Iordanidou Maria – “Loxandra”
…a cura di Elisa Zoppei
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Cari amici lettori, non conoscevo la scrittrice Maria Iordanidou, che ho incontrato parecchi mesi fa, attraverso una cara amica che mi ha messo in mano “Loxandra”, un romanzo molto noto in passato, sicura che mi avrebbe fatto piacere leggerlo. Per una infinità di motivi legati a importanti cambiamenti della mia vita, non avevo ancora avuto modo di leggerlo con calma. L’ho fatto finalmente in questi giorni ed è stato un susseguirsi di sorprendenti emozioni: la protagonista, appunto Loxandra, mi ha letteralmente conquistata, per la sua gigantesca forza fisica e morale di donna dalla vista acuta e dal grande cuore e per la straripante simpatia che la contraddistingue dalla prima all’ultima pagina. Così ho pensato di presentarvela nei suoi slanci vitali, nella sua sensibilità materna e nella sua positiva visione del mondo. Traccerò alcune note biografiche dell’autrice, intimamente legata a Loxandra. Infatti, quella che Maria mette al centro del racconto è la storia della sua nonna.
Note biografiche colte navigando in internet e tratte dalla postfazione scritta dal traduttore Andrea Di Gregorio
Maria Iordanidou, nasce a Costantinopoli nel 1897, da una famiglia della media borghesia greca. Suo padre, Nikolas Kriezi, era originario dell’isola di Hydra e lavorava come ingegnere nella marina mercantile. Era piccolissima quando la famiglia si trasferì nel Pireo. Dal 1901 al 1909 la famiglia visse, nella città portuale di Atene e quando i suoi genitori si separarono, Maria, sotto l’occhio vigile della nonna materna, tornò a Costantinopoli, dove frequentò l’American College for Girls di Scutari, imparando le lingue inglese e francese.
Nel 1914, su invito di uno zio, facoltoso imprenditore che gestiva un’agenzia navale, si recò sulle coste orientali del Mar Nero nella città georgiana di Batum, famosa come località turistica per le vacanze estive. Qui, fu colta dallo scoppio della prima guerra mondiale, poiché la Germania aveva dichiarato guerra alla Russia e i tragici eventi della rivoluzione russa le impedirono di tornare a Costantinopoli. La giovane riuscì con fatica a riparare nel Caucaso presso presso alcuni parenti di Marioupolis, dove poté frequentando il liceo russo a Sebastopoli, impartendo lezioni di inglese per aiutare la famiglia a sopravvivere. Quegli anni furono ulteriormente resi difficili dalla Rivoluzione Russa del 1917 e solo nel 1919 fu in grado di tornare a Costantinopoli. La fine della guerra e la sconfitta dell’Impero ottomano, seguita immediatamente dalla sua dissoluzione politica, e da una rovinosa crisi finanziaria, ebbero forti ripercussioni sulla vita di Maria. Dovette rinunciare agli studi e mettersi subito a lavorare per una società commerciale americana, essendo unica fonte di sostentamento per la sua famiglia
Di seguito la compagnia la trasferì ad Alessandria d’Egitto, lì incontrò l’amore e, nel 1923, sposò il maestro elementare Iordanis Iordanidis, intellettuale comunista. Dopo il loro matrimonio la coppia, andò a vivere ad Atene dove Maria diede alla luce i suoi due figli e grazie alla conoscenza delle lingue iniziò a lavorare per l’ambasciata russa. Si separarono nel 1931, ma Maria continuò a lavorare per l’ambasciata fino a quando non fu licenziata allo scoppio della seconda guerra mondiale, nel 1939. La sua casa fu distrutta durante l’occupazione tedesca della Grecia (1941-1944) e dovette attraversare un periodo di grandi difficoltà. Furono molte le persone che, intorno a lei, morirono di fame o furono perseguitate o detenute in vari campi di concentramento. Lei sfuggì miracolosamente alla deportazione e continuò a lottare fra mille traversie. Dopo la guerra le sue abilità linguistiche le permisero ancora di guadagnarsi da vivere lavorando come dipendente privato. Dovette però attendere fino alla fine degli anni Cinquanta “per potersi sedere in poltrona e riposare”, come narra nel suo secondo romanzo “Stukliklù tairìsmata”, mai arrivato in Italia. Fu allora che incoraggiata dagli amici, cui aveva spesso raccontato le storie della sua giovinezza nella città di Costantinopoli, si decise a mettere in nero su bianco per non dimenticarli, i grandi eventi che avevano sconvolto la sua vita, la sua Terra e la sue gente.
Scrivendo, sorridendo e divertendosi, pagina su pagina compose un libro dedicandolo alla figura della sua meravigliosa nonna materna, Loxandra. Aveva 65 anni quando lo pubblicò nel 1963 a sue spese, ma la storia di Loxandra camminò ben presto con le proprie gambe, riscuotendo ovunque un enorme successo di critica e di pubblico, ristampata più volte da Hestìa, la più antica e prestigiosa casa editrice greca, e diffuso in tutto il mondo. In seguito scrisse altri quattro libri, tutti ispirati alla sua vita straordinaria.
Maria Iordanidou morì ad Atene nel 1989. Nel suo testamento spirituale scrisse che non voleva corone di fiori al suo funerale, né lacrime, né vestiti neri, perché (come fa dire anche a Loxandra) “Grazie a Dio la mia vita l’ho vissuta e mi sono divertita. Anche nei momenti tragici, non mi è mai sfuggito il lato comico”
“Loxandra” di Maria Iordanidou.(BUR, 1998), tr. Andrea Di Gregorio
Il romanzo è preceduto dalla nota dell’autrice, dove scrive che il suo libro non è una biografia anche se Loxandra è la sua nonna, una figura reale che ha avuto una importanza primaria nella sua vita di bambina e di adulta, ma un racconto che si nutre dei ricordi di ciò che ha vissuto in prima persona e le sono rimasti profondamente incisi nella mente. Spera di essere riuscita a rendere nel modo più fedele gli avvenimenti storici, i costumi, lo spirito dell’epoca, di una Costantinopoli al tramonto della sua grandezza. E lo fa nel tentativo di salvare dall’oblio del tempo quello che ha visto con i suoi occhi e gli eventi che sono gravitati intorno alla figura di quella nonna che fu al centro della sua grande famiglia, come se fosse al centro del mondo intero. Tra le righe è tutto uno scorrere di azioni sentimenti, visioni, parlate, preghiere, cibi, piatti tipici di allora, aneddoti, che fluttuano dal passato al presente mediante disinvolti e persuasivi passaggi dei tempi verbali. In questa Costantinopoli, Città magica e incantata, convivevano al tempo, Greci, Turchi, Armeni, Curdi, Ebrei, non ancora toccati dall’odio etnico. L’autrice racconta la sua saga familiare capitanata da Loxandra, che con la sua irruenza e generosità, spartisce con tutti coloro che l’attorniano i suoi beni: le buone cose mangerecce che, come da una dispensa ben fornita, escono per magia dalle sue tasche, e l’acqua benedetta della Madonna di Baluklì, sua miracolosa intima confidente, cui è devotissima insieme ai numerosi santi che compongono la sua preziosa iconostasi, una vetrinetta sacra che contiene tutti i suoi gioielli più preziosi donati come voto alla Madonna in cambio dei miracoli richiesti. Perché Loxandra al potere della Madonna ci credeva fortemente e con ragione, perché otteneva tutto quello che chiedeva. Persino dare alla luce in tarda età alle sue creature, due figlie femmine una delle quali, Cliò, sarà la madre di Anna in cui riconosciamo la piccola Maria, la scrittrice di questo libro. Un esempio di fede assoluta per tutti coloro che l’avvicinavano. Vi assicuro una fede contagiosa anche per chi leggerà questo libro, come per me.
Loxandra, donna sana, alta e formosa, ormai trentenne, sposando un vedovo con tre figli, affida al cuore del marito, un brav’uomo, buon lavoratore, comprensivo e generoso, tutta la sua volontà di renderlo felice e dona ai suoi figli quelle sincere cure e attenzioni materne di cui hanno bisogno per crescere e diventare uomini retti, onesti e forti. Sa farsi accettare e amare da loro pur usando talvolta un polso severo per farli rigare dritti, alzando anche la voce, ma sempre mostrando il suo incondizionato affetto. Ha grandi mani, mani da baciare con rispetto, fatte per benedire e per profumare di mahaleb (crema di latte e semola servita con acqua di rose e zucchero a velo), e di incenso. Mani fatte per dare: “-Prendi, mangia benedett’uomo, mangia ti dico”. Ma soprattutto la mano di Loxandra è fatta per reggere un bambino, che sulla sua palma aperta poggia il sederino come su un trono.
Ha un grande amore per tutto Loxandra: per il quartiere dove abita, aperto sul mare Makrohòri, e ama il Bosforo, con i grandi palazzi, i platani millenari, i castagni, le acque abbondanti, le correnti impetuose del Mar Nero ricco di cefali, rombi, pesci spada… da cucinare freschi con arte e spezie per la gioia della buona tavola. Loxandra per la sua grande famiglia e per il suo circondario è un dono della provvidenza.
Il Sia lode a Dio come il Grazie a Dio fiorivano spontaneamente e ripetutamente sulle sue labbra, così, come uscivano senza freni parole, tipo ti pigli un accidente, che il diavolo se lo porti… e altre amenità giornaliere, tutte in greco naturalmente, spesso accompagnate da sonore risate a gola spiegata che sedavano le sue gorgoglianti sfuriate. Se il suo salottino personale al pianterreno della grande casa era il suo rifugio nei momenti di riposo, la sala del trono, dove sedeva indiscussa regina, era la cucina nel seminterrato. È li che Loxandra prepara i suoi manicaretti golosi, mischiando i sapori e i profumi della cucina turca, preparando dolmas e lokumi, sempre che la cucina non vada a fuoco o che la riserva di carbone della cantina non nasconda un tesoro, come le ha annunciato la Madonna in una notturna visione. Più tardi capirà a quale tesoro alludeva la Madonna.
Gli intrecci degli accadimenti che si susseguono dentro e fuori le mura domestiche: matrimoni, nascite, cambi di abitazioni, guerre intestine, stragi notturne, incendi che devastano le antiche case di legno ottomane, figli che se ne vanno incontro ai loro destino…. non si abbattono su Loxandra come portatori di dolore, morte e distruzione, ma come qualcosa che non si può evitare, che non ci si può far niente perché è così che deve essere, come è sempre stato e sarà.
Ci troviamo davanti a una Loxandra che sopra la sua testa vede passare quasi cinquant’anni di Storia. E li lascia passare con la illuminata consapevolezza che la Storia che si scrive fuori dalla sua casa ha ben poca importanza rispetto a quella che si scrive in casa. Tanto più che per scappare dalla guerra deve cambiare casa tre volte e quando ripara in Grecia, coltiva in cuor suo la speranza di tornare in Turchia perché, pur essendo greca, in Grecia non si sente a casa. E pur affrontando tutto fino alla fine con un esemplare spirito di adattamento, e un grande abbraccio cordiale all’universo intero, rimane divisa tra due mondi e nel suo cuore nasconde l’acuta nostalgia per quello che sta scomparendo per sempre, e che le ha regalato tanti momenti felici.
Loxandra era così. Non amava rimpiangere paradisi perduti e non andava in cerca della felicità. Era la felicità che arrivava in cerca di lei. E giungeva all’improvviso, nei momenti più imprevedibili, portata da un Angelo, messaggero invisibile per tutti, ma non per lei.
Perché leggerlo
Lo si consiglia a chi, oltre che conoscere meglio la storia di Loxandra, è interessato alla storia della Città e dei Greci che l’hanno abitata dalla conquista di Costantinopoli per mano di Maometto II fino all’avvento dei Giovani Turchi.
Vs Elisa