmistico.
Proprio nel 1900 e proseguendo negli anni successivi, tra le molte cose a lui attribuite, a Vittorio Cavazzocca Mazzanti si dovette ascrivere un importante problema risolto; occupandosi dello sviluppo della nuova industria automobilistica e aviatoria, egli si adoperò affinché si perfezionassero le ricerche sull’alcool industriale quale carburante e se ne facesse concretamente, anche in Italia la denaturalizzazione. Se ne parlò alla Camera dei Deputati e, dopo, avvenne il libero commercio dell’alcool denaturato; fece – a proprie spese – due mostre: una a Conegliano e una a Roma per discuterne l’uso.
Il Nostro si vantò sempre di essere stato uno dei fondatori del Touring Club Ciclistico Italiano; molti gli attribuirono questo onore. A tale proposito bisogna sottolineare la sua adesione totale contro ogni forma di conservatorismo culturale: si batté strenuamente affinché ai turisti fossero riconosciuti diritti e doveri: nacque anche dalle sue forti prese di posizione negli articoli giornalistici, il Touring Club Italiano; egli riteneva che l’associazionismo fosse una carta vincente per l’incipiente turismo che vedeva l’Italia – e il Lago di Garda, tra i primi – come luogo amato dagli stranieri. Egli stesso si vantò, sempre, di avere aperto strade all’attività sportiva, come fonte per l’apprendimento della bellezza. Per questo occupò posti importanti alla Società di ginnastica e in quella ciclistica della città, fu delegato del Touring italiano, tedesco e belga per la collaborazione da lui portata: Verona, ma non solo, lo premiò largamente per questo.
Un altro merito di Vittorio Cavazzocca fu quello di studioso. Cercando di dare una senso preciso all’attività in questo enorme campo, dobbiamo dividere i suoi interessi.
Alla storia delle famiglie nobili veronesi dedicò quanto altri faranno dopo di lui: la Biblioteca Capitolare, quella Civica, gli archivi furono i luoghi dove passava giorni ed egli, con capacità che alcuni studiosi di oggi dovrebbero invidiargli, fornì risultati importanti. Si occupò degli Alighieri a Verona, all’Umanesimo veronese dedicò grande attenzione: ad Agostino Brenzoni di San Vigilio, a due illustri lacisiensi dell’inizio del 1400 quali il giurisperito Aleardo Gafforini e il letterato Antonio da Lazise detto Partenio che illustrò davvero l’epoca anche con i suoi allievi; scrisse sul matematico Francesco Feliciano Scolari del secolo successivo, figura eminente nella sua disciplina; si occupò di Francesco Fontana, che nel 1824 scoprì la salicina da cui derivarono i salicilati utilizzati in tutto il mondo medico; non dimenticò la storia della sua casata.
Strade, chiese, avvenimenti nella storia di Verona e della sua provincia videro in lui un ottimo ricercatore. Aveva vent’anni quando Cavazzocca iniziò a pubblicare interessandosi delle memorie, delle cronache del passato: citiamo solo (ma si rimanda alla Bibliografia per una corretta lettura) la storia dei primi giornali, della Compagnia dei Bombardieri, dell’andamento dei prezzi dei mercati nei secoli precedenti, delle straordinarie ricerche archeologiche ed epigrafiche. Ciò che stava accadendo al territorio lo vide furiosamente polemico: demolizioni, sventramenti, interventi edilizi di ogni genere stavano mettendo a ferro e fuoco il patrimonio storico, artistico e paesaggistico di Verona, della provincia, con particolare riguardo al comprensorio benacense: alle antichità di queste terre egli si dedicò non solo come colto e raffinato divulgatore, ma anche come appassionato ed erudito ricercatore e, in veste ufficiale, come Regio Ispettore Onorario per i Monumenti e Scavi per i distretti di Bardolino, Caprino e San Pietro Incariano. Si occupò di iscrizioni romane, medioevali, di tutto ciò che ricordava le civiltà del passato: il torrione di Lazise, l’Arco dei Gavi di Verona, la via Postumia; da pioniere si occupò di Luigi Negrelli e dell’istmo di Suez, di archeologia subacquea.
Alla storia e ai documenti della sua Lazise dedicò moltissimo: dalle calamità naturali alle bellezze artistiche, dalle storie del lago ai soggetti campestri. Alla ricostruzione degli eventi, Cavazzocca volle dare quanto essi meritavano; gli articoli – quelli stampati e conosciuti, assai minori di numero da quelli manoscritti e mai apparsi alla lettura – erano sovente assai ricchi di notizie con una vera capacità bibliografica. Palazzi, persone, luoghi, momenti della vita non passarono mai inosservati alla curiosità e alla capacità intellettuale dell’erudito: anche laddove – ma assai pochi furono i casi – egli si limitava a fornire notizie senza approfondire, Cavazzocca Mazzanti lasciò il segno: pure, e ci permettiamo di sottolinearlo, nei piccoli primissimi vademecum per i turisti. Egli ritenne che la salvaguardia delle bellezze del passato avrebbe aperto la curiosità oltreché l’intelligenza della gente prevedendo, in questo, quanto gli studiosi avrebbero dovuto fare mettendo a profitto le ricerche mai fini a se stesse.
Collaborò con tutte le riviste: da “Madonna Verona”, la pubblicazione periodica dei Musei Civici, diretta da Giuseppe Gerola sulla quale nacquero interessanti riflessioni critico-scientifiche, agli Atti dell’Accademia, all’“Archivio storico veronese”, ai quotidiani cittadini. Non bisogna non ricordare, però, la grande messe di manoscritti ch’egli lasciò e che sono stati regolarmente catalogati presso la Biblioteca civica cittadina; come appare necessario ricordare che tutti gli studiosi del tempo gli furono amici e, sovente, molto attenti alle sue ricerche: citiamo solo Luigi Messedaglia (v. questo Sito), Gino Sandri, Giuseppe Biadego, Carlo Cipolla (v. questo Sito), Antonio Avena e molti altri anche non italiani.
Per queste molte sue attività, il conte Vittorio Cavazzocca Mazzanti godette di buone attenzioni. Oltre agli incarichi nel Touring Club Italiano, sopra citati, egli fu consigliere comunale di Lazise, nel 1909 fece parte della Commissione “Per le antichità e belle arti”, membro corrispondente e poi effettivo dell’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona, della Regia Deputazione di Storia patria di Venezia, socio corrispondente dell’Ateneo di Brescia e di Salò, rappresentò il comune di Verona per il Museo, per l’Accademia Cignaroli, per la Biblioteca Civica dove rimarrà per un quindicennio e che fu il più proficuo per le sue ricerche storiche.
In definiva, si può bene affermare che il conte Vittorio Cavazzocca Mazzanti fu un aristocratico che usò i suoi mezzi economici e d’intelletto per dare un senso ideale alla sua vita, per non guardare solo a se stesso, per studiare il passato affinché le testimonianze di quest’ultimo fossero il risalto della storia dell’uomo e che rappresentassero le porte ad un futuro che stava aprendo il mondo: da quello culturale a quello economico. Scelse di vivere da solo, senza sposarsi.
La morte colse il conte Cavazzocca il 13 agosto 1943 a Lazise nella sua Pergolana, la villa e la chiesa intorno alle quali spese le sue ultime energie di ricercatore. A lui è intitolato lo splendido lungolago che, dal paese, sale verso Bardolino.
Bibliografia: questa appare molto numerosa, per cui limiteremo a quanto è fondamentale: Massimo Ragnolini, Vittorio Cavazzocca-Mazzanti, “Vita veronese”, a. 30 (1977), n. 3-4, pp. 89-93; Daniela Brunelli, Fondo Vittorio Cavazzocca Mazzanti (1860-1943), in Invito al libro: interventi e proposte per la valorizzazione e il recupero del patrimonio librario della Biblioteca civica di Verona, Verona, Assessorato alla cultura, 1992, pp. 29-31; Vasco S. Gondola, Cavazzocca Mazzanti, Vittorio in Dizionario Biografico dei Veronesi (sec. XX), a cura di G.F. Viviani, Verona 2006, pp. 224-225; Vittorio Cavazzocca Mazzanti, un erudito veronese tra Otto e Novecento: atti del Convegno tenuto a Lazise, Villa La Pergolana il 4 ottobre 2003, a cura di Giancarlo Volpato, Lazise, Associazione “F. Fontana”, 2007, pp. 3-333: questo volume contiene tutti gli studi sulle ricerche del conte, la bibliografia completa delle opere pubblicate (eccette quelle giornalistiche), la storia della casata, la biografia dell’uomo come ciclista raccontatore della nascita dello sport di massa in Europa, lo studioso di Umanesimo, il ricercatore di archeologia ed epigrafia; la lunga parte finale raccoglie l’elenco critico di tutti i suoi studi su Lazise.
Giancarlo Volpato