Trevisi Gianluca – “168° COMPAGNIA ALPHA UNIFORM CHARLIE”
…a cura di Elisa Zoppei
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Cari amici lettori, vi presento un romanzo nuovo, un po’ a se stante o meglio atipico per il genere di tipologia narrativa di cui solitamente mi occupo in questa rubrica. L’autore ci mette davanti a un modo di raccontare storie senza una trama, ma con un ordito speciale: un arazzo intessuto di immagini non di rado mozza fiato che compongono le giornate di vita di un giovane allievo ufficiale alpino: un diario di bordo fra le più maestose e inaccessibili vette dell’arco alpino, dove per mesi e mesi l’avventura di ogni giorno è quella di correre e correre per arrivare a sera ancora tutto intero e vivo, impresse negli occhi le straordinarie bellezze di paesaggi magnifici anche se spesso sinistri e inospitali. Senza perdere la voglia di scommettere di far meglio il giorno dopo. Allo stesso tempo è uno dei libri più ben scritti che io abbia letto da un anno a questa parte. Vorrei dire che di un Corso Allievi Ufficiali Alpini, precisamente Allievi della 168° COMPAGNIA ALPHA UNIFORM CHARLIE, materia di per sé con particolari caratteristiche attrattive di narrazione, l’autore come un vero artista della parola, e altrettanto virtuoso pittore degli spettacoli offerti dai nostri magnifici paesaggi alpini, ha fatto un capolavoro di poesia in un cammino di vita giovanile che rinsalda i muscoli del corpo e dell’anima.
Ringrazio l’autore che mi ha fornito alcune informazioni utili a stilare queste e note biografiche
Gianluca Trevisi , per gli amici Doc, è nato a Brescia nel 1969. Dice che fin da ragazzo ha coltivato la lettura, incoraggiato dalla presenza in casa di tanti libri appartenenti alla fornita biblioteca del padre, agente di commercio nel Nord-Italia, frequentatore di librerie e divoratore di libri. Le sue preferenze andavano ai libri storici attinenti alla Classicità Greca e Latina e ad ogni tipo di narrazione riguardante il periodo bellico della Seconda Guerra Mondiale. Prima dell’Università ha frequentato il Liceo Scientifico, tre anni al Luzzago di Brescia, scuola cattolica retta dai padri Francescani e il seguente biennio al Bagatta, scuola statale e laica di Desenzano del Garda. Deve all’incontro con le opere dello scrittore Giulio Bedeschi, vicentino di nascita, veronese d’adozione, medico narratore della Tragedia Alpina in terra di Grecia e Russia, l’attrazione verso il Cappello Alpino e forse anche la decisione di intraprendere la professione medica. Confida che l’aver letto i suoi romanzi lo ha aiutato a sopportare gli sforzi, le angherie, le privazioni affrontati più tardi nella S.M.Alp sapendo che altri prima di lui, solo più sfortunati, erano stati chiamati dalla sorte a ben altre prove…
Così, per prestare il servizio militare, entrò alla Scuola Militare Alpina di Aosta, cadetto del 168° Corso A.U.C., che riuscì a superare brillantemente nonostante le durissime prove fisiopsicologiche e come Ufficiale delle Truppe Alpine completò il servizio col grado di Sottotenente nel 18° Reggimento Fanteria Alpina “Edolo” di stanza a Merano (Bz).
Dopo il congedo conseguì la Laurea in Medicina con Specializzazione in Medicina Generale a Verona, città che gli è molto cara e dove è sempre felice di tornarvi. Oggi è un medico generalista e oltre a “cose” militari, è specializzato in “cose” di medicina, ma è anche passato attraverso vari lavori, da cameriere a bracciante agricolo, da ricercatore a scrutatore di seggi, e da disoccupato a studente fuori corso e così via. Tra tutte queste attività quella di cui va maggiormente orgoglioso è l’essere stato Allievo alla Scuola Militare Alpina di Aosta. Oggi ha la nomina di Ufficiale delle Truppe Alpine con il Grado Onorifico di Tenente. Ma la cosa che lo rende soprattutto fiero di sé è l’essere riuscito a finire il Corso “in piedi”.
Si dichiara da sempre tifoso del Brescia Calcio, ed è innamorato da sempre del Lago di Garda, in quanto da bambino trascorreva spesso le vacanze a Gargnano. Porta impresse in sé indelebili, come prime coscienti memorie infantili, le immagini del Lago, quel suo colore blu cobalto, lo spumeggiare delle onde che si increspavano al largo nelle giornate di vento.
Si sente grato verso la sua famiglia che ha sostenuto, sia nella buona che nella cattiva sorte, le sue aspirazioni e decisioni anche le più idealistiche e utopistiche. In particolare è riconoscente alla sua mamma, che si è dedicata tutta alla cura della casa e all’educazione dei figli, e pur non essendo una letterata, si è sempre spesa in ogni suo giorno per garantire loro il miglior accesso possibile alla cultura per una completa formazione.
Abbiamo davanti un’opera importante fin dall’introduzione, scritta dal Gen. Federico Bonato Comandante ai tempi delle “Vacanze Aostane” del nostro autore, oggi una delle massime autorità militari del Paese come Comandante Operativo di Esercito e Forze Operative Terrestri. È un romanzo che si potrebbe considerare di “nicchia”, buono esclusivamente per gli interessati, visto l’argomento che tratta, storicamente ambientato nel periodo della “ Naja” obbligatoria. Ma nel caso che la Leva Obbligatoria fosse reintrodotta in Italia, come è già avvenuto in Svezia e come sta per accadere anche nella Francia di Macron, questo libro avrebbe tutti i crismi per essere considerato un Bildungsroman, romanzo di formazione, nel senso più sostanziale del termine, perché esplica, narrandolo pagina dopo pagina, il cammino di trasformazione fisica e interiore di tanti giovani uomini alle prese con la fatica, il sudore e il sacrificio costati per conquistare il proprio posto nel mondo. Un cammino fatto sempre di corsa “Corri allievo corri…” lungo il fiume che scorreva nel fondovalle, o inerpicandosi sui fianchi di montagne scoscese fino a raggiungere vette innevate, sotto cieli azzurri o nuvole cariche di pianto, guidato dal motto della 168° Compagnia Alpha Uniform Charlie “Virtus nostra in animo est”. Un cammino veramente duro di sofferenze e privazioni di ogni genere, reso meno malagevole da qualche sogno ad occhi aperti, quando una fanciulla bionda salutava da lontano dal finestrino di un treno in corsa, e lui, Doc, incalzato sotto il peso dello zaino affardellato si fermava e perdeva il passo. Guai a te: erano tuoni fulmini e saette dal suo capitano. Ne usciranno alla fine i giovani uomini come Doc, rinfrancati nel corpo e nel carattere, sicuramente migliori ed arricchiti, nell’animo, nei valori, nel cuore.
Il tutto è mirabilmente raccontato, attraverso una scrittura armoniosa, accurata, elegante ma anche incisiva ed energica, in qualche caso essenziale e adamantina: un dono per noi lettori che non ci capita sempre.
Viene da chiedersi, visti i curricula militare e medico, come è venuto formandosi nell’autore uno stile così esemplarmente limpido, cosa avrà contribuito, contando pure su una certa predisposizione naturale, a maturarlo. Gianluca confessa di avere sempre letto con voracità i romanzi dei più importanti romanzieri contemporanei con predilezione per gli autori americani e anglosassoni, consapevole che come dice Carlo Lucarelli: “Devi prima leggere, se vuoi scrivere”: lezione sacrosanta che ha pienamente fatto sua. E si sente. Come ha fatto sua la sentenza “Scrivi di ciò che sai” del grande romanziere britannico John Le Carre, ex-agente segreto britannico, diventato brillante autore di storie di spionaggio. Perciò lui scrive di ciò che sa, cioè della esperienza vissuta giorno dopo giorno sulla sua pelle e dentro l’anima, per sei lunghi mesi durante il Corso in questione.
La prima conferma l’abbiamo dall’omaggio di eccelso valore letterario che l’autore dedica alla città di Aosta, l’antica Augusta Praetoria fondata dai soldati della Legione romana comandata dal tribuno militare Lucio Decio Marone nel 25 a.c., agli inizi dell’età augustea.
Il romanzo si apre con la rivisitazione storica di un modo di vivere la vita dell’esercito in quel glorioso remoto passato. Gli Allievi della 168° Compagnia ripercorreranno le stesse strade, esploreranno gli stessi anfratti, sfioreranno gli stessi pericolosi strapiombi, vedranno gli stessi panorami, gli stessi cieli stellati o grigio cenere. Si comprende però che, pur essendo cambiato il concetto di gloria e di conquista, legati non tanto ad audaci azioni di guerra per allargare i propri confini geografici, ma a un esercizio praticato quotidianamente per fortificare le virtù morali, rimane vivo tra le pagine, oggi come allora, il valore dello sforzo personale, del controllo delle emozioni, della tenace tensione alla meta.
Da quell’esperienza di vita brada a tu per tu con la propria capacità di resistenza portata ogni giorno ai limiti della sopravvivenza, Trevisi ha tratto materia di un racconto che si snoda fra lezioni teoriche e attività di Sci-Alpinismo, marcia su Ghiacciaio, Tecniche di Arrampicata, Corso Paracadutismo, Poligono per uso Armi da Fuoco, Tecniche di Combattimento Individuale, Tecniche di Combattimento nei Centri Urbani… in un continuo contatto con la flora e la fauna della Valle d’Aosta. Doc ci confida che ora lui divide la sua vita in due parti: prima e dopo la S.M.Alp, o, come la chiamavano in gergo gli allievi “Smalpatraz”, perché la vita di caserma assomigliava molto a quella di un carcere duro. Eppure alle nuove reclute che si avvicinano sognanti all’idea di diventare ufficiali alpini e ancora non sanno cosa li attende, Doc racconta i giorni scanditi dalla voce stentorea del capitano che non ammetteva errori, insieme alla visione elegiaca di Le Lac du Combal, alla bellezza paurosa del ghiacciaio del Miage, alla suggestione corale canora delle voci ardite degli allievi che riempivano la montagna cantando l’inno dei fucilieri ”Sui Monti e sui Mar… Avanti… avanti ancor”…
E d’un tratto apparve Roberta. Chi è? Cosa faceva una splendida giovane donna che correva sul far del tramonto in un campo vicino alla caserma?
Questa scoperta la lascio a voi miei cari lettori. Sarà una bella sorpresa, ma forse avete già indovinato.
Questo è un libro da leggere con calma perché ogni pagina offre spaccati di profondo valore umano oltre che letterario. Sono consapevole di aver detto quasi nulla dei tantissimi episodi e aneddoti di vita militare fatta di corsa, mai subita, e sempre in piedi, e troppo poco delle meravigliose viste panoramiche di cui è costellato il romanzo.
Eccone qualche esempio
Buona lettura, Elisa