Etimologia 83 (Postuma) – (Storia)
…a cura di Giovanni RapelliPer le tue domande scrivi a >>> info@giovannirapelli.it
Etimologia 83 (Postuma) – (Storia)
“Il ghetto ebraico di Verona – parte 4”
I banchi di prestito, comunque, dovevano svolgere un’attività intensa, come in tutti gli altri luoghi abitati da ebrei, per lo meno fino al momento in cui venne fondato il Monte di Pietà. I Monti di Pietà infatti, furono espressamente istituiti perché i cristiani non ricorressero più agli ebrei per procurarsi denaro in prestito. A Verona, il Monte di Pietà fu eretto nel 1490; come scrive il Pavoncello, le autorità erano nell’occasione liete di «liberarsi finalmente dell’empio abisso della malvagità giudaica». Ciò non toglie che il parroco chiedesse, alla fine del secolo scorso, un prestito a un banco ebraico; in seguito, non avendolo potuto restituire, fu costretto a cedere a quest’ultimo una casa con “brolo” annesso.
Tra i cognomi delle famiglie che abitavano nel ghetto, si ricordano quelli dei Levi, degli Oliva, dei Todischi; l’ultima famiglia ebrea se ne andò nel 1913, e a partire dal 1930 il quartiere cominciò a essere demolito. La costruzione, una ventina d’anni fa [oggi una sessantina, n.d.r.], della cantina sociale e, successivamente, di una banca hanno alterato considerevolmente la fisionomia dell’antico ghetto.
A Villafranca, “Ghetto” è il nome delle case disposte sul lato nord di via Pace (il lato verso Verona) dall’incrocio col corso principale al palazzo Morelli-Bugna escluso. Alcuni, però, estendono tale denominazione anche alle case sull’altro lato, dal corso Vittorio Emanuele, a via Gandini; altri ancora credono che il “Ghetto” comprendesse tutto il lato nord di via Pace fino all’incrocio con via Bixio. Non si è conservato nessun ricordo della presenza degli ebrei, e questo mi fa pensare che essi abbiano abbandonato Villafranca parecchio tempo fa, da un 150 anni [oggi 190, n.d.r.] come minimo.
Nel 1483 Marin Sanudo scrisse il suo famoso Itinerario per la terraferma veneta, che riportava le impressioni di un suo viaggio attraverso il Veneto. A Villafranca egli trova «una rocha con molte caxe dentro (che, era habitade da Judei)». Il Bonamini crede che quella rocca non fosse altro che il castello, osservando che anche se le casupole non sussistono più, si può ancora scorgere il luogo del castello dove esse erano costruite; il Pavoncello obietta che il castello avrà ospitato gli ebrei solo per un periodo di tempo determinato, perché il fatto che una via porti il nome di Ghetto «dimostra anche il nome del luogo della nuova residenza».
Francamente, non mi pare si possa essere d’accordo con la conclusione del Bonamini. Il castello di Villafranca era nel 1483 una poderosa opera difensiva che, eventualmente, sarebbe stata definita dal Sanudo “la” rocca, non “una” rocca qualsiasi. Forse la rocca a cui accenna il Sanudo sorgeva proprio sul lato nord dell’attuale via Pace; se ciò è vero, gli ebrei avrebbero sempre abitato nello stesso luogo. Essa poté essere demolita in seguito per un qualche motivo. Nel castello vi furono certo delle abitazioni, si vedono ancor oggi i fori che ospitavano le travi dei tetti, ma con ogni probabilità le case furono costruite ancora all’epoca delle lotte tra Veronesi e Mantovani, per poter alloggiare la truppa ed eventualmente la popolazione del paese.
Giovanni Rapelli
Articolo apparso in “Verona Fedele” 23 gennaio 1983.