Tea Sesini Silvestra
…a cura di Giancarlo Volpato
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Intellettuale, scrittrice per bambini, partigiana, aiutante dei bisognosi, Silvia Francesca Luigia Tea nacque a Biella il 26 ottobre 1887. Il padre Alberto era avvocato e sua madre, Anna Ricci, buona insegnante di disegno, dirigeva l’asilo. Erano sue sorelle la pittrice Maria che a Verona s’impose come artista e la storica dell’arte Eva(ngelina) (v. questo Sito); aveva, anche, un fratello, Giuseppe, che morì durante la seconda guerra dopo avere ricoperto ruoli importanti nell’amministrazione veronese. Per i familiari e per tutti gli altri ella fu chiamata sempre Silvestra, con cui firmò ogni cosa escludendo i nomi con i quali era stata battezzata e iscritta all’anagrafe. L’anno successivo alla nascita, il padre vinse il concorso quale segretario dell’Amministrazione provinciale di Verona e la famiglia si trasferì; qui ella frequentò le scuole ma, poi, ritornò a Biella dove conseguì il diploma magistrale: la passione dell’insegnamento ai bambini rimarrà – nonostante i molti impegni cui Silvestra Tea si dedicherà – il fulcro della sua vita. Andò a Roma dove si sottopose al tirocinio per le scuole differenziali: e furono i fanciulli portatori di handicap il centro della sua vita d’insegnante.
Sin da giovane, quale cristiana e profondamente cattolica, fu impegnata nel prestare aiuto e consigli ai bisognosi, alle famiglie in difficoltà, ai giovani sposi, a coloro che si preparavano al matrimonio, alle giovani madri: lo fece, anche, pubblicando saggi sulla rivista “Il Solco” ed opere letteralmente dedicate agli scopi dalla stessa voluti e che usciranno nel periodo in cui anch’ella si sposò. Si possono ricordare Una mamma, un babbo ed un bambino (Treviglio-Firenze, Bemporad, 1924), Trililì, dedicato ai piccoli (ibidem, 1924) e, più tardi, per le ragazze avviate al matrimonio, La promessa sposa: schemi per corsi per fidanzate (Roma, Sales, 1937). La sua attenzione al mondo della famiglia non venne mai meno e alla stessa dedicò altre opere, tra cui ci limitiamo a citare I giorni della fanciullezza (Roma, Sales, 1941).
Il 10 maggio 1924 si unì in matrimonio con Ugo Sesini (v. questo Sito), grande filologo musicale, partigiano e morto in campo di concentramento di Mauthausen nel 1945. Dal giorno in cui, al suo cognome aggiunse anche quello del marito, ma anche assai spesso prima, Verona e Trevenzuolo erano diventate le sedi della sua vita.
Attenta ai problemi dell’infanzia e dell’educazione, mentre dava alle stampe le sue opere – pure quelle sopra citate – Silvestra Tea Sesini fondò e diresse una scuola differenziale denominata “Raggio di sole” e rimasta celebre nella storia di Verona: colonia all’aperto per la rieducazione dei bambini afflitti da difficoltà essa diventò, sotto la sua direzione e con l’aiuto di insegnanti artisti, una scuola deliziosa che molti visitarono come modello. Per questi piccoli, diversamente abili, Silvestra Tea reinventò modelli di educazione di grande efficacia; la sorella Eva, ricordandola dopo la scomparsa, scrisse che i diversi metodi usati erano stati da lei riassunti in uno solo, infallibile: si chiamava amore.
Negli stessi anni, diventò un’abile traduttrice; aveva imparato le lingue che utilizzò, sia proprio per questo lavoro sia come collaboratrice nelle collane straniere di letture per ragazzi e giovani; piuttosto ricca – in questo campo – è la sua bibliografia; studiò la storia della Chiesa, si occupò di santi (citiamo, come esempi, il suo libro Santa Caterina da Genova, Roma, Sales, 1945 oltreché la traduzione dal tedesco dell’opera di G. Mühlbauer, Suor Maria Fedele: 1882-1923, Brescia, Morcelliana, 1935); tradusse, dal francese, le Preghiere di un credente di Marcel Légaut (Morcelliana, 1936); si dette da fare, sempre per coloro che avevano bisogno, senza guardare nulla che non fosse il bene per il prossimo.
Nei primi anni della guerra – esattamente nel 1941 – si traferì a Roma spinta dal desiderio di aiutare i deboli e gli emarginati e per combattere l’analfabetismo. Al quartiere Testaccio, tristemente famoso soprattutto allora, fondò l’associazione “Orti di guerra” al fine di sostenere le famiglie e i bambini con disagi. Per mantenersi, lavorò alla Biblioteca vaticana: qui strinse amicizia con il bibliotecario Gerardo Bruni, uomo di grande respiro sociale, divenuto – alla fine del conflitto – politico e collaboratore di istituzioni; nel pensionato delle suore “Villa Mater Dei” condivise la camera con Anna Maria Enriques Agnoletti, paleografa della medesima istituzione, donna diventata celebre per la sua straordinaria intelligenza e per il suo amore per la libertà che le costò la vita.
A Roma Silvestra Tea Sesini aprì i suoi giorni – ancora più di quanto avesse fino ad allora dimostrato – verso tutto ciò che stava avvenendo. Nel 1941, assieme a Gerardo Bruni, alla Enriques Agnoletti e a Lorenzo Lapponi, fondò il “Movimento cristiano sociale”, formazione di sinistra dei cattolici italiani poi divenuto “Partito cristiano sociale” che iniziò a riunirsi in clandestinità; con le medesime persone, ma soprattutto con l’amica paleografa, fu promotrice dell’Unione Donne di Azione Cattolica. Qualche anno più tardi, nel 1945, Pio XII definirà queste associazioni “cellule dell’apostolato cristiano moderno”.
Fieramente antifascista e contraria alla guerra come principio, non rinunciò a mettere la propria vita in pericolo: laddove nasceva la Resistenza, Silvestra Tea accorreva. Nel Lazio fu parte attiva nella zona a nord della capitale occupandosi soprattutto dei transfughi, di coloro che non volevano uccidere e cercavano riparo. Si traferì, poi, con la Enriques Agnoletti, in Toscana durante l’occupazione tedesca: qui, all’inizio del 1943, contribuì all’organizzazione dei comitati per la Resistenza.
Nel maggio di quell’anno, fu trovata in possesso di documenti ritenuti compromettenti dagli invasori; venne arrestata e, assieme all’Agnoletti, rinchiusa nel carcere delle Mantellate a Roma. Furono entrambe condannate a morte; per l’amica la sentenza venne eseguita; per lei – per uno strano e fortunato concorso del destino – ciò non avvenne poiché riuscì, con qualche aiuto, a fuggire: per ricordare la tragedia della collega morta scrisse una Memoria, rimasta inedita.
Ritornata libera, riconquistò Roma adoperandosi attivamente per i bisognosi, ma fu attiva partigiana nella zona di Porta Furba; per questo, venne nuovamente arrestata dai tedeschi. Tenuta prigioniera per due mesi, doveva essere prelevata per essere fucilata a La Storta assieme a Bruno Buozzi, quando un provvidenziale trasferimento all’infermeria del carcere “Regina Coeli” le salvò la vita. Qui rimase finché non fu liberata dalle truppe alleate. Nel periodo in cui conobbe le catene della nuova prigionia, Silvestra Tea scrisse una struggente Preghiera, dolce e profonda, che dedicò al figlio Alberto.
Tra il 14 giugno e il 5 luglio 1944, si tennero a Roma quattro incontri importanti: quelli che fondarono le Acli (Associazioni cristiane dei lavoratori italiani); vi erano sei uomini (tra questi Achille Grandi, Giulio Pastore, Vittorino Veronese) ed un’unica donna che rispondeva al nome di Silvestra Tea Sesini. La prima uscita pubblica, 26-28 agosto 1944, vide lei sul podio assieme a Grandi che poi, per primo, guiderà la neonata e fortunata Associazione lasciando il posto a Ferdinando Storchi. In queste occasioni, era presente Alcide De Gasperi e qui, sostanzialmente, sorsero le prime idee della Democrazia Cristiana. Quel “Movimento cristiano sociale”, nato con gli amici e colleghi di cui sopra si era parlato, divenne un vero partito del quale ella fece parte nel consiglio direttivo; fu chiamata, altresì, assieme a Umberto Zanotti Bianco, all’Associazione Nazionale per gli interessi del Mezzogiorno d’Italia (da cui deriverà, più tardi, la Cassa per il Mezzogiorno); promosse la costituzione dell’“Opera Alfonso Casati”, militare italiano di Corinaldo, insignito della medaglia d’oro al valore per la Resistenza.
Subito dopo, Silvestra Tea andò in Piemonte, la sua terra natale, dove partecipò alla lotta per la Liberazione sino alla fine. Intanto si consumava la tragedia del marito che lasciò in lei un dolore infinito, ma che le dette un coraggio ulteriore contro qualsiasi forma d’ingiustizia: una di queste fu quella di promuovere, assieme ad altre, a Torino, il Comitato Nazionale Donne Italiane del quale rimase sempre una delle persone rappresentative.
Alla fine della guerra, quando ormai neppure a Trevenzuolo pensava di potere restare, si trasferì a Milano con il figlio presso la sorella Eva: qui, senza dire nulla ai familiari, si candidò nel Partito Comunista Italiano e s’impegnò nell’associazionismo e nel volontariato a fini benevoli ed umanitari. Un grande esempio fu la fondazione, da parte sua personale, di “Rinascita sociale” con il motto “Risorgi e vivi”, per l’assistenza e la riabilitazione di coloro che erano stati in carcere: un ente morale all’avanguardia, per quei tempi, e del quale Silvestra Tea fu l’unica fondatrice; esso aveva sede nel Palazzo di Giustizia del capoluogo lombardo.
Anche se non aveva seguìto degli studi appositi, ella diventò – per tutti – l’assistente sociale per eccellenza: sia per l’esperienza maturata, sia per la sua personale propensione e sia, soprattutto, per il fatto che sapeva cogliere, sempre, il lato importante della vita: quello di donare se stessa nel modo più giusto e più consono alle esigenze di coloro che le stavano davanti. Proprio come assistente sociale partecipò all’attività dell’Unione Cristiana delle Giovani. Quest’ultimo suo impegno fu il pretesto grazie al quale Silvestra Tea cambiò quello che restava della sua vita.
Pasquale Misuraca, grande invalido dell’ultima guerra e uomo di squisita sensibilità, abitante a Siderno, sulla costa jonica della provincia di Reggio Calabria, desideroso di risollevare le infelici sorti dei concittadini, assieme alla moglie Elsa Romeo che si occupava direttamente della povera gente, chiese all’Unione Cristiana delle Giovani qualche assistente sociale affinché collaborasse per il compito cui egli si era dedicato. Nel luglio 1958, Silvestra Tea, assieme alla collega Mirella Ricca, giunse nel paese calabro: e ne fu entusiasta. Una volta arrivata a Siderno, grazie alle sue doti dialettiche e didattiche, alla sua esperienza assistenziale, seppe accattivarsi – in breve tempo – amicizie e simpatie e riuscì ad inserirsi presto nel tessuto sociale. Visse, subito, a Mirto, un popoloso quartiere diseredato, poi a Marina di Siderno; si occupò dei poveri di Donisi, altro luogo difficile, chiese ed ottenne di collaborare attivamente nella biblioteca comunale. Cominciò subito la sua attività svolgendola in maniera indefessa; nell’ottobre del medesimo anno chiese l’iscrizione al Partito Comunista Italiano del luogo, ne fece parte quale responsabile della stampa e della propaganda. Iniziò lo scambio efficace con la USIS Library di Milano per arricchire quella biblioteca sidernese piuttosto scarsa di opere.
Dedicò i suoi giorni alle necessità della povera gente: aiutò nelle difficoltà della burocrazia, elevò moralmente – grazie anche al suo cristianesimo gioviale, sorridente e persuasivo – le donne di quel Sud a riscattarsi dall’atavica indifferenza di accostarsi alla vita sociale e a quella politica.
Il suo fisico non tenne la frenetica ed incessante attività; ella si ammalò e, pochi mesi dopo, scomparve a Siderno il 27 gennaio 1960; chiese – ed ottenne – di venire sepolta a Siderno Marina con la sua immagine proiettata verso il mare Jonio del quale si era innamorata sin dal primo giorno della sua venuta in Calabria.
La sua memoria nella cittadina è ancora molto alta: ella viene ricordata come partigiana, come educatrice. Le è stata eretta una piccola statua a ricordo. L’ANPI della Locride porta il suo nome. Appare dimenticata sia a Biella sia a Verona.
Suoi documenti si trovano nel “Fondo Gerardo Bruni” presso la “Fondazione Lelio Basso” a Roma.
Bibliografia: Eva Tea, Silvestra, “Brutium. Giornale d’Arte dell’Accademia di Belle Arti”, Reggio Calabria, XXXIX, 1960, n. 6, pp. 3-4; Antonio Parisella, Il Partito cristiano-sociale 1939-1948, Roma, [Assoc. Gerardo Bruni], 1984; Giuseppe Errigo, Protagonisti del Novecento Jonico, v. I, Ardore Marina (RC), Arti Grafiche Edizioni, 1994, pp. 126-131; Domenico Romeo, Silvestra Tea Sesini educatrice, intellettuale, “partigiana”, al servizio dei bisognosi, Ardore Marina (RC), Arti Grafiche Edizioni, 2003; Giuseppe Mogavero-Antonio Parisella, Memorie di quartiere: frammenti di storie di guerra e di Resistenza nell’Appio Latino e Tuscolano 1943-1944, Roma, Edilazio, 2007; Domenico Romeo, Silvestra Sesini: intellettuale e partigiana al servizio dei bisognosi, “La Riviera”, Siderno, 25 aprile 2015; Rosalba Topini, Silvestra Tea Sesini, la partigiana sidernese al servizio dei bisognosi, “La Riviera”, Siderno, 12 maggio 2019; Domenico Romeo, Tea, Silvestra, “I.C.S.A.I.C., Ist. Calabrese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia contemporanea”, Arcavacata di Rende (CS), 5 ottobre 2019.
Giancarlo Volpato