Puntata 37 – “Storie verissime”

…a cura di Laura Schram PighiPoesiaPer le tue domande, opinioni o suggerimenti
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   Puntata 37 – “Storie verissime

Può l’arte esprimere la verità? …questo è un problema dibattuto da secoli e dai maggiori filosofi e implica moltissimi aspetti di estetica e di morale, a partire dal rapporto tra scienza e sentimento. Nella storia della cultura italiana la questione si riaccende in alcuni particolari periodi storici e allora si parla di verismo, o di realismo e neorealismo, tutti movimenti di idee riconducibili alla domanda iniziale: l’uomo può vedere e capire la verità nella realtà concreta della vita? E la può esprimere con le parole e comunicare con l’arte?
Uno dei momenti di massima ricerca della verità nell’arte si verificò in Italia poco prima che la guerra mondiale portasse alcune generazioni di giovani a trovare la risposta al di là di questa vita. E allora ancora una volta Milano divenne la fucina di una nuova arte, nata anche dall’incontro con una comunità di intellettuali meridionali testimoni di una diversa realtà, un mondo ancora da scoprire per la cultura del Nord Italia. Giovanni Verga, Luigi Capuana, Federico de Roberto e più tardi Luigi Pirandello, e molti altri con loro (e non contiamo i musicisti e gli artisti figurativi) trovarono nella società milanese un clima intellettuale che permise il fiorire della loro arte e favorì l’unificazione di un paese che stentava a sentirsi unito.
Accanto ai nomi dei massimi letterati ben noti a tutti noi, vorrei ricordarvi alcuni narratori con caratteristiche particolari che li pongono fuori dal coro e ne fanno degli indicatori di arte futura.
La narrativa, della quale seguiamo la storia, ha le sue radici nel tema del viaggio. Viaggio reale, o immaginario, metaforico o simbolico, i narratori intessono il loro racconto dosando abilmente tre costanti: la fantasia, le idee e l’umorismo. Pensiamo ad Omero o alla Bibbia, a Dante, o a Manzoni o a Salgari, il canone non cambia, ma solo il ruolo che viene dato alle prime due costanti, raramente alla terza.
C’è però un filone particolare della narrazione romanzesca, quello della narrativa di utopia, nella quale il narratore lascia spazio di svilupparsi anche all’umorismo. E allora tutto il romanzo assume un significato diverso.
I due prosatori che voglio ricordarvi sono di un nuovo tipo pur appartenendo al gruppo dei “salgariani” perché sono soprattutto umoristi: si tratta di Luigi Bertelli detto Vamba (1858-1920) ed Enrico Novelli detto Yambo (1874-1945).
Luigi Bertelli, l’erede spirituale di Collodi, giornalista come lui, direttore del Giornalino della domenica (1906-1911; 1917-1924) fu anche un caricaturista tra i più amati tra Otto e Novecento e merita una attenzione particolare per l’uso della forma giornalistica nel racconto di viaggi immaginari, sapendoli destinati ad un pubblico giovane, inebriato dalle meraviglie del “progresso”. Questo pubblico lesse a puntate sul Giornalino della Domenica il famosissimo Giornalismo di Gian Burrasca (1911) scritto da Vamba stesso, ma anche alcuni romanzi di Salgari così come numerosi contributi di grandi firme della letteratura del tempo. L’ opera di Vamba giornalista e narratore, andava al di là del semplice scherzo sempre gradito ai ragazzi, perché mirava ad educare i giovani a ridere dei propri eroi preferiti, e a smitizzare la retorica di tipo dannunziano o nietzschiano che stava pericolosamente dilagando. In questo modo la domanda dove sta la verità nella letteratura diventava centrale, e la risposta era una sola perché indicava nel riso e nella poesia l’unica via possibile per raggiungerla.
Pochi anni più tardi troviamo un altro narratore di viaggi che insiste ancor di più sul lato comico e parodistico della realtà, suggerendo di capovolgerla e la presenta con un doppio registro quello delle parole e quello della grafica. Si tratta di Enrico Novelli detto Yambo (1874-1945), Novelli con la sua esuberante produzione si affiancò a Salgari e Motta e ai tanti salgariani del suo tempo, dai quali però si distinse per una maggiore carica satirica contro il mito macchinista dei viaggi fantascientifici, e anche contro i miti letterari del momento, una operazione  potenziata dalla sua grafica graffiante.
Il primo romanzo di Yambo, Dalla terra alle stelle è del 1890, ne seguirono moltissimi  altri sulla bicicletta, sulla locomotiva e su tutti i miti della modernità, e persino uno su La colonia lunare, storia di una ipotesi (1908) dove un viaggiatore arrivava a Selenopoli, capitale della Nuova Sicilia (1908). Accanto a questa produzione esiste tutto un corpus di satire politiche e parodie letterarie come La figlia di Jorio (1904) parodia dannunziana, L’onorevole in vacanza (1904) satira politica, e molti altri documenti, ignorati dalla critica accademica, mentre sono indispensabili per capire il clima sociale e culturale del tempo.
La ricchissima produzione di Yambo fatta di novelle, opere teatrali, testi per cinema e per radio continuò anche dopo la prima guerra mondiale fino alla fine della seconda, facendosi sempre più pericolosa nel mutato clima politico e dimostrando come la comicità possa essere l’unica forza capace di proiettare la letteratura verso il futuro, alla ricerca della verità. Una lezione che oggi sarebbe bene rileggere e ripensare seriamente.

Laura Schram  Pighi

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