Tantini Giovanni
…a cura di Graziano M. Cobelli
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Giovanni Tantini, nato a Verona nel 1939, risiede ad Oliosi di Castelnuovo del Garda (VR). Laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Padova, Professore di Diritto Commerciale dell’Università degli Studi di Verona prima presso la Facoltà di Economia, dal 1996 alla Facoltà di Giurisprudenza sempre dell’Ateneo veronese, sulla medesima Cattedra che occupava ad Economia, fino al giorno del suo collocamento in pensione nel novembre 2010.
Dopo il pensionamento ha continuato ad insegnare a Giurisprudenza con contratti annuali sempre nell’ambito della stessa materia.
Parallela all’insegnamento ha sempre svolto la professione di stimato Avvocato, che continua tuttora, nel suo Studio in Verona.
Nel passato ha avuto incarichi presso la Società Letteraria di Verona ed in altre importanti Associazioni Culturali della città, che ogni tanto frequenta ancora appassionatamente.
Insospettabile Poeta, mi si rivela solo pochi anni fa, facendomi dono di un libricino con una quindicina di sue Poesie in Lingua, che ha fatto stampare in un centinaio di copie, solo per regalarlo come strenna Natalizia a parenti ed Amici intimi e dopo due anni una seconda pubblicazione sempre con le medesime caratteristiche.
Una Poesia la sua a tratti ermetica ma che lascia tracce per poter essere “catturata”, per poter essere legata ad emozioni condivisibili, a volte carica di alta espressione culturale, a volte semplice, fruibile, oserei dire casalinga pur mantenendo le distanze dalla banalità.
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Ali
L’ala di un gabbiano,
o di un modello di balsa,
forse un aliante;
in quella fessura d’aria chiara
tra i rami del castagno
per un istante è corso via
il ragazzo che sono stato
o che, forse, è ancora in me
in qualche angolo che ignoro.
Il mistero di un’ala
simbolo di cose che ignoriamo
e neppure lei sa,
come un sentimento puro
che ci rende visibili agli altri
come ci vede un angelo,
o un sopire che schiude la porta
a doni antichi e insondabili.
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Torri del Benaco
Quella sera di settembre
si risaliva il lago
bordo su bordo,
con vento fresco,
fiocco olimpico e due mani.
Siamo entrati nel porto
di Torri, tra barche
piccole e colorate,
i loro remi e le dirlindane,
il molo basso
la bitta sopra gli scalini.
L’hanno fatto i pescatori
ascoltando i loro vecchi
sui ricordi di altri vecchi
senza architetti, né carte.
Con esatta misura,
hanno messo le pietre con le
mani.
Ma da nord, da sud,
da ovest non entrano
il suèr, l’òra, l’ánder
quando soffiano gagliardi sotto
la montagna.
Passa l’onda scura
che vien giù da Riva,
ma resta fuori
senza agitarlo.
L’acqua è calma
sotto i gialli fanali.
Piegate le vele,
messe in chiaro le cime,
andremo a bere un bicchiere
sotto la limonaia.
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