Risposta ai lettori 25/1 (grafia del dialetto — parte prima)
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Risposta ai lettori 25/1 (grafia del dialetto — parte prima)
Un problema che da molto tempo assilla alcuni amici è come si debbano trascrivere le parole dialettali. Qui voglio affrontare la questione delle S, che tante perplessità suscitano. Prima di tutto, dobbiamo tenere presente una regola aurea: cercare di rendere intelligibile il nostro dialetto anche a chi non sia veronese. Ciò premesso, dirò che sconsiglio nettamente di usare il carattere ç, perché appesantisce inutilmente la lettura. Non ha senso, per esempio, scrivere çeola o çercar in luogo di seola, sercar («cipolla» e «cercare»).
In secondo luogo, dobbiamo usare una grafia che sia il piú possibile chiara. Prendiamo, per esempio, il famoso risoto al tastasal che compare in molti ristoranti della Bassa. Chiunque venga da fuori della provincia di Verona leggerà la esse sonora, come nella parola italiana casale. Io consiglio di scrivere tastassal, evitando cosí qualsiasi possibile equivoco.
C’è un uccellino, lo scricciolo, che è detto da noi sbusa-sése, letteralmente «fora-siepi». Scrivendone il nome cosí, la pronuncia è chiarissima: c’è una esse (la terza) che è sorda, come nell’ital. rosso, tutte le altre sono sonore, come nell’ital. rosa. Ma a volte il nome dell’uccellino viene scritto sbusasése, e qui ci immergiamo nella confusione: qualcuno potrebbe pronunciare con tutte le esse sonore, e ne risulterebbe un guazzabuglio fonetico incomprensibile…
Giovanni Rapelli – (continua)