Risposta ai lettori 27 (espressioni dialettali)

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Risposta ai lettori 27 (espressioni dialettali)

Riccardo mi chiede se la parola veronese pizegòto (o pissegòto, pissigòto) «becchino» derivi dal verbo spizigàr o spissigàr «pizzicare», e quale ne sia l’etimologia. Sull’argomento si è dilungato Marcello Bondardo (nel suo Dizionario etimologico del dialetto veronese, Verona 1986); ne riporto qui alcuni particolari. Già nel Cinquecento si definiva nel Veneto pizegamorto colui che seppelliva i defunti, significante apparentemente «pizzica-morto», ma dove la parte iniziale riflette un antico verbo *pizàr «pungere».

Fin qui, tutto sembrerebbe chiaro, ma non è così. Già il Boccaccio parla di beccamorti che si facevano chiamare becchini: abbiamo qui un’alternanza di significato tra il “pungere” il morto e il “beccarlo”. Ci si chiede perché la gente comune abbia sentito in un certo momento la necessità di chiamare becca-morto il seppellitore di defunti. Qualcuno pensa che questo derivi dal fatto che il becchino si assicurava un tempo che la persona fosse davvero morta “pungendola”.

Io ritengo, invece, che l’immagine sia nata già anticamente dall’osservazione degli uccelli che si nutrono dei cadaveri. Questi volatili si dispongono a beccarli qua e là, soprattutto nelle parti molli del corpo; era facile vedere in essi dei “becca-morti”. Anche da noi vi sono uccelli necrofagi: a parte il comune corvo, nell’Italia centrale sopravvive ancora il capovaccaio, della famiglia degli avvoltoi. Il becchino, insomma, venne identificato spregiativamente con l’uccello che si nutre dei morti.

Giovanni Rapelli

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