RISPOSTE AI LETTORI 01 (espressioni dialettali)
…a cura di Giovanni Rapelli
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RISPOSTE AI LETTORI 1 (espressioni dialettali)
Gianni mi chiede se per caso il termine veronese sisóre «forbici» non derivi dal latino scindere… nel qual caso avremmo una sopravvivenza del latino veramente curiosa (sisóre ricorderebbe infatti, in tale ipotesi, il participio passato lat. scissus «scisso, tagliato in due»).
No, non è cosí. Il ver. sisóre corrisponde foneticamente — ma anche semanticamente — all’ital. cesoie; alla base di entrambi c’è il latino tardo (VI° secolo d.C.) cisoriae, che appunto indicava le «forbici» (e derivava da caedere «tagliare», partic. pass. caesum). Nella fase piú antica del nostro dialetto la parola per «forbici» dovette suonare *zisóre.
Ma il lettore cita anche l’inglese scissors «forbici», notandone la somiglianza col nostro sisóre. In effetti, risalendo nel tempo le due parole hanno la stessa, identica origine. L’ingl. scissors risale all’inglese medievale sisoures, che riproduce il francese antico (come si sa, i Normanni introdussero in Inghilterra un’infinità di parole francesi) cisoires; a sua volta, il francese antico cisoires aveva la stessa, identica derivazione del nostro sisóre. Una curiosità: la grafia inglese venne molto spesso influenzata dal latino, per il vezzo di avvicinarsi a una lingua che nel Medioevo era ancora fortemente diffusa in tutta Europa. Fu cosí che l’inglese medievale sisoures divenne scissors tenendo presente proprio il latino scissus «scisso, tagliato in due»…
Gianni mi chiede anche l’etimologia di tuín «tanfo di locali rimasti chiusi lungo tempo». Qui seguiamo ciò che ci dice Marcello Bondardo, nostro grande dialettologo. È una voce diffusa in tutta l’area tra Rovereto e il Padovano, e deriva da tufo «odore» (anche questa, voce abbastanza diffusa); ma mentre tufo è, diciamo, classico (riproducendo il lat. tardo typhos «fumo»), popolarmente ne sorse un diminutivo con la caratteristica lenizione veneta di -f- in -v-, consonante che poi cadde del tutto: quindi si ebbe dapprima *tuvín, poi l’attuale tuín.
Giovanni Rapelli