Lezcano Yuleisy Cruz

…a cura di Graziano M. Cobelli

Poesia

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Yuleisy Cruz Lezcano

Yuleisy Cruz Lezcano nata a Cuba, vive a Marzabotto, Bologna. Lavora nella sanità pubblica, laureata in scienze biologiche e con laurea magistrale in scienze infermieristiche e ostetricia, titoli ottenuti presso l’Università di Bologna.
È stata eletta membro onorario del Festival Internazionale di Tozeur, Tunisia.
Si occupa di traduzioni in spagnolo, facendo conoscere poeti italiani in diverse riviste della Spagna e del Sudamerica e, in modo reciproco, facendo conoscere poeti sudamericani e spagnoli in Italia. Collabora con blog letterari come redattrice (Circolo Letterario Vento Adriatico, Alessandria Today) e con Il Giornale Letterario del Premio Nabokov.
Ha pubblicato 18 libri a seguito di riconoscimenti e premi in concorsi. La sua poesia italiana è stata tradotta in francese, spagnolo, portoghese, inglese, albanese.

Ti inganni

Ti inganni,
ti inganni, io non sono
la foglia che cade,
sono la sua ombra,
io non ho perso
quello che c’era
da perdere, ho perso
di più, ho perso il fulmine
che foderava l’inverno,
ho perso gli angeli
azzurri che spegnevano le opache
stelle, ho perso il bacio del ricordo,
ho perso nell’incomprensibile
l’impensabile, ho perso la parola
che forgia i legami, ho perso
i vecchi caratteri riuniti,
per urlare: «rimani!» a quello
che se ne andava.

Ma che dico? Ancora
di più ho perso
e spero, con il mio sorriso,
di riuscire ad ingannarti,
se per te la certezza è un bisogno.
Sappi che senza perdere
e ricostruire la propria forma
la vita resta breve, se non ci si rialza
dalla cenere, si rimane lamento di ore
interminabili, passaggi notturni,
liuto senza l’arte d’alchimia,
mormorante dimora di mosche,
rami ed erbe calpestate, cupa
mente libera di memoria
e di speranza, santuario
di malinconia alzato sul fondo
delle vesti cadute
per condividere con i ladri
quello che ci hanno rubato.

Invece no.
Io ho perso e ricordo,
ricordo l’infelice sorte
che mi ha trasformata
in quella donna
ingannata, capace
di mentire.

***

Caleidoscopio

Non voglio vedere il mondo
in una foglia che cade
ma voglio vederlo in una foglia
cotiledonare, nello spazio
immateriale di un sorriso
spontaneo.

Voglio vedere il mondo
attraverso una goccia di rugiada
su un fiore selvatico
di campo, nell’infinito che si perde
sul palmo della mano,
in quell’orizzonte arcano
alternativo a quello che si mostra
e non innalza un’anima
umana dall’inferno.

Voglio vedere
il mondo dall’interno
di una gabbia che si apre
per lasciare uscire un pettirosso
mentre il cielo commosso si fa
più celeste per accoglierlo.
Non voglio vedere il mondo
nemmeno ascoltarlo
attraverso verità pronunciate
con cattive intenzioni, preferisco
ascoltare delle invenzioni
ideate per lenire il dolore.

Voglio vedere il mondo
attraverso l’amore
tra la rugiada della sera
e la rugiada del mattino.

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