Grezzana Luigi Giuseppe – “Lungo i fossi”
…a cura di Elisa Zoppei
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Noi Veronesi di città e provincia conosciamo il prof. Luigi Giuseppe Grezzana e lo stimiamo per la sua intensa attività, sia come medico che come uomo di cultura, tanto da considerarlo una vera e propria Istituzione. Già Primario di Geriatria all’ospedale di Borgo Trento, e Direttore del corso superiore di Geriatria della Scuola medica ospedaliera di Verona, in quel campo è uno dei medici più impegnati e responsabili del nostro tempo.
Mi ha attratto questa sua affermazione “Leggo molto e qualche volta oso scrivere. È una gioia e un po’ una liberazione. Ci si sente dentro le storie e si vuole raccontarle a qualcuno” (da “Il maglione grigio antracite” Bonaccorso – editore, 2016 ).
Così ho pensato che valesse la pena presentarlo come scrittore/narratore di storie. Lo propongo alla vostra lettura, sicura che ne avrete piacevole benessere e serenità.
Nato a Verona il 22 Marzo 1942, si è laureato nel 1966 (a soli 24 anni), in Medicina e Chirurgia a Padova. Successivamente ha conseguito, la specializzazione, oltre che in Gerontologia e Geriatria, in Cardiologia e Malattie dell’Apparato Cardiovascolare e in Scienza dell’Alimentazione.
L’amore per lo studio, lo ha sempre accompagnato, sin dall’età adolescenziale insieme alla precoce passione per la moto, conservata fino ad oggi con intatta fedeltà. Usata come mezzo di libere corse lungo i fossi delle campagne nostrane e del delta del Po, la moto gli serve, non solo per vivere la brezza della libertà, ma per rifornire di aria buona non solo i polmoni, ma anche i suoi pensieri, rivolti per lo più, da sempre, ai problemi degli Anziani.
Di essi se ne è “innamorato” passo dopo passo, durante il lungo e articolato cammino della carriera medica, sempre sorretto dall’entusiasmo che gli ha fatto dire “chi sceglie di fare il medico avverte il desiderio di adoperarsi per gli altri, vivo bisogno soprattutto per il geriatra”. Sostenuto dalla sua innata predisposizione per la Geriatria e i suoi “vecchi”, nel 1992 ha ottenuto il ruolo di Primario di quel reparto presso l’Ospedale Civile Maggiore di Verona, che ha occupato fino al 2009. In seguito ha continuato la sua vita operativa all’interno del Dipartimento Interaziendale di Geriatria, con la carica di Presidente della Società Italiana di Geriatria e come Direttore, da 30 anni in qua, del Corso Superiore di Geriatria dell’Azienda Ospedaliera.
Da 20 anni è Direttore anche della Rivista Scientifica “Il Fracastoro”, Bollettino degli Istituti Ospitalieri di Verona.
Apertosi all’esterno, fin dal 1987 ha partecipato come docente alla fondazione dell’Università della terza età di San Martino Buon Albergo ed è stato docente molto richiesto nelle Università della Terza Età sparse sul territorio veronese. Dal 2016 è Ideatore e Rettore dell’Università dell’Educazione Permanente di Verona. Riconosciuto e premiato a livello internazionale per le sue pubblicazioni e meriti scientifici, ha un grande numero di seguaci alle sue lezioni, presso l’Auditorium veronese della Gran Guardia.
In questo racconto autobiografico, scritto in uno stile letterario garbatamente scorrevole e fresco, l’autore, proclama a voce spiegata, e a penna sciolta, che esercitare la scienza della Geriatria, da lui definita scienza dell’ottimo e del possibile, è una scelta vocazionale, dettata da quella preziosa saggezza, i cui i principali depositari sono gli anziani. Il suo debito va prima di tutto a quelli della sua famiglia, il nonno, il padre, la madre adorata e fiera delle sue bellissime snelle caviglie, poi ad altri maestri di vita e di medicina, incontrati lungo un brillante e fecondo cammino formativo e infine ai suoi amati pazienti dei quali non ha ancora finito di occuparsi.
Afferma con vigore che più che una nobile professione, questa per lui è soprattutto una scelta dettata dall’Amore. Dall’Amore verso le persone che dopo la giovinezza e la maturità, affrontano l’ultima stagione della loro vita: la senilità.
Considerati improduttivi, perciò inutili, i vecchi, non di rado, specie se si ammalano, diventano un peso per la famiglia, destinati come ultima spiaggia in case di accoglienza o di riposo. Ecco allora, che davanti a questa realtà così diffusa e socialmente radicata, il prof. Luigi Grezzana alza la sua voce dissenziente, la diffonde nei suoi libri, la fa vibrare nelle sue conferenze gremite di pubblico.
In “Lungo i fossi” scrive: “Gli anziani devono rimanere coi loro amori, nelle loro case, nel loro borgo, nel loro modo di vivere con i giovani e i giovani vivere con gli anziani. Sta al geriatra, diffondere e mantenere questa cultura”. È questo il suo straordinario imperativo categorico fermamente ripetuto nelle pagine di questo libro, assieme alle tante altre storie della sua personale partecipazione alla vita delle cose, della natura e di tanti altri esseri umani. Luigi Grezzana si mette in gioco come persona attenta e sensibile, come instancabile studioso di gerontologia e di altri espansi orizzonti culturali. Parlando di sé e di tutto ciò che gli gira intorno, dialogando con la gente, fermandosi con chi ha bisogno delle sue cure e del suo amore, ci fa entrare in riflessioni che sono lampi di luce da cui trae forza, fiducia e ispirazione. Dalla geografia territoriale, instabile e mutevole del Delta del Po, percorsa in lungo e in largo a cavallo dell’inseparabile BMW1200GS, da quei luoghi dal fascino selvaggio e primitivo, dove la gente è abituata a vivere senza confini, facendo un lavoro sempre precario, trae origine una serie di meditazioni, introdotte da pochi musicali versi poetici, dove “vagando lungo i fossi e cogliendo il borbottio dell’acqua, ascoltando la voce degli alberi, la carezza dei prati, il divenire dei colori …l’urlo del vento”, ha scoperto come in una illuminazione, che anche il lavoro del geriatra, rivolto alla cura degli anziani, non è mai scontato, che ogni risultato conquistato non è stabile per sempre.
Già nel saggio psicoclinicofilosoficopoetico “Tre onde più in là” (Bonaccorso-editore, 2010), scriveva che per curare i malati in età avanzata, c’è continuamente bisogno di inventarsi una strategia nuova, un approccio diverso. E poiché il geriatra ha a che fare con la fugacità e l’indefinito, ogni giorno deve cercare di spostare “tre metri più in là” la vita dei suoi pazienti”.
E in “Lungo i fossi” rinforza il concetto aggiungendo che è un lavoro difficile, che si impara giorno per giorno visitando i vecchi, sedendovisi accanto e parlando con loro, ascoltandoli, non “leggendoli” sui libri.
I suoi libri, però, oltre a questo, sì che vale la pena di leggerli. Parola mia.
Dalle loro pagine affiora una rara spontanea vena narrativa che affascina e avvince il lettore. Vi si raccontano una dopo l’altra, come ascoltando una voce conosciuta, storie vere passando da una riflessione a una considerazione, da una intuizione a un pensiero, da un ricordo a un fatto.
L’autore è lì seduto accanto a noi, ci parla della sua vita, ricorda gli anni infantili incrudeliti dalla guerra: il forzato abbandono della casa natale di Campalto (frazione di S. Martino Buon Albergo), la cinquecentesca villa di famiglia, sequestrata dalle SS tedesche, per cui i suoi dovettero riparare in alloggi d’affitto. In essa vi aleggiava la figura della zia Ida, morta giovanissima di tubercolosi. Di lei, del suo breve passaggio terreno, era rimasto solo un pregevole ritratto; e la stanza dove era morta era stata chiusa, divenendo la camera proibita. Tutto il resto durante la ritirata tedesca era stato dato alle fiamme. Anni dopo, rovistando nell’atavica soffitta, il nipote, che ora ci racconta la sua storia, aveva trovato una ciocca di capelli rosso fiamma conservati come una reliquia in “una scatoletta giallo oro”.
Ci racconta ancora del ritorno del babbo Silvino[1], chiamato in guerra come esperto conoscitore di motori e di macchine, e fatto prigioniero dai russi. Arrivò a casa dopo un lungo confino in un campo di concentramento siberiano. Era il 1945, l’undici novembre, il giorno di San Martino. Il bimbo aveva quasi quattro anni e il padre sconosciuto, per un po’ di tempo, era per lui “quello là”. Leggendo leggendo, sorridiamo delle sue scappatelle di ragazzo, strappate alle intense ore di studio nella solitudine di una cantina condominiale, nella zona dell’Arsenale veronese. Inseguiamo i suoi i sogni dietro la vespa, la lambretta e la voglia di correrci sopra. Lo vediamo attento, desideroso di conoscere e capire i vari sintomi delle malattie polmonari, esercitando, ancora studente, una lunga pratica di tirocinio nelle corsie dell’Ospedale Maggiore di Verona, dove si fa conoscere e benvolere per lo zelo con cui si prepara a diventare un bravo medico. Intanto ci parla di tutto, di come è nato il reparto geriatrico, dei grandi medici che prima di lui lo hanno reso famoso.
Guidato dalla convinzione che far vivere più a lungo gli anziani, con tutta una serie di attenzioni capeggiate dall’amore è riconducibile alla creatività, chiama in causa Leonardo da Vinci. Racconta che nel 2019, in occasione dei 500 anni dalla sua scomparsa, per il XXIX Corso Superiore di Geriatria, aveva organizzato l’incontro intitolato “Longevità e Creatività Italiana”, sicuro che il grande Leonardo, massimo esponente di fantasia, intuizione e creatività, avrebbe trovato nella Geriatria terreno fertile per la sua genialità. Se fosse stato un medico avrebbe scelto di essere un geriatra. Infatti la storia dei mezzi di trasporto e di lavoro motorizzati è costellata dalle meraviglie conquistate dalla creatività italiana, dalla moto falciatrice alla moto Guzzi, come tutto il lavoro della coltivazione dei campi e dei vigneti che richiede passione e inventiva giornaliera. Ma anche arrivare in piena povertà a inventare e la ribollita, la pearà o le paparele coi fegadini, è stato frutto di un pensiero creativo salvifico.
E sono soprattutto gli anziani che insegnano creativamente il dolore per la vita che fugge, per il corpo che invecchia, per l’amore che passa, e avvertono che sempre occhieggia lo stupore di chi comunque vuole ancora meravigliarsi. Grazie da noi tutti.
Buona lettura.
Vs Elisa
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Il libro può essere ordinato ad Amazon o richiesto alle librerie di Verona e Provincia o direttamente all’Editore Bonaccorso (via Mazza, 30/c – 37129 Verona – tel. 045 597159)
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[1] La storia di Silvio (Silvino) Grezzana è stata ampiamente ricostruita da Anna Solati e la si può leggere nel sito www.smartinoba.it nella rubrica Protagonisti.