Smith Tom Rob – “Bambino 44”
…a cura di Elisa Zoppei
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Carissimi amici lettori, sottopongo alla vostra attenzione un romanzo diverso da quelli che finora vi ho presentato, per un tuffo in un genere di lettura mozzafiato, un thriller tinteggiato di horror, ispirato alla realtà storica di un regime terroristico come era quello della Unione Sovietica staliniana, dove si racconta una delle tante tragedie taciute e censurate del secolo XX°. Perché questo libro? Perché siamo vicini alla giornata della memoria (27 gennaio u.s.) e coloro che hanno sofferto ingiustizie, angherie e soprusi, anche fuori del nostro Paese, vanno ricordati oggi come ieri. Il romanzo è “Bambino 44” (2008, Sperling & Kupfer) di Tom Rob Smith, un giovane scrittore inglese dotato di uno straordinario talento narrativo che riesce mirabilmente a coniugare la storia romanzesca con la Storia vera, in una vicenda che fa accapponar la pelle.
Qualche notizia biografica
Tom Rob Smith è nato nel 1979 a Londra dove vive, da madre svedese e padre inglese. Studia al St. John’s College, Cambridge, e dopo la laurea, nel 2001 vince la borsa di studio Harper Wood per la poesia e la letteratura inglese e decide di completare i suoi studi di scrittura creativa alla Parvin University in Italia. Terminati gli studi lavora come sceneggiatore per la televisione e il cinema.
Quando scrive questa storia è alla prima esperienza come scrittore, ma avendo lavorato come sceneggiatore, dimostra di conoscere l’arte di tenere in tensione il lettore, proprio come in un film giallo. Oltre a scrivere in modo avvincente, questo giovane ha dimostrato di avere effettuato una accurata ricerca, negli archivi di Stato Russo, disponibili al pubblico, per cui il romanzo un mezzo per mostrare un affresco tragico del regime comunista al suo apice, in un clima di ricostruzione dopo i disastri della seconda guerra mondiale e in un crescendo di sfida a distanza con l’altra superpotenza occidentale, l’America.
L’Autore, non ancora trentenne, nel 2008 era al suo esordio come romanziere, ma già da subito conquistò un folto numero di fans in tutto il mondo, tanto che il suo libro fu tradotto in trenta lingue e interessò Hollywood, che ne fece una riuscita trasposizione cinematografica, diretta dal regista Daniel Espinosa. Ed era prevedibile in quanto questo libro era già strutturato come una sceneggiatura cinematografica. Da un lato infatti sapeva mantenere l’attenzione del lettore lungo tutte le sue 445 pagine, e dall’altro si prestava a essere reinterpretato passando attraverso il freddo ingranaggio di una macchina da presa, certamente loquace, ma meno letteraria e meno poetica. Il libro piacque a tutti, specie ai giovani, forse perché rifletteva il nostro tempo e il nostro mondo, con in più il merito di una evidente discesa nel campo della storia di un’epoca che permise di mettere a nudo una realtà conosciuta più che altro attraverso le versioni ufficiali del governo russo. Guadagnò il prestigioso premio International Thriller Writers Award e CWA Ian Fleming Stell Dagger Award come miglior romanzo criminoso.
Dopo Bambino 44, sempre con Sperling&Kupfer, a oggi ha pubblicato altri tre romanzi thriller: Il rapporto segreto, Agent 6 e La casa.
Il “Bambino 44” del titolo del romanzo è la quarantaquattresima vittima, di una strage perpetrata da un Killer sconosciuto che agisce nell’ombra protetto dal Sistema. La storia inizia nel 1933, in un villaggio dell’Ucraina, dove due bambini inseguono un gatto scheletrico nel bosco: la scena cambia mentre un uomo impugna un bastone e uno solo dei bambini torna a casa, ma non ha il gatto con sé. Quel gatto era stato rincorso dai due fratellini per quietare morsi della fame che come uno spettro terribile armato di falce mieteva milioni di morti. Dietro a tutto questo la folle politica staliniana di industrializzazione forzata e collettivizzazione delle campagne e la distruzione completa della civiltà contadina. Fu quella una delle tante tragedie del secolo XX° taciute e censurate. Vent’anni dopo, nel febbraio del 1953 (Stalin morirà nel marzo dello stesso anno) altri due fratellini giocano a palle di neve, litigano, il più piccolo si allontana e verrà trovato morto. È lui il “Bambino 44”. La versione ufficiale della polizia è che era troppo vicino ai binari ed è stato travolto dal treno. Il papà che fa parte della polizia segreta, tenta di ribellarsi alla legge del silenzio. Il suo bambino, di neanche cinque anni, è stato trovato con la bocca piena di terra e il torace squartato. Non può che essere stato assassinato. Ma nel paese della Russia sovietica non era ammesso che potesse esistere la criminalità, prodotto semmai delle società capitalistiche. Se si verificava qualche morte evidentemente delittuosa, l’unica cosa permessa era incriminare qualcuno, trovare un capro espiatorio fra la feccia della società, vagabondi, ubriaconi, un qualunque colpevole non in grado di replicare di dimostrare la sua innocenza. Ma se qualcuno avesse avuto il fegato di difendersi ecco che entravano in azione i sistemi del terrificante carcere della Lubjanka in grado di strappare le confessioni più inconcepibili.
Leo Stepanovic Denidov, il protagonista del romanzo, responsabile delle indagini sulla atroce morte della quarantaquattresima vittima di un feroce sconosciuto Killer seriale, è un ufficiale della polizia russa incaricato di risolvere omicidi. Che si rivela da principio quello che è: un servo dello Stato, che obbedisce al dovere di salvaguardare il futuro dell’idealismo comunista tutelando la sicurezza dello Stato. Lo conosciamo quando si reca nella stanza del Condominio 18 dove abita il collega, padre del bambino morto, e gli dice che, no, non è vero che il piccolo è stato trovato nudo e marcato da una orribile lacerazione, che tutto dimostra che sia stato vittima di un incidente. Ma quando gli toccherà di vedere uccidere i contadini a sangue freddo o assistere alle torture per far parlare una spia di nome Brodskii, comincerà a provare disgusto per il suo mestiere fin che raggiungerà il culmine del dissenso interiore verso il governo, quando gli viene assegnato il compito di sorvegliare sua moglie per denunciarla come spia oppure essere ritenuto suo complice. Nell’Unione Sovietica del 1953 chiunque era passibile di essere accusato come spia e chiunque era pronto a tradire anche i propri cari, per migliorare sia pur minimamente la propria vita quotidiana. Leo però questa volta non soggiacerà alle regole del partito. E che fine farà? Riuscirà a far luce sugli efferati delitti che infestano il territorio sotto la sua giurisdizione? Che cosa lo attende quando lo scoprirà?
Leggendolo questo libro fa venire i brividi, raggela l’anima, comunicando con immediatezza il senso di disperata solitudine che già colpisce nella copertina: un uomo solo che cammina seguendo le rotaie, mentre nevica sulle macchie di sangue. Ed è la solitudine peggiore, quella in cui ci si trova quando si è sempre attorniati da persone con cui non ci si può fidare a scambiare neppure una parola. Il testo unisce alla potenza narrativa un inquietante ritratto creando suspence, stimolando la curiosità e mantenendo vigile l’attenzione di chi legge. Qualcuno consiglia di iniziare il romanzo a fine settimana e annullare ogni impegno, in quanto sarà difficile tenervi fede perché essendo assorbiti nella lettura ci si dimenticherà di tutto. Buona lettura per chi non ha un palato troppo fragile.
Elisa Zoppei