Etimologia 80 (Postuma) – (Storia)
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Etimologia 80 (Postuma) – (Storia)
“Il ghetto ebraico di Verona – parte 1”
Il ghetto di Verona fu istituito nel 1604. Prima di quell’anno, gli ebrei veronesi risiedevano un po’ dovunque in città; e prima ancora, essi abitavano nella “contrada di S. Sebastiano”, più esattamente nella zona delimitata da vicolo Crocioni, via Cappello, via Cairoli e piazza Navona. Quivi era stato loro concesso di stabilirsi nel 1408. In vicolo Crocioni, gli ebrei adibirono un locale a sinagoga; non si sa di preciso dove fosse tale locale, ma qualcuno crede che vada identificato con la costruzione che forma un angolo sulla sinistra del negozio di chincaglierie Martini. Queste notizie, e gran parte di quelle che seguono, sono desunte da Nello Pavoncello, Gli Ebrei in Verona, dalle origini al secolo XX, Verona 1960.
Ma torniamo al Ghetto. Venezia, con l’istituzione del primo ghetto italiano (1516), aveva offerto una soluzione al problema di come evitare i contatti fisici tra cristiani ed ebrei, e ben presto altre città la seguirono: Roma e le città pontificie nel 1555, Firenze e Siena nel 1571 ecc. Nel 1585, in una riunione del Consiglio di Verona, il Provvisore del Comune Giovanni Battista Marani affrontò la questione dell’istituzione di un ghetto a Verona. Quattordici anni dopo, si stabilì che il ghetto sorgesse tra le vie Mazzini e Pellicciai; furono quindi stipulati dei contratti d’affitto coi padroni delle case in questione e nel 1604 il Ghetto era una realtà. Il suo lato meridionale era sull’attuale via Quintino Sella; quello settentrionale si appoggiava alle case e ai negozi (cristiani) che davano su piazza Erbe. La strada principale, l’attuale via Portici, era detta “strada grande del Ghetto”. Un’altra strada (“via delli Carcereri”) andava lungo l’edificio della Camera di Commercio fino in piazza Erbe; tutte le uscite dal Ghetto erano comunque chiuse da porte, e sorvegliate da guardie.
Il Consiglio generale della comunità ebraica redasse uno statuto per organizzare la vita nel Ghetto, ispirato agli statuti dell’epoca comunale. «La prima cura era rivolta alla difesa del Ghetto stesso; si istituisce perfino l’obbligo di partecipare alla milizia del Ghetto, con la funzione di guardia notturna. Nell’adempimento del loro compito di notte le guardie ebree sono autorizzate a portare ogni specie di arma. Inoltre la Comunità ottenne anche il controllo delle guardie municipali, addette alla custodia delle porte del Ghetto, in quanto le chiavi della sede di queste guardie vennero affidate agli Ebrei».
L’entrata principale e l’uscita del Ghetto erano sormontate da due grandi scritte in latino, annuncianti che in quel luogo erano stati rinchiusi gli ebrei su proposta del vescovo veronese Agostino Valier (o Valerio) e per decreto del Senato veneto, coi nomi delle varie autorità coinvolte nell’operazione. Quasi due secoli dopo, le scritte vennero abbattute: secondo il Pavoncello, durante la Rivoluzione Francese, ma pare più probabile, invece, all’arrivo dei francesi a Verona nel 1796. Per fortuna, ci sono state tramandate negli appunti di un viaggiatore inglese che visitò Verona nel 1608-1609.
All’epoca la comunità ebraica consisteva di 400 membri; e venticinque botteghe di Verona, tra cui le quattro-cinque maggiori, erano di proprietà ebraica. È singolare come la notizia dell’istituzione del ghetto venisse accolta con gioia dagli ebrei veronesi, a differenza delle altre comunità, che considerarono la data dell’istituzione del ghetto come giorno di lutto generale. Non solo, ma gli ebrei di Verona commemorarono dal 1605 ogni anno, fino all’epoca della Rivoluzione Francese, l’inaugurazione della nuova sinagoga, che coincideva con la fine del trasloco nel Ghetto; per l’occasione si svolgeva una funzione religiosa nel tempio sfarzosamente illuminato, dopo della quale erano portati in processione attorno alla sinagoga i rotoli della Torà e il Rabbino teneva un discorso sulla morale del giorno. Questa cerimonia non trova riscontro, a quanto si sa, in nessun altro luogo d’Europa.
Giovanni Rapelli
Articolo apparso in “Verona Fedele” 23 gennaio 1983.