RICORRENZA: “Alessandro Manzoni: a 150 anni dalla sua morte”.
…a cura di Maria Rosanna Mucciolo
“Alessandro Manzoni: a 150 anni dalla sua morte”.
“Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno”, inizia così la nota opera di A. Manzoni che proprio in questo mese e precisamente il 23 ricorrono i 150 anni dalla sua morte. Nato a Milano nel 1785, la madre Giulia è figlia di Cesare Beccaria autore “Dei delitti e delle pene” (1764), saggio scritto contro la tortura e la pena di morte, il padre è il conte Pietro, anche se probabilmente il vero papà è Giovanni Verri, padre anche di Pietro e Alessandro, illustri illuministi. I contrasti fra i genitori, portano il giovane Alessandro in vari collegi, dove riceve una solida istruzione classica e nello stesso tempo una profonda avversione verso il cattolicesimo. A soli 16 anni inizia “i primi esperimenti letterari” seguendo come modello Giuseppe Parini e Vincenzo Monti. Nel 1805 si trasferisce a Parigi, per consolare la madre per la perdita di Carlo Imbonati e in questa occasione scrive: ” In morte di Carlo Imbonati”. A Parigi si avvicina agli ideali di libertà, facendo amicizia con Claude Fauriel. Nel 1808 sposa Enrichetta Blondel, dalla quale ha dieci figli e gli dà la serenità di una famiglia, lo avvicina al cattolicesimo tanto che nel 1810 si converte. Successivamente si trasferisce con la sua famiglia a Milano dove si dedica al suo lavoro, circondato da pochi amici. La conversione verso la religione cattolica segna un profondo cambiamento sul piano letterario: Manzoni abbandona la poesia Neoclassica che ha ispirato” Urania” (1809) e “A Parteneide” (1809-1810) e scrive “Gli Inni Sacri” dove celebra le festività più importanti della chiesa cattolica. Scrive anche due tragedie: “Il conte di Carmagnola” (1820) e “l’Adelchi” (1822), scrive l’ode civile “Marzo 1821” (1821) e in questo stesso anno compone l’ode “Il cinque maggio”, in occasione della morte di Napoleone. In questo periodo inizia la stesura del suo romanzo, che sarà pubblicato nel 1823 con il titolo “Fermo e Lucia”. Tra il 1823 e il 1827, lo scrittore si dedica alla revisione dell’opera che porta il titolo “Gli sposi promessi” che viene pubblicato nel 1827 con grande successo. Nel luglio del 1827 con la sua famiglia intraprende un viaggio verso Firenze e vi soggiornò dalla fine di agosto agli inizi di ottobre. In questi mesi incomincia a progettare la revisione linguistica dei “Promessi Sposi”, conosce studiosi di alto livello come Gino Capponi, Pietro Giordani e Giacomo Leopardi. Negli anni trenta la sua vita viene colpita da gravi lutti: perde prima la moglie Enrichetta, poi la figlia Giulia e in occasione della morte della moglie compose “Natale del 1833” (opera incompleta). Superato il dolore, nel 1837 sposa Teresa Boni Stampa e riprende la sua attività di scrittore, lavora sul romanzo e porta a termine la seconda revisione del romanzo. Manzoni, in questi anni, intraprende un lungo cammino verso il vero e il reale, infatti per il grande scrittore dell’800 raccontare il vero è come raccontare la realtà. Oggi può sembrare una cosa semplice, ma per chi scrive nell’800 si deve rapportare con regole e consuetudini che rendono il “rispecchiamento del vero” complicato, Manzoni cerca di liberarsi delle regole e avvicinarsi al vero. Nelle sue opere anche il linguaggio acquista una naturale importanza: il linguaggio vicino a quello dell’uso comune, non a quello della tradizione letteraria. Nella sua grande produzione letteraria si dedicò anche alla saggistica letteraria: come le tragedie accompagnate da riflessioni di teoria teatrale, anche i Promessi sposi vengono affiancati dal saggio “Del romanzo storico”, che contiene una sorta di “abiura” del genere perché considerato incoerente. Verso la fine della sua vita realizzò i saggi di” linguistica” e “storia della lingua italiana” in cui argomenta a favore della scelta del dialetto fiorentino come lingua nazionale. Nel 1868 scrive una relazione al ministro E. Broglio “Dell’unità della lingua e dei mezzi di diffonderla”, dove illustra le sue teorie e propone il reclutamento di docenti toscani da mandare ad insegnare nelle varie scuole italiane e nello stesso anno “La lettera intorno al vocabolario”, dove insiste nel pubblicare un dizionario dell’uso fiorentino (1873 -1897). Gli ultimi anni della sua vita li dedica alle “opere teoriche” di argomento filosofico, letterario e linguistico. Nel 1861 accetta la nomina di senatore del neonato Regno d’Italia e sente la necessità di diffondere la lingua comune a tutti gli italiani, contribuendo in prima persona. Nel 1868 presiede la commissione per l’unificazione della lingua sostenendo il “fiorentino contemporaneo” come lingua modello per lo Stato italiano, che si deve diffondere attraverso la scuola. Manzoni muore il 22 maggio 1873 (150 anni fa) e per il suo funerale il musicista Giuseppe Verdi compone “Messe da requiem”. Il compositore italiano condivide con lo scrittore i valori tipici del Risorgimento: la giustizia e la libertà. La sua morte gli fornisce l’occasione per realizzare un vecchio progetto: comporre l’intera messa e alla data del 3 giugno scrive:” Io pure vorrei dimostrare quanto affetto e venerazione ho portato e porto a quel grande che non è più e che Milano ha tanto degnamente onorato. Vorrei mettere in musica una Messa da morto da eseguirsi l’anno venturo per l’anniversario della sua morte. La Messa avrebbe proporzioni piuttosto vaste, ed oltre ad una grande orchestra ed un grande coro, ci vorrebbero anche (ora non potrei precisarli) quattro o cinque cantanti principali”. Dopo l’autorizzazione del sindaco Giulio Bellinzaghi, il Requiem di Verdi fu eseguito in occasione del primo anniversario della morte del Manzoni nella chiesa di San Marco a Milano. Fu diretto da Verdi ed i quattro solisti furono Teresa Stolz (soprano), Maria Waldmann (mezzosoprano), Giuseppe Capponi (tenore), Ormondo Maini (basso).
Maria Rosanna Mucciolo
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Fonti: S.Brenna, D.Daccò: Storie in tasca, ed.scolastiche, B. Mondadori
C.Giunta, M.Grimaldi, G.Simonetti: Lo specchio e la porta, mille anni di letteratura, ed. Verde.