Etimologia 31 (espressioni dialettali)
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Etimologia 31 (espressioni dialettali)
Parliamo di soldi! Non per guadagnarne o spenderne, ma per analizzare le parole del dialetto ai soldi riferite. La voce piú comune è ancora oggi il famoso schèi, usata soltanto nella forma plurale. La sua origine è relativamente recente: quando l’Austria dominava il Lombardo-Veneto, alcune monete di poco valore recavano sul retro la scritta österreichische Scheidemünze («moneta divisionale austriaca»). I sudditi veneti leggevano la seconda parola pronunciandola all’italiana, e interpretandola come un composto schei de Munze, quasi l’ultimo termine fosse un nome di persona o di località; da qui, ben presto si accorciò l’espressione nel solo schèi, dandole il significato plurale di «soldi».
Siccome si trattava di monetine piccole, le loro dimensioni vennero accostate a quelle del centimetro, per cui ben presto la gente foggiò una forma singolare scheo, con cui si indicò sia una di queste piccole monete sia il centimetro (ancora oggi, infatti, si sente dire p. es. ghe manca un scheo per «ci manca un centimetro»…).
Con l’arrivo delle armate francesi arrivò anche, nella Repubblica Cisalpina e poi nel Regno d’Italia napoleonico, la moneta di oltralpe detta franc. Questa venne da subito equiparata per valore alla lira veneta, sicché col tempo la gente definí automaticamente franco la lira, qualunque lira. Ricordo qui che poco prima della seconda guerra mondiale le mogli premurose badavano a che il marito non uscisse senza denaro, per cui si sentiva dire no vojo mia che te vai fora sensa un franco in scarsèla! «non voglio che tu esca senza una lira in tasca!».
Giovanni Rapelli