Hosseini Khaled – “Mille splendidi soli”
…a cura di Elisa Zoppei
Per le tue domande scrivi a >>> elisa.zoppei@gmail.com
“…ogni fiocco di neve è il sospiro di una donna infelice da qualche parte del mondo.”
Carissimi amici lettori propongo alla vostra lettura un romanzo in cui si parla di un mondo in guerra, dove le donne vessate, maltrattate e uccise, “sopportano in silenzio tutto ciò che gli cade addosso”. Ho fatto questa scelta perché viviamo ogni giorno fra gli eventi drammatici e delittuosi che colpiscono donne giovani e meno giovani in tutte le parti del mondo, compreso il nostro Bel Paese. Qui siamo in Afganistan con lo scrittore Khaled Hosseini che, nel suo Mille splendidi soli, ha dato voce alla sofferenza delle donne della sua terra, condannate a subire violenze e soprusi di ogni tipo, atavicamente (e insensatamente) permessi alla forza bruta maschile. Vorrei che il nuovo anno 2017, portasse nel cuore di tutti noi la fiera volontà di bloccare questo dilagante criminoso femminicidio, esasperato dall’insieme di atmosfere negative etico libertarie, inquinate da errate politiche socio economiche, dove l’AMORE è messo al bando come qualcosa che non serve più a illuminare la vita umana e a salvare dal mal de vivre, perché di questo si tratta. In più vedrete che la lettura, o la ri-lettura se l’avete già letto, di questo straordinario romanzo, in cui è proprio l’amore che vince, vi terrà svegli anche la notte.
Note biografiche
Khaled Hosseini, nato a Kabul, il 4 marzo 1965, era l’ultimo di cinque fratelli. La madre insegnava persiano e storia in un liceo femminile di Kabul. Suo padre, un diplomatico in servizio presso il Ministero degli Esteri afghano, nel 1970 fu mandato a Teheran in Iran a lavorare presso l’Ambasciata dell’Afghanistan. Qui Khaled bambino, ebbe modo di leggere molta letteratura persiana, insieme a traduzioni di romanzi occidentali. I suoi ricordi del pacifico periodo pre-Sovietico dell’Afghanistan, come le sue esperienze con gli hazara afghani, lo hanno portato a scrivere il suo primo romanzo, Il cacciatore di Aquiloni. Inoltre un uomo hazara, Hossein Khan, aveva lavorato per la sua famiglia quando vivevano in Iran. Fu lui a insegnargli a leggere e scrivere quando era in terza elementare e anche se la sua relazione con questo servitore/maestro è stata breve e piuttosto formale, i racconti che gli fece gli furono di ispirazione per la descrizione del rapporto tra Hassan e Amir, protagonisti del romanzo.
Nel 1973, nella stessa notte in cui nacque il fratello più piccolo di Hosseini, il re afghano, Zahir Shah, fu spodestato con un colpo di stato dal cugino, Mohammed Daoud Khan. La famiglia tornò a Kabul, ma nel 1976 il Ministero trasferì ancora la famiglia Hosseini, questa volta a Parigi. Nel 1980 sarebbero dovuti tornare a Kabul, ma nel frattempo in Afghanistan il potere era passato nelle mani di un’amministrazione filo-comunista, appoggiata dall’Armata Rossa. Temendo l’impatto della guerra sovietica in Afghanistan, la famiglia Hosseini chiese e ottenne l’asilo politico negli Stati Uniti e, nel settembre 1980, si trasferirono a San José, in California. Dato che avevano lasciato tutte le loro proprietà in Afghanistan, per un breve periodo vissero di sussidi statali, fino a che il padre riuscì a risollevare le sorti della famiglia intraprendendo numerosi lavori. Khaled Hosseini si laureò in medicina presso l’università statale di San Diego, e prima di dedicarsi alla scrittura, esercitò la professione di medico. Nel 2004 (Ed. Piemme) uscì il suo primo romanzo, Il cacciatore di aquiloni, un eccezionale caso editoriale di portata internazionale, per oltre cinque anni nella bestseller list del New York Times, pubblicato in 70 Paesi con 23 milioni di copie vendute. Tale successo fu replicato con il secondo romanzo, Mille splendidi soli (Ed. Piemme 2007), che confermò Hosseini come un autore contemporaneo fra i più letti e apprezzati. Nel 2013 arrivò E l’eco rispose, un romanzo che attraversa la storia di una famiglia lungo l’arco di diverse generazioni, centrato in particolare sul rapporto tra fratelli e sorelle: su come si amano, si feriscono e si tradiscono, ma anche su come si stimano e si sacrificano l’uno per l’altro.
Dopo un viaggio in Afghanistan come volontario dell’UNHCR (l’Agenzia per i Rifugiati delle Nazioni Unite), lo scrittore ha dato vita alla Khaled Hosseini Foundation, un ente non profit che fornisce aiuto umanitario alla popolazione afghana. Oggi vive con la moglie Roya e i due figli Haris e Farah a San José, in California.
La casa di produzione DreamWorks di Steven Spielberg, ha acquistato i diritti dei suoi romanzi, per trarne dei film, fra i quali Il cacciatore di aquiloni è uscito nel marzo del 2008.
Il titolo Mille splendidi soli è tratto dai versi del poeta iraniano Sahib-e-Tabrizi (1601-1677) su Kabul: “Non si possono contare le lune che brillano sui suoi tetti, né i mille splendidi soli che si nascondono dietro i suoi muri”
Il romanzo racconta la storia di un popolo sottomesso e di una guerra che porta dolore e distruzione, intrecciando la vita di due donne, Mariam e Laila, che nate a distanza di una generazione, conducono due esistenze completamente diverse, fino a quando per sopravvivere alla guerra, sono costrette a condividere un destino comune abitando sotto lo stesso tetto e soggiacendo allo stesso uomo. Mentre affrontano i pericoli che le circondano, sia nella loro casa che per le strade della città afgana Herat, Mariam e Laila creano un rapporto che le rende sorelle e che alla fine cambierà il corso delle loro vite e di quelle dei loro discendenti. È una storia che fa luce sulla vita di queste due donne, falciate come fiori, in balia di concezioni afgane estremiste, maschiliste e retrograde.
Mariam è una “harami” una bastarda, figlia illegittima di Jalil un ricco possidente e della sua serva, Nana. Vive con la madre, in una “kolba”, casupola di mattoni situata in cima a una collina, e ogni giovedì attende con ansia l’arrivo del padre che viene a trovarla. È bello per lei ascoltare rapita l’uomo elegante e gentile che le parla di poeti e giardini meravigliosi, di razzi che atterrano sulla luna e dei film che proietta nel suo cinema. Mariam vorrebbe avere le ali per raggiungere la casa del padre, dove lui non la porterà mai perché ha altre tre mogli e dieci figli, e per lui sarebbe troppo umiliante ospitare nella sua ricca dimora la figlia illegale.
A quindici anni Mariam sente forte il desiderio di andare ad Herat, per conoscere un nuovo mondo. Un giorno Mariam, spinta dal desiderio troppe volte represso di conoscere il resto della sua famiglia, i fratelli e le sorelle nate del matrimonio di Jalil con le altre tre mogli, decide di superare i confini della kolba, guadare il torrente per giungere così a Herat, una città tanto vicina alla kolba quanto sconosciuta ai suoi occhi, spingendosi sino alla casa del padre: una casa enorme, favolosa, come mai avrebbe neanche potuto immaginare, ma con un portone chiuso, chiuso su ordine del padre che lei intravede dietro la tenda di una finestra mentre cerca di nascondersi dal suo sguardo implorante, che chiede solo di entrare per salutarlo e conoscere la sua famiglia.
Solo in quel preciso momento, Mariam capisce: capisce che quella non è la sua famiglia, che, lei è una nullità, è niente agli occhi del mondo. Così le aveva detto tante volte sua madre. E aveva ragione. L’unica cosa che deve imparare ora è la sopportazione, e piegare la testa davanti alla volontà paterna di farle sposare un anziano calzolaio di Kabul, iracondo e violento: Rashid un uomo brutale, che la userà come uno straccio per pulirsi i piedi, rendendola infelice per tutta la vita, maltrattandola con l’accusa di non essere fertile e punendola in mille modi perché non gli dà un figlio.
L’altra donna coprotagonista è Laila, nata a Kabul la notte in cui i russi hanno invaso la città nell’aprile del 1978. Lei è andata a scuola perché il suo Babi, lo ha voluto, in quanto, ripeteva, una società non può progredire se le sue donne sono ignoranti. Solo con l’istruzione lei avrebbe contribuito alla salvezza del suo Paese. È ancora bambina quando a nove anni si trova a fare i conti con la morte dei fratelli andati in guerra arruolati nella jihad contro i comunisti. Per questo, il giorno del loro funerale, le è difficile piangere. Il suo vero fratello è Tariq, il bambino dei vicini, che ha perso una gamba su una mina antiuomo ma sa difenderla dai dispetti dei coetanei. Il compagno di giochi le insegna le parolacce in pashtu e ogni sera le dà la buonanotte con segnali luminosi dalla finestra. A quattordici anni la ragazzina si trova perdutamente innamorata del suo amico Tariq, e ne è totalmente ricambiata. Hanno un rapporto profondo, prima che lui prenda parte alla guerra civile. Il padre di Laila si prepara a partire per mettere in salvo la famiglia a Kabul, ma proprio quando tutto è pronto, la loro casa viene bombardata e tutta la famiglia rimane sepolta sotto le macerie. Solo lei si salva grazie a Rashid che la estrae dalla macerie gravemente ferita e la porta nella sua casa consegnandola alle cure di Mariam, che per giorni e giorni, le dedica ogni attenzione e aiuto. Una volta guarita l’uomo già sulla sessantina, decide di sposarla per avere quel figlio che la prima moglie non è riuscita a dargli. Laila intanto avendo scoperto di essere incinta di Tariq, che le hanno fatto credere morto, non può che accettare la proposta. La convivenza fra le due donne all’inizio si mostra difficile, soprattutto per Mariam che si sente umiliata e trattata come una serva. Ma piano piano riescono a parlarsi a spiegarsi e a capirsi. Ma quando nasce la bambina le cose si complicano: Rashid si comporta in maniera violenta, perché desiderava avere un figlio maschio, ed è solo a questo punto della storia che le vite delle due protagoniste si intrecciano veramente, poiché le due donne decidono di scappare per non dover sottostare al potere del loro marito, ma la fuga non riesce e Rashid per poco non uccide Laila e la bambina. La trama del romanzo si complica sempre di più con l’andare delle vicende, ci sono colpi di scena, violenze che si ripetono, speranze che si cercano dentro di sé e un coraggio dato dalla forza dell’amore e dell’amicizia, che si rivela sempre maggiormente intenso fino alle ultime pagine del libro. Tariq dopo dieci anni di silenzio torna e Laila si rende conto che era stata ingannata proprio da Rashid sulla sua presunta morte. La gelosia divora il cuore dell’uomo che non risparmia a Laila le sue vendicative fustigazioni. Per salvare le loro vite Mariam e Laila dovranno affrontare insieme un terribile scontro all’ultimo sangue con lui, talmente imbestialito e fuori di sé, da volerle far fuori tutte e due.
Riusciranno a salvarsi? E a quale prezzo?
Le tristi vite di queste due donne, mostrano un Afghanistan martoriato e condannato alla violenza, dove qualsiasi donna può essere indicata colpevole dal dito accusatore di un uomo.
Un romanzo bellissimo: la vittoria dell’amore sull’odio e sull’indifferenza, il risveglio del sogno di una vita migliore, la voglia di amare, conducono a un finale che solleva il nostro spirito e ci allarga il cuore. Il messaggio contenuto nel titolo mette in luce la speranza che i Mille splendidi soli possano sciogliere ogni fiocco di neve.
Buona lettura Elisa Zoppei