Confortini Pietro
…a cura di Giancarlo Volpato
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Medico chirurgo, trapiantatore d’organi, nefrologo, Pietro Confortini (meglio conosciuto come Piero) nacque a Ferrara l’8 maggio 1924. Primo di tre fratelli, grazie ad una famiglia discretamente benestante che si trasferì a Padova, egli frequentò il Liceo scientifico “Ippolito Nievo” nella città veneta; poi s’iscrisse alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’ateneo patavino laureandosi brillantemente nel 1950 con una tesi sulla sindrome di Ehlers-Danlos, una connettivopatia ereditaria sviluppata soprattutto nei bambini: una tipologia di ricerca molto importante, ma che non sarà affatto l’oggetto successivo delle sue ricerche.
Subito dopo la laurea, Confortini cominciò a prestare servizio come giovane assistente presso l’Istituto di Patologia Chirurgica di Padova allora diretta da un luminare della scienza medica quale Vittorio Pettinari; iniziò qui l’attività di ricerca che si focalizzò, all’inizio, sui problemi e sulle metodiche della glicemia, della protrombina, del sangue e sulle varie proteine sieriche in diverse condizioni patologiche. La scuola del maestro fu molto rilevante: egli aveva indirizzato la sua scuola verso la patologia renale e alla realizzazione dei trapianti d’organo. Fu in questo modo che il giovane medico incontrò, in alcuni malati, l’insufficienza renale acuta: si accostò a questa grave forma di malattia per la quale, nel 1952, costruì un modello di rene artificiale, in collaborazione con Ferdinando Siracusano che diventerà, più tardi, primario a Messina creando il primo centro di emodialisi della Sicilia. Da quell’anno, la cura dell’uremìa divenne lo scopo principale della sua attività clinica e di ricerca. Il Nostro eseguì, in quell’anno, proprio le prime emodialisi sperimentali e poi, nel 1953, quelle ufficiali ed effettive su pazienti affetti da insufficienza renale acuta. Confortini e Siracusano adottarono un modello di rene artificiale, utilizzato da due altri grandi studiosi quali Mario Battezzati e Carlo Taddei dell’ateneo genovese, poiché quest’apparecchio era maggiormente rispondente ai bisogni dei malati: per primi lo usarono su due pazienti affetti da insufficienza renale acuta, ricoverati all’Ospedale al Mare di Venezia.
In pochi mesi essi riuscirono molto bene nel processo di emodialisi con questo nuovo strumento; grazie a questo portarono l’Italia all’avanguardia – non solo dal punto di vista sperimentale – per gli effetti positivi conseguenti: lo comunicarono al “1° Symposium del rene artificiale” tenuto a Rapallo l’1-2 maggio 1954. La strada era aperta anche se quanto veniva fatto non era garanzia di vita continua. Ciò che già allora distingueva la vita di Confortini era la continua attività per migliorare le condizioni di pazienti affetti dall’insufficienza uremica; la lucidità che contraddistinse sempre l’attività del Nostro lo condusse a sostenere la necessità di équipes medico-infermieristiche specializzate e di laboratori adeguatamente attrezzati per la corretta conduzione di una seduta dialitica.
Fu chiamato a presentare l’ultimo modello del rene artificiale dei suoi due colleghi genovesi al Convegno di Pretoria, in Sud-Africa, nell’ottobre 1955: qui utilizzò – dal vivo, con pazienti malati – l’esperimento; rimase qualche mese in quel paese, pubblicò – con il collega A.J. Leonsins dell’Università di Johannesburg – un saggio scientifico sull’insufficienza renale acuta e sugli effetti ottenuti tramite il nuovo apparecchio. Iniziò qui la fama internazionale del giovane medico cui si aggiunse quella come autore di saggi e scritti (saranno 75 alla fine) soprattutto in inglese sull’uremìa e le conseguenze della stessa.
Ritornato in Italia, riprese il lavoro nella clinica dell’Ateneo patavino dove, sempre nel 1955, conseguì l’abilitazione all’insegnamento, diventò assistente di ruolo presso la Clinica chirurgica, alternò i suoi giorni tra l’insegnamento agli studenti universitari e agli specializzandi e gli esperimenti per i malati di insufficienze renali; rimanendo nell’ambito prettamente universitario, Piero Confortini conseguì una serie di abilitazioni. In urologia nel 1958, due anni dopo in patologia speciale chirurgica e propedeutica clinica, poi in clinica chirurgica generale nel 1965; partecipò a concorsi universitari entrando nella terna di semeiotica chirurgica nell’Ateneo di Sassari, poi nella cattedra di urologia a Palermo. Nel 1959 divenne assistente di ruolo incardinato a Padova. Durante la sua presenza presso l’Istituto di Patologia Chirurgica di questa Università, fu un docente molto apprezzato da studenti e da specializzandi, sostituì sovente il Primario, eseguì operazioni ed esercitò, soprattutto, attività di ricerca scientifica con esperimenti su reni e su malattie uremiche: tutto questo (fu un’attività al di là di ogni regola giornaliera) gli valse il conferimento, negli anni 1956-57, 1957-58 e 1958-59, del premio di operosità scientifica da parte dell’Università di Padova.
A lato di questa brillante carriera accademica, che lo vide anche relatore ufficiale, invitato e presente in numerosissimi congressi italiani e stranieri, oltreché presidente di alcune specializzazioni quali anestesia, chirurgia e urologia, il Nostro fu chiamato – in quegli anni – a tenere delle lezioni nell’Università di San Francesco in California. Divenne amico dei suoi maestri quali Paride Stefanini, Edmondo Malan e cominciò una profonda colleganza con Girolamo Sirchia: saranno i padri – con Confortini – dei trapianti in Italia e in Europa; bisogna sottolineare, comunque, che furono moltissimi i medici e professori collaboratori con lui grazie, ma non solo, al suo carattere assai aperto, pieno di sorrisi, mai suprematista e sostanzialmente attento a quanto di utile e importante poteva essere fatto per i malati e per i pazienti che si appressavano per essere curati. I viaggi in America e nei paesi europei avevano lo scopo primario ch’egli si era imposto: quello di apprendere, esperimentare, trovare rimedi per coloro che soffrivano – allora spesso morivano – per gravi insufficienze renali.
Nel 1963 egli effettuò le prime dialisi periodiche del nostro paese su pazienti affetti da insufficienza renale cronica; piano piano, si capì che anche questo metodo, più efficace degli altri, non risolveva i veri problemi dei malati. Tra 1963 e 1966, egli eseguì i primi trapianti di rene su cani: Piero Confortini aveva capito – da tempo – che la soluzione doveva essere quella del trapianto.
Nel 1967 vinse il concorso e dal 1° marzo di quell’anno fu nominato Primario della “Terza Divisione Chirurgica” dell’Ospedale Maggiore di Verona, che comprendeva pure un Centro di Emodialisi. La città scaligera divenne la sua patria, la sua residenza, il luogo dov’egli mise a profitto le ricerche; anche il neonato secondo triennio della Facoltà di Medicina e Chirurgia (allora ancora dipendente da Padova fino all’autonomia dell’ateneo veronese che avvenne nel 1982), poté godere dell’insegnamento, dell’esperienza e del coinvolgimento di quel Confortini ancora giovane, ma universalmente noto: qui ebbe incarichi per Clinica Chirurgica, Chirurgia Generale, Urologia mentre tenne costantemente l’insegnamento di Dialisi presso l’ateneo patavino.
Il 26 aprile 1966, a Roma, eseguito da Pietro Valdoni, con Paride Stefanini e Raffaello Cortesini, avvenne il primo trapianto di rene da vivente. Ben presto ci si rese conto della peculiarità della trapiantologia e della necessità di fondare una nuova società scientifica specialistica che affrontasse le problematiche legali, organizzative e scientifiche dei trapianti d’organo: una nuova possibilità terapeutica per i pazienti affetti da insufficienza terminale d’organo. Nacque così la S.I.T.O. (Società Italiana dei Trapianti d’Organo e Tessuti): era luglio 1966 e, a Roma presso la 2° Clinica Chirurgica dell’Università La Sapienza, 29 persone firmarono la nascita ribadendo, soprattutto sul secondo comma: “La S.I.T.O. non ha scopo di lucro e si propone di promuovere le conoscenze e la realizzazione dei trapianti di organi e tessuti”. Piero Confortini era presente assieme ai massimi chirurghi di allora. Il mondo dei molti sofferenti aveva finalmente trovato la via giusta. Egli sarà il terzo Presidente, dal 1975 al 1978.
Il 29 novembre 1968, Pietro Confortini, assistito da Giusto Ancona che sarà il suo successore, effettuò il secondo trapianto di rene in Italia, all’Ospedale Maggiore di Verona: questa volta da un donatore cadavere; colui che ricevette ebbe una vita di almeno una decina di anni; da quel giorno l’attività del grande chirurgo non avrà pause e i trapiantati, che riceveranno non sempre da persone vive, conosceranno un’altra forma della loro vita; egli effettuerà il primo trapianto da vivente, sempre nella nostra città, nel 1972.
Con Decreto del Presidente della Repubblica gli fu conferita, il 4 giugno 1969, la Medaglia d’Oro al Merito della Sanità Pubblica: anche il mondo esterno si era accorto che cosa avesse fatto quest’uomo, piuttosto silenzioso su quanto che faceva e che non aveva mai sbandierato i suoi meriti.
Da allora, furono moltissimi i viaggi effettuati all’estero, (non solo europei, tra l’altro) per studio, per consulenza, per assistenza anche per la fama che si era conquistato: la strada dei trapianti non si sarebbe mai fermata. Nel giro di pochi anni, l’Ospedale di Verona venne acquistando una conoscenza mondiale: grazie a lui e all’équipe che aveva guidato, la sua Divisione diventò il fulcro degli interessi scientifici del settore; egli, comunque, aveva aperto la strada dei trapianti in Italia: il suo lavoro dette modo ad altri chirurghi di guardare al trapianto con sguardi molto migliori.
Non sempre, tuttavia, le norme giuridiche furono consapevoli e attente alle necessità; il regolamento della legge 644 del 2 dicembre 1975 colse di sorpresa anche Confortini e fu una doccia gelata; quando già s’intravvedeva il decollo del trapianto di rene, la brusca frenata determinata da nuove procedure burocratiche sembrò inaccettabile. E, allora, l’uomo che aveva contribuito ad aprire le strade della salvezza di molti pazienti, aprì una forte battaglia affinché venisse modificata la legge sui trapianti: anche coloro che non avevano mai visto il primario veronese lo accolsero in riunioni in molte parti d’Italia. Coloro che scrissero su di lui e chi lo conobbe dissero che Piero Confortini organizzò una titanica lotta contro l’inefficienza e l’indifferenza; pubblicò anche qualcosa affinché tutti sapessero quanto una burocrazia pesante, spesso “ignorante”, deturpasse la sanità pubblica e coloro che ad essa avevano dedicato la vita; i giornali del tempo raccontarono le forti prese di posizione; la sua coerenza, nella quale coinvolse altri medici, finì per diventare bersaglio di quanti non volevano (e non vogliono anche oggi) rispettare i princìpi del buono e corretto funzionamento massimamente laddove si lavora per la salute e la salvezza degli altri. Pagherà, più tardi, ingiustamente e violentemente.
Nel 1976, con Edmondo Malan e Girolamo Sirchia, fondò il Nord Italia Transplant Program (NITp), un’organizzazione interregionale di coordinamento per il trapianto di organi di cui fu Presidente dal maggio 1979 sino alla sua morte.
Le non poche persone che parlarono di lui lasciarono delle immagini difficilmente conosciute da chi non ebbe modo di incontrarlo o di avere rapporti con lui: e non furono solamente i medici colleghi o la moglie Edda e le figlie Isabella e Maria Sole. Prima di essere un Primario che aveva condotto l’ospedale ad essere uno dei fulcri luminosi della trapiantologia e della chirurgia in senso lato, egli era un uomo: sorridente, amatissimo dai malati verso i quali aveva una grande capacità di comunicare, era un entusiasta del suo lavoro, non si considerava uno stoico: per ottenere buoni risultati, “bisogna crederci”, lasciò scritto. “Era un uomo generoso, sorrideva sempre, sempre intento a fare qualcosa: e, prima di tutto, venivano i pazienti, poiché nessuno – raccontava la moglie – deve stare solo nel dolore”. Girolamo Sirchia, il grande medico bergamasco, suo amico e primo sostenitore dell’AIDO (Associazione Italiana Donatore di Organi), scrisse che Confortini, tra le molte sue qualità, ne lasciò alcune fondamentali: l’insegnamento del lavorare onestamente e tenacemente per migliorare, la pazienza, la professionalità, il sorriso a chi soffriva, l’uguaglianza dei malati. Da lui l’Ospedale di Verona trasse lustro e rilevanza.
Fu uomo attento anche a molte altre cose: amava la musica, si interessava di cinema e scriveva – su queste sue passioni – sui giornali veneti del tempo; della generosità aveva fatto uno degli amori dei suoi giorni.
Nel novembre 1981 Pietro Confortini subì un’aggressione: fu preso, imbavagliato e minacciato di morte dai terroristi. Egli confessò a Girolamo Sirchia che il trauma subìto in quel momento lo aveva sconvolto e non lo avrebbe mai dimenticato: quella violenza gli lasciò, purtroppo, assai più di una paura. Egli era stato un’altra vittima della follia di quei giorni: quella che aveva cercato di dissestare il sistema colpendone i punti nodali e gli uomini che lo sostenevano con la loro intelligenza, con onestà e tenacia.
Due settimane dopo, veniva còlto da una morte improvvisa mentre stava sciando, con i familiari, sulle nevi dolomitiche presso Cortina d’Ampezzo: era il 24 dicembre 1981; l’aggressione, la paura, il terrore di quel giorno non erano passati senza lasciare tracce profondissime. Lo ricordarono tutti i giornali e i giornalisti – amici anche per il legame della carta stampata – parlarono di lui: Indro Montanelli, Enzo Biagi, Nantas Salvalaggio, Cesare Marchi e tanti altri.
A lui è stato intitolato il “Polo Chirurgico Confortini” all’Ospedale Civile Maggiore di Borgo Trento nel 2010; sinora, qui sono stati effettuati oltre 3000 trapianti di rene: l’80% di essi avvengono da donatore deceduto. La nostra città, non solo per questo ma soprattutto per questo, è diventata famosa nel mondo: per la serietà, per la bravura e per l’eccellenza clinica. Padova e Verona hanno dedicato una via a Pietro Confortini.
Bibliografia: I giornali, in molte occasioni e negli avvenimenti importanti, hanno dedicato articoli; ci limitiamo ad una bibliografia vicina e più rintracciabile: Giovanni Battista Fogazzi, Archivi storici della Nefrologia Italiana: Pietro Confortini (1924-1981): un chirurgo che dedicò la propria vita a combattere l’uremia, “Giornale Italiano di Nefrologia”, a. 18 (2001), n. 2, pp. 208-215; Giuseppe Ferrari, Confortini Pietro, in Dizionario Biografico dei Veronesi (secolo XX), a cura di G.F. Viviani, Verona 2006, pp. 249-250; I trapianti a Verona tra passato e futuro, a cura di Gianfranco Prati, Verona, Azienda Ospedaliera Universitaria-Università di Verona, 2008 con il saggio di Girolamo Sirchia, Piero Confortini, un pioniere del secolo scorso, pp. 7-22; Associazione Rene Trapiantati Italiani (A.R.T.I.), La nostra storia: in ricordo del carissimo prof. Piero Confortini, Verona, A.R.T.I., 2019; Leonio Callioni-Francesca Boldreghini, Volti di rinascita: 55 storie di trapianti (ma potrebbero essere 55.000), Milano, Baldini & Castoldi, 2024.
Giancarlo Volpato
Fonti:
Foto da: L’Arena.it