Gambaro Ivancich Paola
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Entomologa agraria, biologa, Paola Gambaro nacque a San Martino Buon Albergo il 28 maggio 1914. Compì gli studi a Verona, poi all’Università di Padova conseguì la laurea in Scienze Naturali nel 1937 e qualche anno dopo quella in Medicina e Chirurgia: ma di quest’ultima ella non usò mai poiché la sua vita fu esclusivamente orientata verso lo studio dell’entomologia applicata. Dal 1937 al 1946 si occupò di anatomia comparata su vertebrati presso l’Istituto di Zoologia dell’ateneo patavino oltreché ricerche di biologia pura nel campo dell’embriologia sperimentale e dell’istologia pubblicando una decina di lavori scientifici. Poi abbandonò tale disciplina poiché fu attratta da quanto poteva interessare la presenza di afidi, parassiti, acari e da tutto quanto rientrava nel campo entomologico.
In questo ambiente, le sue attenzioni si rivolsero ai fitofagi soprattutto del pesco – poi tutti i fruttiferi diventeranno oggetto dei suoi interessi scientifici – chiarendo i cicli biologici delle specie e determinando, in questo modo, i periodi utili per i trattamenti antiparassitari.
La sua sperimentazione, allorché lasciò gli istituti universitari, avvenne quasi sempre in maniera pressoché privata. Molto attenta a quanto accadeva nella ricerca del mondo dell’agraria legata a tutto ciò che poteva, in qualsiasi modo, attaccare le piante, Paola Gambaro utilizzò la sua tenuta agricola di Negrar, che gestiva personalmente, quale luogo di osservazione: l’acuto spirito di profonda cura su quanto accadeva, riuscì a farla conoscere – nonostante il carattere retrivo e sostanzialmente riservato e solitario – al di fuori del piccolo ambiente del Veronese dove, peraltro, ella portò, pressoché totalmente, le sue attenzioni.
Le sue ricerche partivano dalle conoscenze biologiche di base e si aprivano con lo studio della dinamica delle popolazioni degli insetti e dei fattori biotici e abiotici che le influenzavano e, quindi, con la stima dell’importanza economica. Solo allora, con le conoscenze acquisite, la Gambaro indicava la scelta di eventuali trattamenti dei quali osservava sempre gli effetti secondari. A questo proposito, tutto il mondo scientifico dell’entomologia agraria, le riconobbe il merito di avere dimostrato e constatato sperimentalmente come alcuni trattamenti antiparassitari fossero la causa principale delle pullulazioni di acari fitofagi per l’azione negativa svolta sugli acari predatori loro antagonisti. Fu proprio nell’immediato dopoguerra – quando, tra l’altro, si aprì dappertutto lo studio verso i problemi gravi dell’agricoltura infestata – che la studiosa, lavorando con un gruppo del Centro Nazionale di Ricerca, approfondì e mise in chiaro i cicli dei vari parassiti: l’ibernamento, la fecondità, l’espandibilità. Nel suo laboratorio privato, inoltre, impostò la lotta biologica con alcune scoperte, la più nota delle quali fu la diapausa, cioè, in sintesi, quali fossero i fattori ambientali coinvolti nell’evolversi di un diverso numero di generazioni di insetti nocivi alle piante. Tutti le riconobbero, in queste ricerche, notevoli acquisizioni scientifiche.
La Gambaro fu la prima in Italia ad accorgersi di questo e, in base ai suoi studi, molte cose mutarono proprio nel campo dei trattamenti: e ciò, in speciale modo, sulle colture arboree da frutto (specialmente pesco e melo), della vite e delle fragole. A proposito di queste ultime, quando all’inizio degli anni ’60 si verificò nel Veronese l’enorme espansione della coltura delle stesse e, conseguentemente, l’espandersi pure di parecchi insetti dannosi (in particolare i lepidotteri tortricidi fitofagi), fu proprio Paola Gambaro che ne individuò la pericolosità e, grazie alle sue ricerche, si trovarono gli antidoti.
Nel 1957 la scienziata sposò Mario Ivancich, appassionato tecnico agricolo con vasta esperienza e andò a vivere nell’azienda di lui collocata a Raldon dove, da allora, ella condusse la maggior parte delle sue ricerche, risiedendo nella casa di Oppeano. Tra l’altro, da quel momento in poi, ella abbinò il proprio cognome a quello del marito firmando in questo modo tutte le sue pubblicazioni e, talvolta, premettendo il secondo al primo.
Grande amica dei veronesi Sandro Ruffo, una delle menti più alte dell’entomologia mondiale e di Dino Rui, direttore dell’Osservatorio per le malattie delle piante, Paola Gambaro uscì assai poco dal suo mondo veronese, se non per convegni internazionali ai quali – se avesse potuto – non sarebbe andata.
Applicò l’acume che aveva avuto con le fragole occupandosi della vite: mise a confronto vigneti con diversi programmi di lotta antiparassitaria per il controllo di artropodi e malattie fungine; da questo osservatorio poté dimostrare l’attività acaricida di taluni anticrittogamici. Ne seguì un ampio dibattito, non scevro da polemiche: ma nel 1985, in una riunione scientifica presso la Comunità Europea, Paola Gambaro Ivancich ebbe il riconoscimento pubblicò della bontà della tipologia della ricerca con le conseguenti necessarie prese di posizione.
Il contributo della studiosa sanmartinese, che pubblicò 75 opere scientifiche, alcune delle quali uscite sulle riviste mondiali più prestigiose, sfociò, in definitiva, nella pratica realizzazione della “lotta integrata” in agricoltura. Molti suoi contributi furono pubblicati su “L’Informatore agrario”, prestigiosa rivista veronese di carattere internazionale. La Gambaro, che non era una semplice teorica, tenne sempre presente che i risultati, dopo ampia sperimentazione, dovevano avere anche risultati validi sul piano economico. L’idea conduttrice che la studiosa perseguì sempre fu quella di far sì che i suoi studi di entomologia agraria raggiungessero capillarmente il mondo dell’agricoltura avendo, così, uno scopo applicativo. Per i suoi meriti scientifici l’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona l’accolse tra i suoi membri effettivi nel 1954.
Il suo spiccato individualismo che la portava alla scienza ma con un’indipendenza intransigente, il lavoro nel suo laboratorio privato assai attrezzato personalmente, lo sguardo fisso alla sua tenuta di Raldon dove seguiva quotidianamente l’evolversi degli insetti e degli acari di cui si occupava, fecero di lei un personaggio abbastanza strano: frequentava biblioteche leggendo tutto quanto accadeva nel mondo dell’entomologia agraria, era in contatto con studiosi internazionali, ma visse nella solitudine massima assieme a quel marito per il quale Paola Gambaro lasciò tutto quanto accadeva fuori e che fu il suo principale collaboratore.
La vita della studiosa fu anche travagliata da gravi lutti: la morte del suo sposo, la scomparsa della sorella gemella, illustre pediatra veronese, con la quale era andata a vivere: ma la scienziata era dotata di una tempra forte, silenziosa, apparentemente distaccata, però piena di attenzioni per gli altri meno fortunati. E furono questi altri che ebbero in dono la tenuta di Raldon (che confinava tra il comune di San Giovanni Lupatoto cui apparteneva civilmente e quello di Oppeano) e quella di Negrar: lasciò a Don Marino Pigozzi che gestiva la GAV (Giovani Amici Veronesi), una cooperativa di persone afflitte da disabilità psichiche, entrambe le proprietà agricole: oggi, la “Fattoria Margherita” produce ortaggi e frutti biologici prodotti con il lavoro di persone meno fortunate.
Paola Gambaro Ivancich scomparve a Bovolone il 16 ottobre 1996. San Martino Buon Albergo le ha dedicato un “Centro Culturale”.
Bibliografia: Sergio Zangheri, Paola Gambaro Ivancich (1914-1996), “Atti e Memorie dell’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona”, 175, a.a. 1998-1999, pp. 47-56; Sergio Zangheri, Gambaro Ivancich Paola, in Dizionario Biografico dei Veronesi (secolo XX), a cura di G.F. Viviani, Verona, 2006, pp. 401-402; Onlus Giovani Amici Veronesi: Res, non verba, in “Victorzero: la voce della Croce Verde di Verona”, n. 12, dic. 2008, p. 8.
Giancarlo Volpato