Pettenella Margherita
…a cura di Giancarlo Volpato
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Benefattrice, Margherita Pettenella nacque a S. Pietro di Morubio il 30 giugno 1904. Figlia di un commerciante di tessuti, ebbe un’esistenza non sempre facile ma che, con lo spirito di grandezza morale che la distinse sempre, visse con l’ottimismo e il senso pratico che portò sempre con sé.
Stava finendo le scuole elementari quando, nel 1914, la famiglia si trasferì a Verona andando ad abitare vicino a Porta Vescovo, in quel tempo la principale stazione ferroviaria della città. E fu qui che, pure ancora assai giovane, impostò già fin da allora il suo amore infinito verso chi soffriva. Gli anni della guerra la coinvolsero: il viavai di soldati, il continuo e inafferrabile transitare della gente che andava al fronte o che da questo ritornava per poco tempo o, anche per sempre, la trovarono ai piedi dei treni. Assieme alle donne volontarie, richiamata – come affermò sempre soprattutto ai nipoti – dall’amore patrio e da tutti coloro che mettevano la loro vita affinché la guerra terminasse, Margherita Pettenella offriva qualsiasi cosa che ai soldati fosse necessario: curare le ferite, asciugare le lacrime, preparare le bende, accogliere, sotto tende costruite per l’occasione, chiunque si fosse avvicinato. In un piccolo e personale diario che i nipoti tennero con loro, si legge che la fanciulla, ancora poco più che ragazzina, offriva un fiore (assai spesso una rosa) al giovane militare che se ne andava al fronte allegando un bacio di augurio. Passarono anche soldati scozzesi in gonnella, disse Pettenella, e per una veronese fu un gesto inconsueto, sconosciuto: allora sorrise per quei giovani che, pure chiamati alle armi, probabilmente non le chiesero nulla.
Arrivò la disfatta di Caporetto e la stazione di Porta Vescovo diventò un luogo di movimento frenetico. Il generale Vittorio Napoleone Darra, il grande medico della prima guerra mondiale nativo di Valeggio sul Mincio (v. questo Sito) portò in salvo centinaia di migliaia di soldati che erano al fronte; passarono da Verona e Margherita Pettenella fu lì, assieme alle altre donne volontarie, ad offrire le loro giornate e il loro aiuto: raccontò solo che furono momenti di paura, di ansia, di dolore. A causa – ma forse non solo – della malattia dei genitori, ella non si sposò e rimase in casa ad accudire alle faccende domestiche ma anche, soprattutto, ad aiutare sorelle e fratelli che ne avessero bisogno. Fece crescere i nipoti e, all’interno della sua anima, amò così tanto i bambini che – forse anche perché di propri non ne ebbe nessuno – tutti si ricordarono di lei. Fu una donna di casa, pronta, sempre, ad aiutare chiunque con il classico spirito dell’altruismo senza compromessi.
Donna di fede, fervida credente, frequentò i primi circoli della Gioventù Femminile sorti a Verona poco dopo la fine della prima guerra mondiale. Diventò segretaria diocesana dell’Unione Donne; rappresentò una figura di spicco, capace e generosa, dell’Azione Cattolica: qui Margherita Pettenella trovò la sua autonomia, la gratificazione esterna che la vita domestica – da sola pure nell’aiuto e nell’amore familiare – non le aveva dato. Fu donna molto attiva e ricostituì, negli anni non facili dell’epoca, quell’Azione Cattolica che il regime non aveva certamente sollecitato. Si ricordano, di lei, le grandi aperture sociali affinché le donne, delle quali conosceva le difficoltà in un mondo che non le calcolava certamente importanti, riacquistassero non solo dignità ma soprattutto valore per quanto esse rappresentavano.
Arrivò la seconda guerra mondiale: e Margherita Pettenella fu di nuovo in azione; ma ella aveva capito, dall’esperienza acquisita da ragazzina, che il male e i dolori sarebbe stati forti e violenti anche alla fine del conflitto. Così si adoperò per mettere insieme un gruppo di volontarie, a Verona, le quali sovente già si occupavano dell’emergenza abitativa e dei disagi sociali soprattutto di giovani donne rimaste sole o senza alcun sostentamento.
Nel 1897, a Friburgo in Svizzera, era nata l’A.C.I.S.J.F (Associazione Cattolica di Volontariato al Servizio della Giovane) con lo scopo di rispondere ai bisogni delle ragazze e delle giovani donne costrette a vivere lontano dal proprio ambiente familiare: Margherita Pettenella fu una delle artefici più importanti dell’affermazione di questa istituzione nella città. Le andava a trovare, in bicicletta o con altri mezzi improvvisati, nei luoghi di lavoro: tabacchine, mondine, lavoratrici stagionali agricole, donne senza arte né parte: s’impegnò, in prima persona, per offrire dignità e sicurezza a queste giovani quasi sempre sole. Il suo nome è legato per l’aiuto ai poveri e non volle mai che qualcuno parlasse di lei. Si rivolse alle prostitute e arrivò il momento propizio. Il 20 febbraio 1958, grazie alla senatrice Lina Merlin, fu approvata la legge n. 75 sull’abolizione delle case chiuse. Fino ad allora i bordelli erano ufficialmente conosciuti e riconosciuti e le donne vivevano al loro interno con uno stigma sociale che le rendeva inavvicinabili da parte della gente che si riteneva perbene.
Appassionata artefice di promozione umana e cristiana, la Pettenella si dedicò a queste e ai loro bambini. Contribuì, in maniera molto precisa sia economicamente sia spiritualmente, al sostegno della “Casa per i fanciulli”, sia a “Casa gioiosa” sia alle giovani donne. In quell’epoca, anche Maria Trabucchi Clementi (v. questo Sito) ed altre signore si dedicarono a queste, uscite dalle case di prostituzione e rimaste senza nulla. Aiutò a collocarle, a dare loro, non solo la comprensione e l’affetto, ma anche i luoghi dove restare.
Gli anni 60 furono quelli del Concilio Vaticano II: un’aria nuova apparve al mondo non solo cattolico; e Margherita Pettenella, donna di fede e assai lontana da una religione bigotta e bacchettona, dette tutto l’impulso di cui era capace: sia come rappresentante dell’Azione Cattolica sia, soprattutto, dialogando apertamente con chiunque ne avesse bisogno.
A settant’anni entrò in contatto con l’associazione denominata “Protezione della Giovane”. Questa aveva in affitto un appartamento in Rigaste San Zeno dove venivano ospitate ragazze sole, lontane da casa e in difficoltà. Coloro che la conobbero ripetevano che la Pettenella, forse perché non aveva provato il senso profondo della maternità, si commuoveva ogniqualvolta qualcuna di queste portava con sé un bambino: lo sentiva come suo e cercava, in tutti i modi, un alloggio dignitoso e un lavoro che potesse soddisfare spiritualmente e materialmente queste ragazze. Era, allora, vice presidente dell’A.C.I.S.J.F, quell’associazione internazionale al servizio della giovane donna; diventò la Presidente nel 1978. Furono gli anni in cui maturò definitivamente il desiderio che, forse, aveva portato con sé da sempre: decise di donare il palazzo di sua proprietà in via Pigna, destinandolo a casa di accoglienza per le giovani prive di mezzi, alle quali fornire un aiuto non solo materiale. Parlò per lei la sorella Plinia, parlarono i nipoti: voleva offrire alle donne e ai loro bambini un ambiente familiare, creare reti sociali e fare raggiungere loro l’autonomia; si rivolse alle donne che erano state vittime di violenza o erano cadute in emergenze difficili; volle sostenerle dal punto di vista alimentare, in quello sanitario, volle insegnare loro a diventare autonome anche nel lavoro e, insieme, creare momenti ludici per i piccoli. Per tutti gli anni che le restarono da vivere, Margherita Pettenella si concentrò sul suo progetto dedicando denaro, il pensiero e la costante attenzione; ristrutturò lo stabile, lo rese accogliente e nell’ottobre 1980 lo dette in proprietà dell’Associazione con l’atto notarile. Furono gli ultimi anni della sua vita e l’ascolto del prossimo le rese felice quel tempo che le era stato concesso.
Margherita Pettenella, nel silenzio nel quale aveva sempre operato, scomparve il 1° novembre 1989. Nella casa, da lei stessa inaugurata nel 1980, l’Associazione continua ancora oggi ad accogliere donne vittime di violenza o di tratta o in emergenza abitativa, ex detenute e a fornire alle stesse aiuto e sostegno: come ella stessa aveva sempre fatto. Nell’ottobre 2020 furono festeggiati i quarant’anni di fondazione della Casa. Il motto dell’Associazione è “In Via” e indica la necessità di mettersi in cammino sollecitando, anche in questo, i molti volontari che vi operano. Nel 2021 a lei, come ad altre quattro donne importanti veronesi (Eugenia Vitali Lebrecht, Maria Trabucchi Clementi, Clara Zoboli Boggian, Delia Pollini Dal Negro: v. tutte in questo Sito) fu dedicata una rotonda in Corso Milano.
Bibliografia: Sulla sua figura e sul suo operato mancano studi; le poche notizie, attualmente, si trovano in: Donne nella storia di Verona. Margherita Pettenella, benefattrice delle giovani donne 1904-1989, url consultato il 28 febbraio 2022; Adriana Vallisari, Sono state cinque veronesi illustri. Ora il loro nome s’incontra per strada, “Verona fedele”, 10 marzo 2021, p. 5.
Giancarlo Volpato