Etimologia 43 (Postuma) – (Espressioni dialettali)
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Etimologia 43 (Postuma) – (Espressioni dialettali)
In ogni parlata, lo sappiamo tutti, vi sono parole assai antiche. A volte esse hanno subìto col tempo variazioni anche notevoli, a volte sono rimaste invariate per secoli e secoli: per il primo caso basti pensare all’italiano “pialla”, alterazione del latino planula, per il secondo è degno di nota il veronese cuna, che continua – da duemila anni! – un’identica parola latina.
Ora, vi sono molte espressioni che noi usiamo regolarmente e che possono essere spiegate solo riportandoci mentalmente al passato.
Queste espressioni, o modi di dire, contengono talvolta un termine che fuori di esse non ricorre mai; oppure contengono termini normalissimi, ma ciò nonostante non se ne afferra più, oggi, il significato originario.
Vediamone alcune.
1. A una persona che passa da una porta e non se la chiude dietro, noi diciamo spesso, ironicamente: Gh’è-to i moréti? È chiaro a tutti che la frase letteralmente significa «hai i moretti?», ma non è altrettanto chiaro il perché la diciamo. I moréti sono qui i negretti, i ragazzini di origine africana o araba che i Veneziani portavano talvolta con sé di ritorno dai loro traffici nel Levante per impiegarli nelle proprie case come servitori. Si trattava in pratica di schiavi, sia pure in una condizione incomparabilmente diversa da quella degli schiavi negri delle Americhe. La frase in questione, quindi, voleva dire in origine: “ehi tu, hai i negretti che ti chiudono la porta dietro?”.
2. Di una persona che ha pochi soldi, a Villafranca si dice: no ’l ghe n’à gnanca da passar el ponte. È evidente, qui, il riferimento a quando sui ponti, specialmente quelli su fiumi secondari, si doveva pagare un pedaggio in favore di un comune o di uno degli staterelli in cui si suddivideva l’Italia prima dell’unificazione. Ancora a cavallo del nostro secolo [oggi scorso, n.d.r.], a Verona si doveva pagare un pedaggio di una “palanca” per passare sul Ponte Garibaldi. Successivamente, è sorta un’altra epressione, no ’l ghe n’à gnanca da traversar la strada; ma non è che una variante della frase sucitata.
3. Un noto proverbio dice: el mal el vien sùbito e ’l va via de onsa in onsa. Cioè “il male viene improvviso e se ne va poco a poco”; letteralmente, «a oncia a oncia». Abbiamo qui il ricordo di un’antica misura di capacità, l’oncia, che fu usatissima fino alla comparsa del sistema metrico decimale (inizi dell’Ottocento; consolidatosi, tuttavia, solo verso la fine di tale secolo). Anche dopo, però, l’oncia fu a lungo usata in certi casi, per esempio nel misurare l’olio di ricino; molti ricorderanno che fino a 30-35 anni fa [a oggi sono 60-65 anni fa, n.d.r.] questa medicina si comperava a once (e quando un ragazzo era svogliato o aveva poco appetito, il rimedio classico era darghe ’n’onsa de oio).
Giovanni Rapelli
Articolo apparso nella rubrica “L’angolo culturale: storia di parole” in “La voce socialista” n. 7, 1° luglio 1988, pag. 6.