Pubblicazione del libro – “Maschere divine” … di Alessandro Norsa… segnalazione a cura di Aldo Ridolfi… – 93
…a cura di Aldo Ridolfi
NEGRAR (VR)
A cura di Alessandro Norsa, Maschere, riti di passaggio e pensiero magico-simbolico: un contributo tra antropologia ed etnografia, KARYON editrice, 2022, con la collaborazione di D. Boscato, G. Danesi, G. Frigo, E. Laprocina, U. Sansoni, N. Segala, F. Tommasi, C. Pinheiro Viana, J. Zambon, B. Banstola, M. R. Genitrini.
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C’è una fedeltà di fondo nella saggistica di Alessandro Norsa, una volontà di rinnovare con incessante entusiasmo un’intuizione giovanile e di tenervisi legato, affettuosamente e intellettualmente. E, nel legame così ab initio costituito, scavare verso una profondità mai esaurita. È come immergersi in un terreno carsico dove il fiume sotterraneo continua a svelare livelli diversi, dimensioni nuove. Ogni tanto il fiume ritorna alla luce del sole per poi reimmergersi nella complessità inesauribile della dimensione ctonia e delle sue manifestazioni. In tal senso vale bene la lettura della illuminante “Nota finale” (p. 375) capace di gettare luce sull’autore nella duplice anima di studioso e di uomo.
I riti di passaggio, il Carnevale, il ciclo dell’anno sono sempre apparsi a Norsa il chiavistello per penetrare nel mondo dell’antropologia, dell’etnografia, delle tradizioni latu sensu intese. Il Carnevale di Cerna, diventato libro nel 2009 con Il Bello il Brutto, il Matto; il ciclo dell’anno apparso nel 2011 con Tradizioni di Bardolino diventato palestra per studi successivi di ben altro calibro, mi riferisco a Tradizioni nelle vallate ladine dolomitiche. Atlante etnografico, 2012; e il recente Echi del Carnevale di Venezia, 2021, costituiscono lontani e vicini indizi di Maschere divine, volume che quelle tracce raccoglie e allarga e approfondisce e che qui intendiamo presentare ai lettori de www.ilcondominionews.it.
Un paio di premesse sono però necessarie.
La prima è la vocazione di Alessandro Norsa per il lavoro a più mani. Egli avverte – e in questo lavoro in modo particolare – che certi sviluppi devono avvenire in equipe, che solo braccia numerose di ricercatori diversi possono ambire ad abbracciare la complessità che si cela agli albori dell’umanità. Ricorrere alle specializzazioni, però, non significa parcellizzare l’argomento, al contrario significa riscoprire la visione olistica del reale sempre più necessaria nella frantumazione disciplinare, sociale e personale cui sembriamo essere, oggi, condannati.
La seconda è un immane senso diacronico di eventi che trovano significato nei tempi lunghi, anzi lunghissimi, della preistoria. E assieme alla diacronia si accompagna una tavolozza geografica che finisce per raccontare ampi lembi di tutto il nostro pianeta: «Non ci limiteremo ad una osservazione europea ma ne scavalcheremo i limiti perché… la casistica tuttora conservata ci permette di compire delle ipotesi di una lettura globale» (p. 92).
Perciò l’orizzonte, in questi contributi, non si chiude, mai, così che possiamo correre dai cicli di arte rupestre del Sud Africa alle incisioni di Naquane grazie alle pagine di U. Sansoni il quale, tra l’altro, fornisce un criterio epistemico di assoluto rigore: «Pur con la coscienza di non poter raggiungere certezze inattaccabili» e nell’auspicio che «sarà imprescindibile affinare ulteriormente il dialogo disciplinare». (p. 43)
E dunque il volume non poteva che aprirsi, dopo un’introduzione a più mani, sul paleolitico. È oltremodo significativo che il capitolo di pagina 61 così suoni: “Ritualità paleolitiche: profonde radici precorritrici di un ramificato sviluppo”. Basta una breve e semplice esegesi del titolo – dove ogni parola contiene uno stupore semantico denso di promesse – per intuire il percorso successivo. Ma è nei quattro capitoli che seguono, con gli apporti in particolare di Daniela Boscato, di Giovanni Frigo e altri, che la ricerca si fa interdisciplinare rincorrendo il fondamentale ruolo che gli animali hanno avuto nell’evoluzione di una visione del mondo e nella simbologia dei mascheramenti: dal cervo al cavallo, dall’uro all’orso, dalla capra agli uccelli.
Grazie al sentire diacronico, il passaggio al neolitico si impone come esito spontaneo e necessario. E lì compare quello che potrebbe essere semplicisticamente chiamato un neologismo: Astromitoritologia. Termine invece che è lo specchio, nitido e vero, di quella visione olistica appena invocata che non concede iati nell’esistenza dei singoli, delle comunità e delle discipline che di queste cose si occupano. Davvero lo sforzo di tenere assieme l’uomo e le sue manifestazioni appare come lo sfondo, lo scenario entro il quale sono raccolte nozioni, documenti e riflessioni. Il rapporto con gli astri e il cosmo, la costruzione di miti capaci di spiegare il mondo e la vita anche nelle loro manifestazioni più crude e aspre, l’elaborazione di ritualità che costituivano potenti strumenti per cementare le comunità sono aspetti svelati nella loro dimensione concettuale cui fanno seguito esemplificazioni raccolte nei quattro angoli della Terra. Ne scaturisce un crogiolo antropologico ove riti di passaggio, mascheramenti, miti e sciamani si intrecciano dando la misura di dinamiche sociali assolutamente complesse ma di sicuro contenenti prodromi per costruire quella civis senza la quale la dinamica umana semplicemente non esisterebbe. E con il neolitico non sfugge certo l’ingresso di una simbologia arborea che si affianca a quella animale tipica del paleolitico, e non passa sotto tono la comparsa di ritualità specifiche come l’aratura rituale, elementi che suffragano – assieme a molte altre osservazioni – una delle tesi del saggio particolarmente attenta agli aspetti evolutivi e cioè che «Il simbolo… non poteva essere considerato elemento stabile in termini universali poiché l’interpretazione poteva variare in relazione al periodo storico o alla diversa comunità» (p. 4).
Accanto, e complementare, appare anche il bisogno del contributo dell’archeologia (e non solo) per una più precisa – e certo anche più scientifica – ricostruzione dell’antropologia preistorica. Ne sono testimonianza le scelte contenutistiche precise e mirate presenti in ogni capitolo, l’apparato iconografico di sostegno e di integrazione, l’attenzione ad indagini sul DNA di reperti preistorici e via dicendo. In questa prospettiva sono persuasive alcune belle pagine di Enrica Laprocina che riflette sull’osso ioide, testimonianza fossile della nascita del linguaggio e, con esso, del pensiero simbolico, con la potenza terribile e affascinante di cui questa facoltà esclusivamente umana è capace.
E ancora, grazie alla scelta diacronica che sembra nulla voler concedere alla “cancel culture”, la ritualità relativa ai grandi periodi preistorici viene seguita anche nelle epoche storiche, vedi il capitolo di p. 278 “Azioni rituali di origine neolitica e successivi sviluppi” ove Alessandro Norsa dà conto di un altro fondamentalissimo processo: l’assimilazione dei riti pagani nel cristianesimo: «Il cristianesimo tentò di incorporare le festività della vecchia religione dando loro una connotazione compatibile con il suo messaggio» (p. 296).
Un volume, dunque, a 360°, come si dice in questi casi, capace di soddisfare per rigore di ricerca e facilità di lettura.
Infine, ma solo per non abusare della pazienza dei lettori e scusandoci con il curatore per l’estrema sintesi della nostra disamina, ricordiamo che il volume si arricchisce anche di tre Indici tematici: 1. I nomi dei mascheramenti e i nomi mitologici; 2. I nomi delle festività; 3. I nomi dei luoghi, così contribuendo anche agli aspetti paratestuali che non sono mai, in un libro, semplici appendici tipografiche.
Aldo Ridolfi