Primi piatti / Bigoli delle fade alle noci della Lessinia

…a cura di Anna Maria Matilde Filippozzi

Anna Maria Matilde Filippozzi

 

Bigoli delle Fade alle Noci della Lessinia
 Ingredienti:

(x 4 persone)
2 uova
300 grammi di farina
1 noce di Burro della Lessinia
1 bicchiere di panna fresca
80 grammi di Noci della Lessinia
sale
 Preparazione:
Per preparare i bigoli artigianalmente, si comincia impastando le due uova e la farina in modo tale da ottenere un impasto abbastanza asciutto.Formare con l’impasto una palla e lasciarlo riposare per qualche minuto prima di procedere a creare dei bigoli.
Frullate i gherigli di noci con la noce moscata, la panna e il burro, salate ed eventualmente pepate. Lessate la pasta, scolatela al dente e conditela subito con la salsa alle noci. Se risultasse troppo asciutta unite qualche cucchiaiata dell’acqua della pasta.

Questa pasta si presenta meglio cospargendo leggermente i bigoli conditi di un cucchiaio di pane grattato insaporito con un poco di burro.

 Tradizione:

Il nome del piatto deriva dalla leggenda secondo la quale le Fade (Fate) stendevano i panni su fili immaginari che tendevano da un monte all’ altro della Lessinia; nella fantasia dei Cimbri i bigoli ricordano questi fili.
 
Origine e Storia:
Le Fade sono creature femminili dai tratti imprecisi, ora d’aspetto grazioso, altre volte brutte e dotate di piedi caprini; di giorno si mescolavano agli abitanti delle contrade, celandosi in lunghe gonne di seta abbellite da grembiuli neri ricamati di pizzo, mentre la notte s’avvolgevano  in comodi mantelli e cosi’ occultate abbandonavano i villaggi per radunarsi nelle caverne. L’umore era mutevole alla pari delle sembianze. Talvolta risultavano gentili, altre dispettose e malvagie. Se la neccessita’ lo imponeva, si trasformavano in rospi o serpi celandosi tra le rocce. Prima che il Concilio di Trento ne decretasse, grazie a una leggendaria maledizione, il confinamento nei numerosi antri della Lessinia, usavano frequentare paesi contrade e non disdegnavano di sposare uomini ignari della loro reale identità. Le unioni finivano sempre in modo spiacevole se non addirittura tragico. Il lato buono della loro complessa indole le incitava a svelare i segreti della lavorazione di latte, formaggio, ricotta; ammaestravano le donne nell’arte di lucidare rami e ottoni e donavano gomitoli di lana inesauribili.
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