RICORRENZA: VERONA: “200 anni or sono “Il congresso di Verona o dei Grandi”.

…a cura di Maria Rosanna Mucciolo

VERONA: “200 anni or sono «Il congresso di Verona o dei Grandi»”.

L’età della Restaurazione comprende quell’arco di tempo che va dal 1815 al 1830, si tratta di un’epoca storica caratterizzata dal processo di riassetto politico del continente europeo che le potenze vincitrici su Napoleone avviarono per ristabilire in Europa l’ordine legittimo: ridisegnare i confini territoriali degli Stati sconvolti dalle conquiste napoleoniche. Nel 1814 fu convocato dalle quattro potenze vincitrici: Austria, Regno Unito, Prussia e Russia un congresso a Vienna, che terminò il 9 giugno del 1815. Nel ridisegnare la geopolitica dell’Europa i partecipanti al congresso si mossero seguendo i principi ispiratori: il principio di legittimità: il diritto dei legittimi sovrani di riappropriarsi del trono senza tener conto delle aspirazioni democratiche del popolo; il principio di equilibrio: proposto per impedire l’egemonia di uno Stato sull’altro e portò alla creazione degli “Stati cuscinetto”; il principio d’intervento: impegno delle potenze europee a intervenire in reciproco soccorso e si espresse attraverso la creazione della Santa Alleanza, patto sottoscritto nel settembre del 1815 dalla Russia greco-ortodossa, Prussia protestante e Austria cattolica. A questo patto non aderirono il papa, il sultano dell’impero ottomano e il Regno Unito, infatti lord Castleregh lo definì: ”Un documento di sublime misticismo”. In tutto questo fermento politico in Italia si rafforzò l’egemonia dell’Austria, con il possesso diretto del Lombardo-Veneto, tramite legami dinastici; fu ricostruito il Regno di Sardegna, che annetteva la Liguria; lo Stato Pontificio e il Granducato di Toscana conservarono la loro integrità territoriale, il regno delle due Sicilie venne dato a Ferdinando IV di Borbone.

A breve distanza dal congresso di Vienna, seguirono altri consensi per ribadire quello che era stato stabilito dal convegno del 1814-1815, infatti nel 1818 i rappresentanti delle quattro potenze si riunirono ad Aquisgrana, dove sottoscrissero un protocollo segreto che confermava la garanzia reciproca in funzione antifrancese, il tutto accompagnato da una dichiarazione di fratellanza cristiana fra le quattro potenze. Nel 1820 a Troppan (Opova nella Repubblica Ceca), la Santa Alleanza affermò il principio di intervento contro ogni tentativo di rivoluzione. Nel gennaio del 1821 le potenze si riunirono a Lubiana per bloccare il regime costituzionale di Napoli. Nel 1822 le potenze vincitrici decisero di riunirsi in un altro congresso: scelsero l’Italia e i rappresentanti dei vari gabinetti europei si riunirono per decidere in quale città italiana tenere un nuovo convegno, fra le città candidate c’erano Milano, Firenze, Venezia, Udine e Verona. Scelsero quest’ultima. Così, tra l’ottobre e il dicembre del 1822 si tenne un nuovo congresso che la storia ha relegato ad evento minore, anche se la città degli Scaligeri ospitò le teste coronate d’Europa, con il compito di discutere di cinque importanti tematiche: la tratta dei neri, la pirateria nei mari d’America, l’Italia nel nuovo scacchiere politico, l’intervento della Santa Alleanza in Spagna, contrasti tra la Russia e l’Impero Ottomano. Fu un evento rilevante che chiudeva una serie di congressi che iniziati a Vienna nel 1814 si conclusero a Verona nel 1822, tutti incontri per discutere le varie problematiche che affliggevano non solo l’Italia, ma anche altri Paesi europei. Nel 1838 Chateaubriand scrisse un’opera molto importante dal titolo: Le congrès de Vérone, dove l’autore analizza la situazione internazionale esponendo la situazione politica ai diplomatici e ai politici dei vari stati, tenendo rapporti epistolari con l’imperatore Francesco I, lo zar Alessandro I e con il re Federico Guglielmo III.

Verona all’epoca era una città austriaca, guidata dal podestà Giovanni da Persico, che in forma privata fu avvisato il 4 luglio che era stata scelta la città scaligera per un nuovo congresso, ma la notizia fu resa pubblica solo tre mesi dopo, quando le delegazioni avevano incominciato ad inviare il loro personale. Significative a tal riguardo sono le pagine scritte da Giovanbattista Zoppi: ”Racconteranno i nostri ai loro figli, e questi ai nepoti, ed ai più tardi nepoti, che staranno maravigliando ad ascoltarli, come sulla fine dell’anno 1822 ebbero qui per lo spazio di due mesi, e seggio, e trono, presso che i Sovrani tutti, che l’europa nostra signoreggiavano; e che le Provincie tutte del Regno Lombardo Veneto accorsero sollecite a tributare omaggio, e riverenza alla Maestà dell’oro, e nostro augusto imperadore, e Re, … e verrà maggiore la loro meraviglia, se diranno, eziandio, che tutti avvegnachè grandi e potenti, s’accumunarono con noi, fatti quasi concittadini, scorrendo amichevoli, e cortesi le nostre medesime contrade.‘’ A Verona arrivarono all’incirca 4000 persone tra teste coronate, ministri, accompagnatori, servi. La città scaligera si trasformò per accogliere i partecipanti al congresso e un grande contributo lo diede un ingegnere dell’epoca, che realizzò una pianta della città con i vari alloggi: palazzo Canossa fu assegnato allo zar di Russia Alessandro I, Palazzo Fracastoro al re di Prussia Federico Guglielmo III, Palazzo Giusti al re Carlo Felice di Sardegna, Palazzo Peccana a Maria Luigia di Parma ex imperatrice di Francia, Francesco I d’Asburgo alloggiò a Palazzo Erbisti. Per Verona fu una svolta decisiva, non solo sul piano sociale ed economico ma anche su quello politico, infatti la decisione di celebrare un congresso delle potenze europee nella città scaligera non fu solo per gli incontri diplomatici, ma annodavano elementi importanti della politica asburgica che dovevano essere risolti. Questo convegno rappresentò un punto di particolare importanza che avrebbe portato a termine l’età della Restaurazione, rappresentò una svolta decisiva che avrebbe portato, come scrivevo prima, la fine di un’età così complessa quale fu il periodo della Restaurazione. Per alcuni mesi, i sovrani d’Europa furono impegnati in numerosi incontri mondani riservati ai “congressisti” e alle famiglie che li ospitava, partecipavano agli spettacoli del teatro Filarmonico, visitavano l’anfiteatro romano e partecipavano ai caroselli militari che si svolgevano in piazza Brà. Gli spettacoli in Arena o negli altri luoghi di ritrovo, le bellissime architetture, gli spazi della città lasciavano intravedere una “glorificazione del potere”, ma anche la volontà, da parte dei cittadini, di offrire l’immagine di una città operosa, che non si fermava davanti alle problematiche politiche, economiche e sociali.

Come accennato prima, tutta la città fu coinvolta: il podestà di allora Da Persico Giovan Battista (1777-1845), regista e gran cerimoniere, organizzò serate impegnative al teatro Filarmonico e al teatro Nuovo, e in un suo scritto descrive la spettacolare piazza Brà:” La piazza, detta la Brà, apre si fatta scena(….). La Brà è pur detta piazza d’arme dall’uso militare a cui la tenevano i veneziani. Il Museo Lapidario, il Listone, e i suoi palazzi, il così detto della Gran Guardia e l’anfiteatro le fanno da corona”. Il ruolo di Da Persico era importante per l’organizzazione dell’evento e per accogliere i sovrani. Al podestà veronese si riconoscono tante abilità diplomatiche oltre a quelle organizzative, invece l’architetto Bartolomeo Giuliari (1761-1842) stampò vari documenti che annunciavano l’arrivo delle teste coronate. Furono organizzate varie funzioni religiose, infatti Francesco I dopo la consueta passeggiata quotidiana, partecipava alle funzioni religiose nella chiesa di S. Fermo. Anche le teste coronate prendevano le loro iniziative, si ricorda che Alessandro di Prussia invitava tutti i veronesi ad andare tutti i giovedì a Corso porta Nuova per passeggiare e Leandro Giusti ci racconta che avrebbe anche invitato l’imperatrice Carolina al teatro Filarmonico.

Tutto questo accadeva in un clima sereno e di giubilo, ma in seno al congresso si discusse di cinque tematiche di particolare rilevanza sia storica che culturale: il commercio dei neri, la pirateria nell’ oceano Atlantico, la situazione politica italiana, i problemi causati dalla rivoluzione spagnola e greca. Un congresso che doveva affrontare importanti questioni, ma la storia ufficiale ha relegato ad evento minore. Il primo che parlò degli avvenimenti del 1822 fu Filippo Huberti, che compose un poemetto in onore dell’imperatore Francesco I d’Austria e in onore della moglie Maria Ludovica, morta a Verona nel 1816 e al parere dell’Huberti sarebbe stato un motivo per cui l’imperatore avrebbe scelto la città veneta come sede del congresso. I partecipanti ai lavori del convegno furono: Francesco I e il principe Metternich, lo zar Alessandro I con il conte Nesselrode, (Lo zar con la moglie a causa di un forte temporale furono costretti a fermarsi presso Villa Quaranta in località Ospedaletto di Pescantina, ospiti della contessa Butturini, proprietaria della residenza in quegli anni. Oggi, a testimonianza del passaggio dello zar, un’epigrafe posizionata sulla loggia ricorda che nel 1822 la contessa ospitò personaggi illustri e fra questi lo zar di Russia, che si recava a Verona per il congresso della Santa Alleanza), Federico Guglielmo III con il principe Karl August von Hardenberg e con il conte Albrecht von Bernstorff, Montmorency e Chateaubriand per la Francia, il duca di Wellington per il Regno Unito, Carlo Felice e monsignor Giuseppe Maria Spina per lo Stato della Chiesa, Ferdinando I e Ferdinando III Asburgo-Lorena. Erano presenti anche Maria Luisa Asburgo-Lorena, Francesco IV di Modena, Achille de Jouffroy rappresentante dell’ordine di Malta.

Oggi non si sa molto di quello che sia successo all’interno del convegno, quello che conosciamo ci è stato tramandato dalle NACHRICHTEN, relazioni non firmate e pubblicate nel 1824 a Verona, un altro documento altrettanto importante riguardante gli avvenimenti dell’epoca è “Le congrès de Vérone” del 1838 redatto dal visconte René de Chateaubriand che insieme al duca di Montmorecy rappresentò la Francia. Come sottolineato prima i temi trattati furono cinque:

  • La traites des negres: aspetto umano, sociale ed economico, la tendenza fu quella di abolire una pratica definita intollerabile;
  • Les pirateries dans les mers de l’Amerique on les colonies espagnoles: anche per questa problematica la discussione fu generica;
  • Les déméles de l’Orient entre la Russie et la parte: i contrasti tra Russia e impero ottomano, collegati al movimento indipendentistico greco, furono compatti nel negare ai greci il diritto di autodeterminarsi;
  • La position de l’Italie: placati i tentativi rivoluzionari, i sovrani assoluti tornarono sui loro troni e la richiesta di Carlo Felice di escludere dal trono Carlo Alberto dalla successione, non fu accolta dai partecipanti;
  • Les donges de revolution d’Espagne per rapport à la France: della posizione francese ne parla Chateaubriand nel suo scritto. Infatti, la Francia di Luigi XVIII, dopo la “debacle” napoleonica, aveva avuto modo di riprendere il ruolo di grande potenza, impegnando il suo esercito fuori dai propri confini. L’unica potenza ad essere preoccupata era l’Inghilterra che pensava che i francesi si potessero sostituire agli spagnoli nelle Americhe. Per concludere il congresso di Verona fu un importante evento storico, culturale, sociale ed economico che ha lasciato tanti segni in Europa ma anche nel resto del mondo. Il convegno del 1822 fu un avvenimento di particolare rilevanza per la città, tanto che ci fu un grande impegno sia da parte delle autorità che dell’aristocrazia cittadina.

Mucciolo Maria Rosanna

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Foto da: Wikipedia
Il congresso di Verona o dei grandi – Fonte: O.Bevilacqua: Le accademie di agricoltura del Veneto della Dalmazia nell’età del congresso di Verona, pp. 111-125.

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